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 2025  luglio 15 Martedì calendario

L’oro verde è sporco di sangue: così i narcos controllano la produzione di avocado. Gli Usa reagiscono, l’Ue no

Alle latitudini roventi dove germoglia, l’avocado fiorisce una sola volta l’anno. Solo in un posto al mondo, per l’eccezionale suolo vulcanico e piogge abbondanti, l’albero matura quattro volte invece di una sola: in Messico. Ma la terra-paradiso per questa pianta è diventata inferno per gli uomini che la abitano. Di avocado, per l’avocado, in Messico, muoiono uomini e foreste.
Se compri droga, è molto probabile che tu sappia che, per farla arrivare tra le tue mani, è stato compiuto ogni tipo di crimini. Molto probabilmente non pensi le stesse cose se compri al supermercato un semplice avocado. Invece, la terra sudamericana è intrisa di sangue, paradossi e semi di quest’albero ora al centro delle guerre tra cartelli di droga, colossi industriali, onesti coltivatori e coraggiosi indigeni che lottano per salvare le foreste.
Per i miliardi di guadagni che genera il suo commercio, il frutto consumato decine di migliaia di anni fa già dagli aztechi, hanno cominciato a chiamarlo “oro verde”. Quattro avocado su cinque che in questo momento gli americani stanno mangiando arrivano da regioni controllate dai potentissimi cartelli della droga. “Il 90% degli avocado consumati negli Usa arriva dal Messico, di questi l’80% arriva da Michoacan. L’aumento della violenza è indissolubilmente legato a quello della domanda: in questi anni sono cresciute insieme” spiega Daniel Wilkinson, tra i vertici di Climate Rights International. Almeno da un ventennio, da quando il consumo di avocado è triplicato su una mappa che si è così espansa che è difficile da contenere in un solo grafico, e da quando il Messico è diventato maggiore produttore mondiale, la questione avocado è diventata politica e diplomatica. Le cose hanno iniziato a cambiare nel 1997 col Nafta (Accordo di libero scambio nordamericano) che ha aperto le frontiere Usa al frutto del sud. Secondo l’Organizzazione delle Nazioni tra il 1994 e il 2021, le esportazioni di avocado dal Messico sono aumentate del 3.536%. Dal 2019 al 2023, il Messico ha esportato negli Stati Uniti quasi cinque milioni di tonnellate di avocado che hanno fruttato 11 miliardi di dollari. A questi guadagni si sono aggiunte altre cifre con molti zeri per l’export partito verso Europa e Asia: oltre 2 miliardi di dollari negli ultimi cinque anni. “Quando i profitti aumentano, la criminalità organizzata vuole appropriarsi del mercato” spiega Wilkinson.
Il 2019 è stato un anno più rosso degli altri a Michoacan. Porpora era la scia di sangue che hanno seguito gli agenti quando hanno trovato una fila di cadaveri che penzolavano dal ponte di un cavalcavia. Cumuli di mani, piedi, teste erano stati disseminati nello stesso posto, poco lontano. I diciannove corpi fatti a pezzi erano un messaggio del cartello CJNG (Jalisco Nuova Generazione) per i Los Viagras, gruppo criminale rivale nella guerra per il controllo della filiera del pomo verde, un conflitto in cui erano coinvolte anche La Familia Michoacana e los Caballeros Templarios. Nel 2022 due agenti americani sono stati attaccati mentre ispezionavano i carichi: le gang erano riuscite a raggiungere perfino loro e per questo è stato temporaneamente messo un freno alle forniture. Quella settimana di sospensione dell’export è costata di dieci milioni di dollari di profitti mancati ai messicani.
