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 2025  luglio 16 Mercoledì calendario

Commercio in crescita nonostante i dazi. Ma il Sud globale resta ancora indietro

Da un lato la strategia delle imprese di anticipare gli ordini in vista dell’entrata in vigore dei dazi Usa, dall’altro il primo tangibile cenno di capacità di adattamento delle catene globali di fornitura ad un sistema più protezionistico. Nonostante le tensioni, il commercio globale è cresciuto di 300 miliardi di dollari nel primo semestre 2025, trainato in particolare dalle importazioni negli Stati Uniti e dalle esportazioni dell’Unione Europea. Parallelamente, l’economia cinese nel secondo trimestre è aumentata sì un po’ meno del primo trimestre (5,2% contro 5,4%), ma comunque di più rispetto alle previsioni degli analisti (5,1%). In generale, segnala l’agenzia Onu Unctad nel suo ultimo aggiornamento sul commercio globale, gli scambi globali di beni e servizi si mantengono solidi, facendo sperare in una possibile tenuta per il proseguo dell’anno. Lo stesso studio avverte però che gli scambi internazionali dovranno affrontare venti contrari nella seconda metà dell’anno, a causa di incertezza politica persistente, tensioni geopolitiche e segnali di rallentamento della crescita globale. Lo stesso negoziato in corso tra Usa e Ue sui dazi, ad esempio, avrà ripercussioni significative a seconda di un esito negoziato o, viceversa, di uno scontro frontale dalle conseguenze imprevedibili.
Per ora, nel primo trimestre, il commercio globale è cresciuto dell’1,5%, con una stima del 2% per il secondo trimestre. La crescita è stata sostenuta soprattutto dai servizi, aumentati del 9% negli ultimi quattro trimestri. Tuttavia, evidenzia l’Unctad, l’aumento del valore complessivo degli scambi è stato in parte dovuto al rialzo dei prezzi, mentre i volumi di scambio sono aumentati dell’1%. A trainare la crescita commerciale nel 2025 sono i Paesi più ricchi: nel primo trimestre dell’anno, infatti, le economie avanzate hanno superato quelle in via di sviluppo per quanto riguarda la crescita del commercio, invertendo la tendenza degli anni recenti a favore del Sud globale. A spiccare sono state le importazioni statunitensi, cresciute del 14%, e le esportazioni dell’Unione Europea, in aumento del 6%. Al contrario, le economie in via di sviluppo hanno registrato un calo del 2% delle importazioni, con un commercio Sud-Sud stagnante. Unica eccezione l’Africa, che ha visto crescere le esportazioni del 5% e il commercio intra-regionale del 16% su base annua. Lo studio sottolinea che le disparità commerciali si sono accentuate: gli Stati Uniti hanno ampliato il loro deficit, mentre Cina e Unione Europea hanno registrato surplus crescenti. A livello bilaterale, i principali squilibri si sono verificati tra gli Usa e i suoi partner principali, tra cui la Cina (disavanzo di 360 miliardi di dollari), l’Ue (276 miliardi), il Vietnam (116 miliardi). È proprio quello del deficit commerciale uno dei nodi su cui continua a insistere l’amministrazione Trump per giustificare l’imposizione di dazi nei confronti dei partner commerciali, anche se gli Usa non tengono conto dello squilibrio a loro netto favore per quanto riguarda i servizi, in particolare quelli digitali.
Le tariffe Usa – incluse quelle del 10% su base generale e misure aggiuntive su acciaio e alluminio – aumentano il rischio di frammentazione commerciale: azioni unilaterali, avverte lo studio Unctad, potrebbe innescare escalation e destabilizzare le catene globali di approvvigionamento. Al tempo stesso, politiche industriali più protezionistiche e sussidi interni, soprattutto nei settori tecnologici e strategici, rischiano di compromettere le reti di produzione integrate a livello globale. Restano, per ora, segnali di resilienza nonostante le incertezze, come il rimbalzo dai minimi di inizio anno dei noli marittimi.
Anche il dato della crescita dell’economia cinese nel secondo trimestre al 5,2% su base annua è considerato positivo, anche se gli analisti avvertono che la debole domanda interna e i rischi globali crescenti aumenteranno la pressione su Pechino per introdurre nuovi stimoli. La Cina ha evitato una brusca frenata approfittando della tregua commerciale con gli Stati Uniti, con un’ondata di spedizioni anticipata. Pechino ha inoltre aumentato gli investimenti in infrastrutture, offerto sussidi ai consumatori e attuato allentamenti monetari, inclusa una riduzione dei tassi d’interesse a maggio. Ora, evidenziano gli osservatori, servono altre misure, anche in vista di un impatto più marcato dei dazi. Gli investitori guardano con attenzione al prossimo incontro del Politburo previsto per fine luglio, dove saranno delineate le priorità economiche per il resto del 2025.
Sul fronte degli scambi, Pechino ha annunciato ieri una revisione del proprio catalogo dei controlli all’esportazione, introducendo nuove restrizioni su tecnologie utilizzate per la produzione di componenti per batterie e la lavorazione di minerali critici, tra cui litio e gallio. L’obiettivo è di esercitare un maggiore controllo su settori strategici, fondamentali per settori ad alta tecnologia, in un contesto di crescenti tensioni geopolitiche. Parallelamente, la statunitense Nvidia ha annunciato l’intenzione di riprendere le vendite in Cina del suo chip AI H20, appositamente progettato per rispettare le restrizioni Usa. La società attende l’autorizzazione ufficiale da Washington, ma ha già preparato una “white list” di clienti cinesi, tra cui ByteDance e Tencent. Secondo gli ana-listi, il ritorno di Nvidia sul mercato cinese potrebbe valere tra 15 e 20 miliardi di dollari in ricavi nel 2025.