il Fatto Quotidiano, 14 luglio 2025
La guerra dei signori dell’Ia per prendersi le “superstar”
Anche nel frenetico panorama dell’intelligenza artificiale, dove si accumulano innovazioni e cialtronerie, vale una regola importante di questa fase storica: per capire le tendenze, bisogna seguire i soldi. Nelle ultime settimane, questo percorso ha messo in luce il rilievo della “guerra dei talenti” del settore, divenuta una vera e propria “guerra per le superstar”. In particolare, i ricercatori che Meta ha cercato di reclutare per il suo nuovo laboratorio di “superintelligenza”, guidato dal fondatore di Scale AI, Alexandr Wang, la cui startup è stata valutata circa 14 miliardi. Mark Zuckerberg, secondo indiscrezioni di stampa, è giunto a offerte di decine di milioni di dollari, tra salari e bonus iniziali, per assicurarsi alcuni dipendenti di OpenAI e Google DeepMind, quasi tutti di origine cinese, come del resto Pang Ruoming, da Apple. Sam Altman di OpenAI ha criticato la strategia di Meta, contrapponendo in un memo interno i suoi “missionari”, fedeli all’azienda, ai “mercenari”: quelli che hanno accettato l’offerta di Zuckerberg.
Questi stipendi da favola rendono quelli che fino a pochi anni fa erano oscuri ricercatori impegnati in ordinarie conferenze accademiche delle figure professionali con competenze pagate sul mercato quanto gli amministratori delegati di grandi aziende europee o quanto gli atleti al vertice delle loro discipline sportive. E più in profondità, la discussione sugli stipendi ha radici nella storia di aziende come OpenAI. Al tempo della sua fondazione, alla fine del 2015, come organizzazione no-profit da Sam Altman e Elon Musk, la sua “missione” era essere un laboratorio di ricerca fondamentale, senza fini di lucro, per contrastare il monopolio di Google sul talento. La grande sfida era attrarre i migliori ricercatori. Non potendo competere con Google sugli stipendi, OpenAI puntò sul senso di “missione” per convincere figure di spicco come Ilya Sutskever a partecipare all’impresa. Anche Karen Hao, nel suo libro “Empire of AI”, evidenzia come questa visione iniziale del reclutamento si sia presto convertita nella ricerca della scala, spostando il collo di bottiglia in modo evidente verso i capitali: per la leadership di mercato, servono centinaia di milioni e poi miliardi di dollari. Quando il tuo linguaggio diviene quello dei prodotti commerciali, e dei soldi, alla ricerca di centinaia di milioni e poi di miliardi di utenti, non puoi più convincere i tuoi dipendenti a partecipare all’impresa per avere “impatto” o per la “missione”. Se sei impegnato in continui round di investimento per aumentare la tua valutazione e avere sempre più capitali da investire, sei anche tu un “mercenario”, secondo la distinzione utilizzata da Altman, che nel mentre a sua volta spende per rubare talenti a Tesla, xAI, la stessa Meta. Il resto sono inutili ipocrisie.
Nella dinamica attuale, il settore dell’intelligenza artificiale, sempre più dilatato per via della sua moda, è in una fase di estrema competitività salariale. Le aziende, spinte da valutazioni miliardarie, sono disposte a offrire cifre straordinarie per i professionisti. Questa tendenza non riguarda solo la Silicon Valley ma anche la Cina. Come riportato da “South China Morning Post”, le aziende cinesi di robotica umanoide stanno offrendo salari superiori di oltre tre volte rispetto alla media per attrarre i migliori talenti in un ambito su cui la Cina sta puntando con sempre maggiore convinzione, anche per l’integrazione con le sue immense capacità industriali. Anche la storia di DeepSeek è stata caratterizzata da una grande attenzione per stipendi altamente competitivi per attirare talenti, sia neolaureati che professionisti esperti. DeepSeek, come le altre del settore, ha sottolineato più volte la ricerca della fumosa AGI (intelligenza artificiale generale) per indicare il senso di una “missione” più alta del denaro, ma per avere successo e presentare prodotti interessanti ha dovuto fornire stipendi elevati.
Tuttavia, mentre i salari per i talenti di punta dell’intelligenza artificiale salgono alle stelle con l’effetto “superstar” che investe sempre di più questo ecosistema, vi sono segnali di problematiche nel mercato del lavoro più ampio, anche se difficili da decifrare con certezza. Il settore della programmazione informatica, secondo le statistiche dell’ufficio del lavoro statunitense, ha visto una discesa significativa, anche se – come ha notato il Washington Post – questa dinamica non è presente allo stesso modo tra gli sviluppatori. Oltre ai cambiamenti apportati dall’intelligenza artificiale generativa nella struttura del mercato, bisogna considerare che le offerte di lavoro nel settore tecnologico erano cresciute rapidamente durante il boom del mercato del lavoro del 2022. Ma i licenziamenti di grandi aziende come Microsoft sono reali.
L’amministratore delegato di Anthropic, Dario Amodei, ha lanciato l’allarme dell’eliminazione per gli effetti dell’intelligenza artificiale della metà di tutti i lavori impiegatizi entry level in un orizzonte di cinque anni. Ha invitato i suoi colleghi a essere franchi sulla valanga che potrebbe arrivare, soprattutto per l’ambito tecnologico, finanziario, legale e della consulenza. Amodei insiste nel delineare uno scenario in cui da una parte i “superpoteri” dell’intelligenza artificiale, nella formula da lui coniata “un Paese di menti geniali dentro un data center”, porterà immensi benefici nella medicina e in altri campi, ma allo stesso tempo creerà un mercato del lavoro ancora più polarizzato, con l’aumento della concentrazione della ricchezza.
Abbiamo, e avremo sempre di più secondo questa chiave di lettura, la classe delle “superstar” dell’intelligenza artificiale, mentre alla base della piramide lavorativa, un numero crescente di programmatori e altre figure verrebbe eroso o sottopagato, in uno spartiacque che ha già iniziato a manifestare i suoi effetti. In questa dinamica, almeno per quanto riguarda il ciclo attuale dell’intelligenza artificiale legato ai data center, a queste incognite del lavoro intellettuale si affiancano sviluppi inattesi sulle competenze manifatturiere, essenziali per la produzione industriale dell’intelligenza artificiale. Jensen Huang di NVIDIA ha elogiato i suoi partner perché non hanno solo competenze informatiche ma perché sono anche “idraulici”, per segnalare l’importanza dei vari sistemi di raffreddamento per le operazioni dei data center. E negli Stati Uniti e in altre località, all’ombra dellle “superstar”, il ciclo dell’intelligenza artificiale continua a richiedere un numero sempre maggiore di elettricisti.