Avvenire, 13 luglio 2025
Myanmar: i dazi Usa “riconoscono” i golpisti
Il conflitto birmano sta diventando sempre più inestricabile e, come se non bastasse il caos interno, la comunità internazionale contribuisce ad allontanare ogni possibilità di compromesso e di pace. Il generale Min Aung Hlaing esulta ora per essere stato destinatario della lettera con cui il presidente statunitense Donald Trump ha imposto il 40 per cento di dazi sulle importazioni dal Myanmar. Mentre la diplomazia Usa aveva finora ignorato la leadership militare, il messaggio sui dazi firmato da Trump è stato, come sottolineato da Richard Horsey dell’International Crisis Grooup, interpretato come «la prima indicazione pubblica che io abbia visto di un riconoscimento statunitense dei generale in Aung Hlaing e della giunta».
Il paradosso è anche che il golpista è vicinissimo alle posizioni di due “nemici” di Trump: Putin e Xi. La missiva sui dazi ha dato però l’occasione al capo della giunta per scrivere un lungo messaggio in inglese e birmano in cui si esprime «sincero apprezzamento» per la lettera di Trump e la stima per «la guida sicura nel condurre il suo Paese verso la prosperità nazionale».
Difficile capire a quali fonti attinga il tycoon americano per indirizzare le proprie decisioni, ma sicuramente al Dipartimento di Stato qualcuno dovrebbe sapere che a contrastare passo dopo passo un regime sempre più isolato e sempre più alle strette sul piano militare, con un governo di unità nazionale che non soltanto coordina resistenza e gestione delle aree liberate, ma cerca anche di accreditarsi all’esterno forte della leadership morale della Premio Nobel per la Pace Aung San Suu Kyi.
L’aviazione del regime continua però a a mietere vittime nello scontro con la resistenza. Venerdì 23 profughi tra i 150 ospitati in un monastero buddista nel Sagaing sono stati uccisi da bombe d’aereo.