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 2025  luglio 16 Mercoledì calendario

Nvidia torna a vendere i chip in Cina Crescono i malumori a Washington

«Jen-hsun è il nuovo Elon, anzi è pure meglio». Uno dei commenti più condivisi su Weibo spiega bene come la Cina accoglie l’amministratore delegato di Nvidia, rockstar della tecnologia globale. Jen-hsun è infatti Jensen Huang, che a differenza di Elon Musk sembra avere al momento un notevole ascendente su Donald Trump. Elemento che lo rende una figura ancora più importante per Pechino, che già corteggia da tempo il colosso statunitense da lui fondato, snodo cruciale della catena di approvvigionamento dello strategico settore dei chip per l’intelligenza artificiale.
Oggi Huang, di origine taiwanese, è a Pechino per la seconda volta in meno di tre mesi. Ma il regalo più desiderato da Xi Jinping è arrivato già prima della sua partenza. Ieri, infatti, Nvidia ha annunciato che prevede di riprendere le vendite in Cina del suo chip H20, una versione ridotta e teoricamente “conforme” delle sue GPU più potenti. Il modello è stato pensato proprio per il mercato cinese, ma ad aprile era finito nella lista nera del dipartimento del Commercio, al culmine della guerra commerciale tra la Casa Bianca e Pechino.
Huang ha dichiarato che il governo statunitense ha assicurato che le licenze saranno concesse. La svolta arriva dopo un incontro tra il ceo di Nvidia e Trump, a cui ha promesso il suo «sostegno agli sforzi dell’amministrazione per creare posti di lavoro, rafforzare la produzione interna e garantire che l’America sia leader mondiale nell’intelligenza artificiale». Huang ha approfittato di una contingenza favorevole: a giugno, Cina e Usa hanno concordato un armistizio sui dazi, con la ripresa del flusso di terre rare da una parte e di software tech dall’altra. Non solo: Trump mira a compiere una visita a Pechino per incontrare Xi entro la fine dell’anno e l’ok a Nvidia può contribuire a semplificare i complessi preparativi diplomatici. Ma la sensazione è che sia stata decisiva l’arte affabulatoria di Huang, che in una recente intervista alla Cnn ha spiegato perché (a suo dire) combattere una guerra sui chip è controproducente per gli Usa: «Vogliamo che la tecnologia americana diventi lo standard globale. E per farlo dobbiamo includere tutti gli sviluppatori, anche cinesi».
La ripresa delle vendite in Cina sarebbe senz’altro un toccasana per Nvidia. Al momento del blocco del chip H20 era stato stimato un buco di 5,5 miliardi di dollari nelle previsioni di vendita per il trimestre, dopo che nel 2024 il mercato cinese ha generato 17 miliardi di dollari di fatturato per l’azienda.
Da qui l’accoglienza entusiasta per Huang in Cina, dove parteciperà all’International Supply Chain Expo, uno dei principali eventi commerciali organizzati dal governo. In programma anche colloqui con alcuni dei massimi leader politici ed economici. Ad aprile, Huang era stato ricevuto dal vicepremier He Lifeng e da Ren Hongbin, capo del consiglio per l’interscambio globale. A entrambi aveva assicurato qualsiasi sforzo per realizzare un nuovo prodotto ad hoc per il mercato cinese. Promessa mantenuta, visto che l’azienda è al lavoro su un chip AI di fascia bassa che sarà pronto per il lancio entro settembre.
Il nuovo viaggio di Huang non è passato inosservato a Washington. Un gruppo bipartisan di senatori ha espresso forte preoccupazione, inviando una lettera all’amministratore delegato in cui si chiede di evitare rapporti con aziende legate all’esercito o ai servizi segreti cinesi. Huang ha risposto alle critiche con fermezza: «La Cina ha già ampia capacità computazionale. Non ha bisogno dei chip Nvidia per ammodernare il proprio esercito», aggiungendo che bloccare l’accesso alla tecnologia americana potrebbe solo accelerare lo sviluppo di alternative cinesi.
Da tempo si dice che le aziende tecnologiche non possano più rimanere neutrali nel confronto tra le potenze globali. Ma Nvidia, almeno per ora, prova a non scegliere. Con una mano stringe accordi a Pechino, con l’altra rassicura Washington. Finché dura.