la Repubblica, 13 luglio 2025
Le crepe nell’impero Putin fa i conti con il Caucaso infedele
Qualcuno l’ha già battezzata la “guerra dell’ortofrutta”, ma è una crisi che va oltre il settore agroalimentare. Dopo aver bloccato l’importazione di pomodori azeri, le autorità russe hanno respinto 18 tonnellate di pesche provenienti da Baku. Il motivo: la presunta presenza di parassiti o di difetti nell’imballaggio. Ma per i produttori azeri si tratta soltanto di pretesti sulla scia del deterioramento delle relazioni tra Mosca e Baku.
La prima frattura tra Baku e Mosca è avvenuta lo scorso dicembre quando la contraerea russa ha abbattuto un aereo dell’Azerbaijan Airlines vicino al capoluogo ceceno Groznyj causando la morte delle 38 persone a bordo. Il presidente russo Vladimir Putin ha chiamato l’azero Ilham Aliyev, ma si è rifiutato di scusarsi pubblicamente o di offrire un risarcimento. A fine giugno un nuovo incidente: durante un raid a Ekaterinburg, sei membri della diaspora azera sono stati arrestati con l’accusa di omicidio e due di loro, i fratelli Ziyaddin e Guseyn Safarov, sono morti.Autopsie alla mano, le autorità azere hanno denunciato che sarebbero stati picchiati a morte dalla polizia russa e, per tutta risposta, hanno annullato tutti gli eventi culturali comuni, incriminato per spionaggio i due responsabili dell’agenzia Sputnik a Baku e, a seguire, arrestato per contrabbando di droga altri otto cittadini russi, esperti informatici che avevano lasciato la Russia per sfuggire alla mobilitazione parziale nell’autunno del 2022.
Per Kommersant si tratta della «crisi delle relazioni più acuta della storia post-sovietica». Avviene proprio mentre la vicina Armenia ha annunciato di volersi candidare all’adesione alla Ue e ha disertato un vertice dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva guidata da Mosca che accusa di non essere intervenuta quando, nel 2023, l’Azerbaijan ha rioccupato il Karabakh conteso. La crisi ha avuto anche l’inaspettato effetto di avvicinare i due nemici di lunga data, ora entrambi alleati contro la Russia: giovedì scorso Aliyev e il premier armeno Nikol Pashinyan hanno tenuto i loro primi colloqui diretti ad Abu Dhabi. Stavolta non solo non sono stati invitati mediatori russi, ma i media filogovernativi di entrambi i Paesi hanno parlato di «forze distruttive che cercano di sabotare il processo di pace» e alludevano a Mosca.
Per la Russia la perdita di influenza nel Caucaso meridionale non è che l’ennesimo contraccolpo dell’offensiva lanciata in Ucraina e sta aprendo spazi ad altre potenze regionali nell’area, come la Turchia che è diventata il capro espiatorio della crisi per i cosiddetti “blogger Z”. Accusano Ankara non soltanto di essersi unita alla “coalizione dei droni” di 20 Paesi che si sono impegnati a rifornire le forze armate ucraine, ma anche di «estendere la sua influenza perniciosa alle ex Repubbliche dell’Urss, a partire dall’Azerbaijan».
Il politologo Kirill Krivosheev osserva però che, dietro alla crisi tra Mosca e Baku, c’è in realtà iltentativo di Aliyev di «prendere le distanze da Mosca per nascondere i suoi peccati all’Occidente». Tanto che Moskovskij Komsomolets ha amaramente commentato: «Sulle rovine dell’ex Urss, si rivela un altro Stato ostile. Non è la Georgia, non sono i Baltici, ma l’assolata Baku, dove i nostri “partner” sono pronti ad aprire un “secondo fronte” contro di noi».