il Fatto Quotidiano, 14 luglio 2025
Bruxelles è furibonda con l’Italia: “Fate troppe concessioni a Haftar”
Accuse a Roma di doppiogiochismo e perfino di connivenza con la Russia di Vladimir Putin. È alta la tensione tra Unione europea e Italia dopo il flop della spedizione comunitaria a Bengasi, nella non riconosciuta Libia cirenaica. Anche perché la pressione dei migranti in partenza dalle coste est del Paese è sempre maggiore. La missione dell’8 luglio scorso si era infatti conclusa già sulle scalette dell’aeroporto di Benina, con una poco decorosa espulsione come “persone non gradite” nei confronti del commissario europeo per la migrazione Magnus Brunner e dei ministri dell’Interno di Italia, Grecia e Malta (e dunque anche del nostro Matteo Piantedosi).
I due ministri cirenaici giunti ad accogliere la delegazione Ue – tra l’altro in compagnia del console italiano a Bengasi, Francesco Saverio De Luigi – pretendevano il rispetto del protocollo formale, con photo opportunity, strette di mano pubbliche e una conferenza stampa sotto le bandiere incrociate, nel tentativo di avvicinare il riconoscimento formale della Libia Est da parte della comunità internazionale. Al “no” categorico di Brunner, c’è stata una lite furibonda tra i diplomatici locali e l’ambasciatore Ue in Libia, l’italiano Nicola Orlando, terminata con l’espulsione formale nonostante il tentativo di mediazione di Piantedosi.
Così ora è la special relationship tra Roma e il governo “parallelo” fedele a Khalifa Haftar a finire sotto accusa a Bruxelles. L’Unione europea ritiene che l’Italia sia responsabile della “figuraccia”, avendo ispirato la missione nel “momento più sbagliato possibile”. Non solo. Da mesi il governo italiano è in dialogo costante con Haftar e con i suoi due figli, Saddam e Belgacem. Il generale e leader cirenaico è stato visto più volte a Roma – l’ultima un paio di settimane fa – proprio in visita al Viminale. I lenti miglioramenti in termini di sbarchi dalla Libia hanno messo in crisi la Grecia, con il premier Kyriakos Mitsotakis che all’indomani del flop di Benina ha bloccato per tre mesi le richieste di asilo. Il problema è che ormai Haftar, leader di una frazione di Paese armata fino ai denti e “ricca” (quanto meno molto più dei fratelli tripolitani) non cerca più denaro, bensì il riconoscimento politico dell’Occidente. Cosa che l’Ue e molti degli Stati membri non vogliono concedere perché ritengono la Cirenaica un Paese satellite di Putin. Insomma un cul de sac lampante. Fonti di Bruxelles spiegano che la Commissione Ue si ritiene “sotto attacco”, contraria a “nuove concessioni e calate di braghe a Haftar”. Il timore è che il leader cirenaico, in cambio dello stop ai migranti, metta in campo non i suoi interessi, quanto quelli di Putin. E che un eventuale riconoscimento spinga Haftar a “mangiarsi” anche la Tripolitania, sconvolgendo di nuovo tutto il fragile equilibrio nella regione.
Ovvio che di fronte a una tale chiusura, la politica dei due forni adottata da Roma non piaccia all’Unione. D’altra parte l’Italia sta cercando di chiudere definitivamente il rubinetto degli sbarchi. Nei giorni scorsi il Viminale ha diffuso dei dati sugli approdi nel 2025, che sono sì in grande diminuzione rispetto al 2023, ma comunque in leggero aumento sul 2024. Secondo il sottosegretario Nicola Molteni, “nel 2025, a oggi, sono sbarcati 32 mila migranti. Nello stesso periodo, nel 2022 sono stati circa 31 mila e nel 2023 sono stati 73 mila. Il leggero aumento rispetto ai 28.880 sbarchi dello stesso periodo del 2024 è riconducibile alla pressione migratoria derivante da una serie di crisi geopolitiche contingenti”.
Nei prossimi giorni il governo italiano aveva in mente una nuova spedizione – stavolta senza l’Ue – a Bengasi. Venerdì, tuttavia, a margine dell’incontro di Roma sull’Ucraina, la presidente della Commissione europea, Ursula Von der Leyen – che ha avuto bisogno dei voti decisivi dell’Italia per restare in sella – ha convinto Grecia e Malta – seppur controvoglia – a ricostituire il “Team Europe” e a fare un nuovo tentativo a Bengasi. Proprio mentre Londra cancellava la visita del suo ministro di Stato per il Mediterraneo. Difficile che si arrivi a sbloccare la situazione.