Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2025  luglio 15 Martedì calendario

Investito da un’auto pirata: morto a 114 anni Fauja Singh, il maratoneta più longevo del mondo. Modi: «Atleta eccezionale»

Ha iniziato a correre a 89 anni e ha completato nove maratone tra il 2000 e il 2013, anno del suo ritiro. Questa, in sintesi, la storia di Fauja Singh, l’uomo britannico di origini indiane ritenuto il maratoneta più anziano del mondo, morto oggi a 114 anni dopo essere stato investito da un’auto pirata nel suo villaggio natale, nel Punjab. Il primo ministro indiano Narendra Modi lo ha definito un «atleta eccezionale con una determinazione incredibile».
Singh era un’icona mondiale dell’atletica: tedoforo delle Olimpiadi di Londra del 2012, nella sua carriera aveva raggiunto diversi traguardi e tra questi quello di essere diventato il primo centenario a completare una maratona completa: è successo nel 2011 a Toronto.
Inizialmente Singh si era messo a correre per affrontare il dolore provocato dalla morte della moglie Gian Kaur all’inizio degli Anni 90. Allora decise di trasferirsi a Londra per vivere con il figlio maggiore Sukhjinder. Durante uno dei tanti viaggi di ritorno in India per andare a trovare i parenti, in un incidente morì anche il figlio minore Kuldeep. Quel dolore enorme piegò Singh: trascorreva ore seduto vicino al luogo in cui suo figlio era stato cremato. Gli abitanti del villaggio nel Punjab, preoccupati per il suo stato di salute, consigliarono alla sua famiglia di riportarlo nel Regno Unito, a Londra. Lì Singh incontrò un gruppo di uomini anziani che quotidianamente andavano a correre insieme, per tenersi in forma. Tra loro c’era anche Harmander Singh, l’uomo che poi sarebbe diventato il suo allenatore.
Singh era un Sikh e alla sua prima maratona a Londra gli organizzatori gli dissero che non poteva correre con il turbante ma solo con un patka (copricapo indossato da molti ragazzi e uomini Sikh). «Mi sono rifiutato di correre senza turbante – disse Singh – e dopo mille discussioni mi  hanno permesso di correre con il turbante e per me è stata la mia più grande conquista». Terminò quella gara in sei ore e 54 minuti. Nel 2003, alla Toronto Waterfront Marathon, migliorò il suo tempo di ben un’ora e cinque minuti, completando la gara in cinque ore e 40 minuti. Dopo l’ultima gara ufficiale, corsa 101 anni a Hong Kong, disse: «Ricorderò questo giorno per sempre e mi mancherà, ma non smetterò di correre: lo farò su distanze più brevi e solo per beneficienza».
Singh per tutta la vita aveva fatto il contadino e attribuiva la sua salute a uno stile di vita semplice e a una dieta disciplinata. «Mangiare poco, correre di più e rimanere felice: questo è il segreto della mia longevità ed è questo il mio messaggio per tutti».