la Repubblica, 15 luglio 2025
Benedette corna coppia regina degli scongiuri
Come il parafulmine, con la sua punta, cattura il fulmine, così le punte acuminate delle corna su cui si fissa lo sguardo dello iettatore distolgono il fluido malefico e lo spogliano della sua pericolosa elettricità». La frase dello scrittore francese Théophile Gautier, autore del celebre romanzo Capitan Fracassa, è un perfetto esempio di meccanica delle forze occulte. Perché spiega in termini scientifici un argomento che sfugge totalmente alla spiegazione razionale. E cioè i poteri attribuiti al corno che sin dall’antichità è considerato il re degli amuleti, il portafortuna in grado di intercettare e annullare i cattivi influssi, come una contraerea della sfiga. E se un corno solo basta a proteggerci, con due la barriera difensiva diventa impenetrabile.
Ecco perché le corna vengono unanimemente ritenute la coppia regina della scaramanzia. Questa nomea apotropaica, ovvero il potere di allontanare il male, affonda le sue radici nelle profondità dell’immaginario mediterraneo che alle corna degli animali attribuiva una doppia funzione. Di fare schermo contro gli spiriti malefici, ma anche di generare benessere e fecondità. È probabile che la presunta efficacia di queste discusse protuberanze ossee derivi proprio dalla loro forma appuntita, che le renderebbe capaci di tagliare o bucare le nere cortine del malocchio.
In realtà, la credenza nei loro poteri deriva in buona parte dal significato fallico. O piuttosto fallocentrico. In quanto rappresentano il simbolo anatomico del vigore sessuale di un animale superdotato come il toro. E prima del cristianesimo il corno era associato addirittura a Priapo, il dio dalla forma di fallo, simbolo della potenza e della fecondità maschile. Osceno dio degli orti, lo definisce Goethe turbato dal tripudio di corna e di membri virili degli affreschi pompeiani. È quest’associazione originaria tra potere scaramantico e vigore sessuale a fare delle corna un segno di fertilità, ricchezza e abbondanza. Che nelle società contadine da cui discendiamo si misuravano in termini di prolificità. Più figli messi al mondo garantivano più braccia da impiegare nel lavoro. Nel mondo contadino è ancora oggi diffuso l’uso di piazzare sui tetti delle case grandi corna di bue o di vacca, spesso tinte di rosso, come presidio scaramantico. L’uso discende alla lontana dal cosiddetto bucranio, il teschio cornuto dei bovini o degli ovini anticamente usato a scopi magici. E diffusissimo come motivo architettonico nell’arte mesopotamica ed egiziana, sin dal quarto millennio prima di Cristo e poi in quella greco romana. Uno splendido esempio di questa estetica scaramantica è il fregio interno dell’Ara Pacis a Roma. Ma anche l’arte moderna ha subito il fascino delle corna, basti pensare al bucranio di Pablo Picasso o a quello di Giò Ponti.
Per una ragione analoga il più antico simbolo della prosperità è la cosiddetta cornucopia, letteralmente corno dell’abbondanza, tradizionalmente raffigurata come un corno pieno di ogni ben di Dio. La vox populi fa derivare questo fortunato contenitore dal corno di Amaltea, la capra che secondo il mito greco avrebbe allattato Giove bambino. Nella Roma antica era l’attributo delle divinità che propiziavano le buone sorti, come i Lari, protettori della casa, e soprattutto la dea Fortuna.
È da queste remote simbologie che nascono gli odierni cornetti di corallo, o in ordine di efficacia d’oro, d’argento e via via di creta, di legno, di plastica, accompagnati anche dall’immagine del gobbetto, altro efficacissimo portafortuna, o dal numero13 che ha fama di portar bene.
Attenzione però, con le corna bisogna usare molte precauzioni e consultare le istruzioni per l’uso. Secondo i comandamenti del decalogo superstizioso è perfettamente inutile acquistare un cornetto come se fosse unqualsiasi souvenir pensando così di auto propiziarsi il fato. L’amuleto, per essere efficace, deve essere trovato per caso, oppure ricevuto in dono. E subito dopo il donatore deve pungere con la punta la mano di chi lo riceve. È il cosiddetto rito di attivazione che serve a far funzionare l’amuleto, un po’ come si fa quando si attiva la scheda sim per far funzionare lo smartphone. In altre parole, la fortuna non si compra come una merce qualsiasi. Bisogna meritarsela, attenderla con pazienza e custodirla con cura. Non sono ammesse furbizie e scorciatoie.
Inoltre, ad avere influssi sicuramente positivi sono l’amicizia e le buone relazioni con gli altri. E in ogni caso in mancanza di corna vere si può sempre ricorrere al noto gesto con la mano, protendendo in avanti indice emignolo. Prova evidente che la funzione apotropaica degli amuleti può essere trasferita dall’oggetto al gesto che lo imita. E persino alle parole che lo evocano, come accade quando usiamo l’espressione «facciamo le corna».
Ovviamente l’efficacia del corno, come di altri amuleti, oltre che dalla forma dipende dalla materia. Prima fra tutte il corallo, che rappresenta l’agente scaramantico per antonomasia, il miglior antidoto contro i cattivi influssi. La credenza nei suoi poteri viene da molto lontano. Nel mondo antico si credeva, infatti, che un solo rametto riuscisse a render potabile l’acqua e a annullare gli effetti dei veleni. Non a caso si appendevano al collo dei bambini collane con ciondoli di corallo per proteggerli dal malocchio. La diffusione di quest’uso è testimoniata dalla pittura colta, che rappresenta spesso Gesù bambino con il pendente di corallo. Tra gli esempi più illustri la Madonna di Senigallia di Piero della Francesca. E la cosiddetta Pala della Vittoria di Andrea Mantegna, dove sulla Vergine e Gesù bambino pende come una lampada un intero ramo di corallo. E per chi non può consentirsi collane, bracciali o cornetti corallini, il miglior succedaneo è il peperoncino. È rosso, dà vigore, combatte le infezioni e scaccia le influenze negative. Tradizionalmente si crede anche che provochi bruciore agli occhi degli invidiosi, interrompendo la corrente malefica attribuita al loro sguardo.