Avvenire, 15 luglio 2025
Sudan, stragi nei villaggi Raid dell’Rsf in Kordofan
Non c’è tregua e dopo oltre due anni le sorti del conflitto, che ormai coinvolge buona parte del Paese, restano alterne. Così è “normale” che almeno 18 civili vengano uccisi e altri 31 feriti in una serie di attacchi condotti dalle Forze di supporto rapido (Rsf) in diverse località dello Stato del Nord Kordofan, nel Sudan occidentale. Lo denuncia la Sudanese Doctors Network, una rete di volontari impegnata nell’assistenza medica nelle aree colpite dal conflitto.
In una nota, l’Ong ha riferito che «le Rsf hanno commesso un’atrocità orribile nell’area di Shaq Al-Noum, uccidendo 11 civili, tra cui tre bambini, e ferendone 31, tra cui nove donne». Il gruppo ha descritto l’attacco come «un’aggressione brutale che viola tutte le norme umanitarie e le convenzioni internazionali», accusando la formazione paramilitare di colpire sistematicamente civili disarmati e seminare il terrore in zone che fino a poco tempo fa erano considerate sicure. Parallelamente, anche i Comitati di resistenza del Nord Kordofan hanno segnalato un altro attacco delle Rsf a due villaggi vicini alla città di Bara. «Le Rsf hanno attaccato i villaggi di Abu Qaida e Hillat Hamad sabato, uccidendo almeno sette civili e ferendone diversi altri». Una situazione per certi versi analoga a quella del Darfur, che per l’ennesima volta è al cento di un rapporto dell’Onu che parla apertamente di violazioni dei diritti elementari. Ci sono «ragionevoli motivi per ritenere che crimini di guerra e crimini contro l’umanità» vengano commessi nella regione occidentale del Darfur, in Sudan, devastata dalla guerra. Lo ha dichiarato il vice procuratore della Corte penale internazionale (Cpi), Nazhat Shameem Khan, denunciando davanti al Consiglio di sicurezza Onu «a profondità della sofferenza nel Darfur».
«Le persone vengono private di acqua e cibo. Stupri e violenze sessuali vengono trasformati in armi», ha detto Khan, aggiungendo che i rapimenti a scopo di estorsione sono diventati «pratica comune. Eppure non dobbiamo illuderci, la situazione può ancora peggiorare». Cresce anche il numero di bambini gravemente malnutriti: nel Nord Darfur è raddoppiato tra gennaio e maggio rispetto allo stesso periodo del 2024, mentre si diffondono epidemie. Lo denuncia l’Unicef rilevando un aumento del 46% del numero di pixcoli curati per malnutrizione acuta grave (Sam) in cinque aree del Darfur in Sudan nel periodo. Solo nel Nord Darfur, nei primi 5 mesi di quest’anno, più di 40.000 bambini hanno avuto accesso alle cure, il doppio rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. In 9 località su 13, il tasso di malnutrizione acuta ha superato i livelli di emergenza stabiliti dell’Oms. Nella località di Yasin nel Darfur orientale, l’indagine condotta all’inizio della stagione magra a maggio mostra che il tasso globale di malnutrizione acuta – che comprende la malnutrizione acuta, grave e moderata – ha raggiunto il 28%. Se questo numero salirà al 30%, si raggiungerà una delle tre soglie critiche utilizzate per determinare una carestia.
«Questi dati indicano una catastrofe sempre più grave per i bambini se non verranno intraprese azioni urgenti, in un Paese in cui la carestia si sta già verificando in diverse aree»..I bambini del Darfur «sono affamati dal conflitto e tagliati fuori dagli aiuti che potrebbero salvarli», ha dichiarato Sheldon Yett, rappresentante dell’Unicef per il Sudan. Che ha aggiunto: «Questo è il momento della verità: le vite dei bambini dipendono dal fatto che il mondo scelga di agire o di guardare altrove». E la situazione – avverte – è altrettanto allarmante in altre parti del Paese.