“Tutto è cambiato dopo la pubblicazione della nostra ricerca finita su tutti i giornali del mondo”. Wilkinson parla di un report che ha scosso l’opinione pubblica fino alle sue più profonde fondamenta, che l’ha resa consapevole degli abusi di diritti umani e ambientali compiuti a colpi di machete e kalashnikov: il report “Unholy Guacamole”. In traduzione: “empio guacamole”. È il documento che nel 2023 ha fatto emergere quel filo invisibile che legava le grandi aziende della distribuzione alla deforestazione del Paese e alla violenza compiuta contro le foreste messicane e i suoi abitanti, indigeni e locali. Il rapporto, che ha rilevato che “l’80% delle piantagioni di avocado nel Michoacán sono state avviate illegalmente”, ha anche dimostrato che le ciclopiche catene di supermercati Usa si rifornivano da frutteti nati da disboscamenti criminali.
I cartelli della droga sono entrati nel mercato dell’avocado, all’inizio, solo fornendo “protezione”: un’estorsione per proteggere i campi dei coltivatori da gruppi rivali. Poi hanno espanso il loro potere insieme agli appezzamenti che finivano sotto il loro controllo: minacciavano e cacciavano via i locali che abitavano in quelle terre che avevano individuate come idonee alla coltivazione di avocado. Prima bruciavano tutto e poi piantavano, estirpando le vite di chi su quei terreni viveva. Chi si è opposto, semplicemente, è morto. “L’impatto ambientale di queste coltivazioni violente e intensive è che la foresta sparisce: basta questo a devastare le falde acquifere”. Poi si procedeva col furto d’acqua – di cui hanno sempre sete le piante di avocado –: con pompe lunghissime piantate in torrenti e fiumi venivano irrigate illegalmente le coltivazioni. Per questa siccità artificiale indotta rischiano di sparire interi laghi.
Dopo la pressione esercitata dal lavoro costante e sotterraneo degli attivisti e nativi, i colossi della distribuzione hanno deciso di usare il Forest Guardian Monitoring System, un sistema satellitare che monitora lo stato dei terreni, per non distribuire più avocado intrisi di sangue e crimini. “Se sei un agente messicano, puoi essere ammazzato o corrotto dai cartelli. Ma puoi sparare a un uomo, non a un satellite” dice Wilkinson, che è stato uno delle teste d’ariete dell’organizzazione che per anni ha lottato per far approvare una certificazione che ora impedirà agli avocado coltivati su terre disboscate di finire sul mercato. Una leva per frenare le lame criminali, quelle che tranciano tronchi degli alberi quanto le gole di chi si oppone allo scempio ambientale. Per questo di avocado, da Washington a Città del Messico, stanno parlando ambasciatori e membri dell’amministrazione della presidente Claudia Sheinbaum, non solo coltivatori e attivisti che si impegnano a rendere sostenibile la coltivazione del frutto che sta diventando catalizzatore di una crisi ambientale e sociale.
A febbraio scorso l’ambasciatore statunitense in Messico, Ken Salazar, ha promesso che gli avocado provenienti da frutteti illegali non avrebbero raggiunto il mercato Usa, ormai accessibile solo alle aziende che partecipano al programma statale “Pro-Forest Avocado”. “C’era resistenza contro ogni tipo di regolamento per paura che l’intera industria venisse bloccata o impattata. Poi, per paura di perdere accesso al mercato, le aziende hanno deciso di supportare la certificazione: l’idea alla base non è uccidere l’industria che dà lavoro a centinaia di migliaia di persone, ma renderla sostenibile, eliminando l’incentivo al profitto illegale. Le autorità, davanti alla situazione fuori controllo, si sono allineate alla società civile che chiedeva giustizia” spiega Wilkinson.
Ora un’altra lotta è all’orizzonte. L’ultimo regolamento Ue del 2023 per la tutela della biodiversità impone alle aziende verifiche per certificare che i beni importati non derivino da recenti deforestazioni, ma l’avocado non è incluso nella lista delle merci sottoposte a controlli. Se qualcuno dovesse cominciare a lottare anche in Europa, può ispirarsi alla battaglia messicana, dove attivisti climatici, agricoltori, indigeni si sono battuti, spalla a spalla, per salvare la terra.