Il Messaggero, 15 luglio 2025
Il boss ha diritto all’amore: «Anche al 41 bis può vedere la donna che gli vuole bene»
Una corrispondenza durata 17 anni, migliaia di lettere che nel corso del tempo sono diventate sempre più affettuose, un rapporto che, parola dopo parola, si è trasformato in una vera e propria storia d’amore tra una donna e un boss di Cosa Nostra, detenuto in regime di 41 bis. Ora la Cassazione ha stabilito che i due si potranno incontrare: Davide Emmanuello, assistito dagli avvocati Valerio Vianello Accorretti e Lisa Vaira, ha vinto una delle sue battaglie contro il carcere duro, al quale è costretto dal 1993. L’ex capoclan di Gela, oggi sessantenne, si è visto riconoscere il diritto ad avere un colloquio di persona con Clare Holme, 55 anni, con la quale ha stabilito una relazione epistolare che si è trasformata in un rapporto sentimentale. I giudici hanno respinto il ricorso del ministero della Giustizia che, con il dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria e la casa circondariale di Sassari, si era opposto alla decisione del Tribunale di sorveglianza che aveva accolto l’istanza di Emmanuello, dopo che si era visto negare dal direttore del carcere l’incontro con la fidanzata.
L’AFFETTIVITÀ
Per i giudici prevale «il diritto all’affettività» e, in questo caso, non ci sono rischi concomitanti. La sentenza della Cassazione parla della necessità di «operare il consueto giudizio di bilanciamento, in concreto, tra le esigenze di affettività del soggetto ristretto e quelle di sicurezza pubblica, le quali, laddove ritenute prevalenti, non consentono di soddisfare tale diritto». E ancora: è già stato «dimostrato che esiste un legame epistolare e sentimentale che assolve ad una funzione meritevole di essere presa in considerazione, anche in vista della progressione trattamentale rispetto al detenuto, che è tale dal 1993». Un dettaglio importante è l’«estraneità della donna a contesti di criminalità organizzata». Nella relazione tra il detenuto e la Holme, inoltre, non sono state riscontrate criticità e le lettere che i due si sono scambiati per anni sono state giudicate innocue, tanto da non essere state trattenute. Il 31 gennaio scorso il Tribunale di sorveglianza di Sassari ha accolto il reclamo presentato da Emmanuello contro l’ordinanza del magistrato di Sorveglianza di Sassari che, il 12 marzo 2024, aveva respinto l’impugnazione «contro il diniego della direzione della casa circondariale di Sassari all’istanza di autorizzazione ad effettuare un colloquio visivo con la signora Claire Holme, con la quale il detenuto intrattiene un rapporto epistolare dal 2008 e una relazione sentimentale». Il tribunale di Sorveglianza ha ritenuto «privo di ragionevolezza il diniego della direzione», tenendo conto della «riconducibilità al diritto all’affettività dei colloqui visivi con persona con la quale vi sia un legame affettivo» e anche della «condizione soggettiva del detenuto». Per la Cassazione, a fronte «della possibilità di prevedere, in casi eccezionali, i colloqui con persone diverse dai familiari, il Tribunale si è fatto, correttamente, carico di valutare anche la sussistenza di eventuali esigenze di sicurezza che sono state ritenute non configurabili», tenuto conto dell’estraneità della donna a contesti di criminalità organizzata e della mancanza di criticità della relazione tra detenuto e la Holme, «per come risultante dal parere della Dda». In particolare, i giudici hanno considerato la figura della donna «e il suo attivismo per i detenuti».
Italo britannica, di Modena, la Holme è da sempre impegnata in progetti di reinserimento. «Con Davide ci scriviamo dal 2008 e solo qualche anno fa mi disse di usare strumenti per dimostrare la sua innocenza. È stata una grande emozione riuscire a vederlo per la prima volta lo scorso maggio, quando per due ore abbiamo potuto dirci quanto ci vogliamo bene. L’ho conosciuto perché facevo parte di varie associazioni per il reinserimento dei detenuti in carcere. Quando l’ho visto ho pensato alla speranza», ha raccontato. Dieci anni prima il boss scriveva: «Non incontrare nessuno significa non parlare con nessuno. Non parlare con nessuno significa che nessuno riceve le mie parole. Non parlare per vent’anni con nessuno porta solo a uno stato d’isolamento che non può conciliarsi con la logica di un capo al comando».
Per Emmanuello non si tratta della prima battaglia contro il 41 bis. Più di dieci anni fa aveva polemizzato, facendo parlare di sé, quando gli era stata vietata la lettura del romanzo “Il nome della rosa” di Umberto Eco, in dotazione alla biblioteca del carcere: era ritenuto pericoloso per via della copertina rigida. Nel 2015, invece, in una lettera aveva citato Aristotele, spiegando che «tra la verità e l’errore c’è uno spazio intermedio dominato dal verosimile, dall’incerto, dall’opinabile». Alludeva alla sua innocenza. Sono passati dieci anni e resta al 41 bis per scontare le sue pesanti condanne: i giudici continuano a ritenerlo pericoloso.