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 2025  luglio 12 Sabato calendario

Dipendenti dell’Fbi alla macchina della verità. Al Bureau vietato criticare il direttore e il vice

Macchina della verità per testare la lealtà dei funzionari dell’Fbi nei confronti del loro direttore. Quella che dovrebbe essere una misura specifica per individuare i dipendenti che potrebbero aver tradito gli Stati Uniti, con l’arrivo di Kash Patel – il fedelissimo di Donald Trump nominato nel dicembre scorso ai vertici del Bureau- si è intensificata. A rivelarlo il New York Times, citando due fonti secondo le quali a diversi dipendenti sottoposti al poligrafo sarebbero stato domandato se avessero mai screditato proprio Patel. Secondo il quotidiano sarebbero decine le persone “interrogate”, anche se non è chiaro a quanti di loro sia stata posta la domanda sul direttore. Per alcuni ex funzionari, si legge, sarebbero pratiche inopportune dalle quali emerge una insofferenza verso il dissenso. Criticare Patel o il suo vice, Dan Bongino, potrebbe infatti costare il posto di lavoro. «La lealtà di un dipendente dell’Fbi è verso la Costituzione, non verso il direttore o il vicedirettore», ha affermato James Davidson, ex agente del Bureau, alimentando l’idea di un Fbi sempre più politicizzato. Michael Feinberg, agente della sede operativa di Norfolk, in Virginia, è stato minacciato con il test della macchina della verità per via della sua amicizia con Peter Strzok, ex del controspionaggio licenziato per aver inviato messaggi denigratori su Trump. Quello che sta accadendo sembra essere però solo il nuovo capitolo di una epurazione di agenti sgraditi iniziata già da prima, con dipendenti costretti alle dimissioni o al congedo amministrativo per via di indagini non apprezzate da Trump e dai suoi sostenitori. Sempre il New York Times ha rivelato che il Secret service avrebbe fatto pedinare l’ex capo dell’Fbi James Comey per aver pubblicato sui social un’immagine che, secondo gli alleati del tycoon, poteva rappresentare una minaccia di assassinio del presidente.