repubblica.it, 15 luglio 2025
Pompei, ecco il mosaico romano recuperato in Germania: fu rubato da un capitano della Wehrmacht
Un mosaico di epoca romana raffigurante una coppia di amanti, rimpatriato dalla Germania a mezzo di spedizione diplomatica predisposta dal Consolato Generale d’Italia a Stoccarda (Germania).
L’opera raffigura una scena erotica, di approccio ma non esplicita: decorava forse la pavimentazione di un ambiente riservato al padrone di casa. Probabile provenienza dall’area vesuviana, forse da villa del suburbio pompeiano. La datazione è primo secolo dopo Cristo.
Il mosaico era stato donato a un cittadino tedesco da un capitano della Wehrmacht, addetto alla catena dei rifornimenti militari in Italia durante la Seconda guerra mondiale e restituito dagli eredi al Nucleo Tutela Patrimonio culturale di Roma.
"La riconsegna di oggi – dichiara il Generale Gargaro – conferma ancora una volta il grande impegno che il Comando carabinieri Tpc profonde nella riacquisizione del patrimonio culturale nazionale impropriamente presente all’estero. Questo lavoro viene quotidianamente svolto grazie ad una fitta rete di relazioni internazionali, consolidate negli anni, che ci consentono di poter operare con precisione e rapidità”.
"Ogni reperto depredato che rientra è una ferita che si chiude, per cui esprimiamo la nostra gratitudine al Nucleo tutela per il lavoro svolto – ha detto il direttore del Parco archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel – La ferita non consiste tanto nel valore materiale dell’opera, quanto nel suo valore storico; valore che viene fortemente compromesso dal traffico illecito di antichità. Non conosciamo l’esatta provenienza del reperto e probabilmente non la conosceremo mai; faremo ulteriori studi e analisi archeometriche per accertarne l’autenticità, per ricostruire la sua storia fin dove possibile. Lo studio, la conoscenza e la fruizione pubblica del patrimonio sono i fiori di loto che crescono sul fango dei trafugamenti mossi dalla brama del possesso e dell’egoismo di chi sottrae reperti archeologici alla comunità”.