la Repubblica, 14 luglio 2025
Premierato in minoranza il consenso si ferma al 45%
Da tempo in Italia si è diffusa l’idea che la democrazia non ha bisogno dei partiti. Perché i cittadini si identificano nell’immagine e nella persona del leader. Un modello che ha estremizzato la “personalizzazione politica”, riassunta da Mauro Calise ne Il partito personale, realizzato da Silvio Berlusconi nei primi anni Novanta. E oggi tradotto nel progetto del premierato, che sostituisce le persone ai partiti. E, di conseguenza, impone i leader e, anzitutto, il premier come riferimento per gli elettori e le elezioni.
I partiti, d’altronde, sono scivolati in fondo alla graduatoria della fiducia nei confronti delle istituzioni, pubblicata nel rapporto “Gli italiani e lo Stato”, realizzato da LaPolis-Università di Urbino Carlo Bo (con Demos e Avviso Pubblico). Nel dicembre 2024 il loro grado di consenso era sceso al 9%. Anche per questo motivo, in passato, abbiamo parlato di «presidenzializzazione di fatto». D’altronde, nel corso degli anni il ruolo dei partiti si è ridotto mentre è cresciuta l’importanza dei leader. Quasi 6 italiani su 10 ritengono che il Paese abbia bisogno di essere guidato da un leader forte, mentre il 46% pensa che «la democrazia può funzionare anche senza partiti». Anzi funzionerebbe meglio.
Oggi, il quadro si è precisato ulteriormente. Perché più del presidente della Repubblica conta il capo del governo. Nel caso dell’Italia, una donna, Giorgia Meloni. La ministra Elisabetta Alberti Casellati, a proposito, ha ipotizzato un percorso per arrivare all’approvazione della riforma dell’elezione diretta del(la) premier a fine legislatura e al referendum nel 2027. Tuttavia, il consenso degli italiani appare sempre meno ampio verso questo cambiamento istituzionale. Nello scorso febbraio era arrivato al 49%, quindiappena sotto la maggioranza, ma una rilevazione recente osserva uno slittamento ulteriore. Che spinge il grado di sostegno popolare più in basso. Al 45%. L’indice più limitato degli ultimi anni. Il fattore che condiziona maggiormente questo orientamento è la posizione politica degli intervistati. Segnata anzitutto dal grado di vicinanza e/o distacco con ipartiti di maggioranza e opposizione. Gli elettori che si dichiarano vicini a Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia condividono la proposta in misura superiore al 70%. Nel caso della Lega, all’80%. Ma il sostegno appare elevato anche tra coloro che esprimono consenso per i partiti del Terzo Polo: Azione e Italia Viva. Meno fra gli elettori di +Europa e del M5S.Mentre il distacco cresce fra chi vota per Avs e, ancor più, per il Pd.
Al di là della collocazione lungo l’asse destra/sinistra, dunque, appare significativa l’importanza del leader. Il peso che assume il capo. Il maggior grado di adesione al progetto del premierato, infatti, emerge fra gli elettori dei partiti più “personalizzati”.
È, peraltro, chiaro che l’elezione diretta del premier accentuerebbe l’immagine e l’identità del capo. Del e della leader. Allontanando la memoria, la storia, l’identità dei partiti. E, soprattutto, il ruolo del territorio. Visto che i partiti, in Italia, hanno radici territoriali profonde. Ben rappresentate dal richiamo al “colore politico” per definire le aree del Paese. Riconosciute attraverso le tradizioni politiche, che evocano le zone “bianche” e “rosse.” Il Nord Est, a lungo legato alla Dc, è quindi divenuto verde-azzurro. Vicino a Lega e Forza Italia. Fino agli anni più recenti, nei quali è stato occupato dai FdI. Mentre le regioni del Centro, un tempo rosse, si sono sbiadite. E Umbria e Marche hanno subìto, a loro volta,l’influenza del centro-destra e della destra. La spiegazione, o meglio, “una” spiegazione, è nella fine dei partiti come li avevamo conosciuti. Partiti di massa, radicati nel territorio, attraverso associazioni e organizzazioni, che oggi si sono indebolite. Talora, dissolte. Così resistono ed esistono partiti personali e comunque personalizzati, segnati dall’immagine del – e della – leader. Che lasciano immaginare un futuro instabile. Perché è difficile immaginare un futuro senza radici.