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 2025  luglio 12 Sabato calendario

Nella terra dei padri pellegrini tra streghe e fantasmi vittoriani

Articolo pubblicato su Tuttolibri nel 2000
Èuna tentazione cui è difficile resistere: chi, trovandosi nei dintorni di Boston non coglie l’occasione di visitare Salem, la città delle streghe? Infatti. E deve essere in questo modo che un milione di persone all’anno vengono da queste parti. La cosa non stupisce, mentre stupirebbe il fatto che uno si aspetti di provare qualche brivido. In realtà la città offre una varietà di opzioni di grande interesse: dalla escursione in mare per vedere (e anche toccare!) le balene, alla semplice visita alle affascinanti architetture che si affacciano sulla baia, case con l’altana da cui le donne spingevano lo sguardo lontano a spiare il ritorno dei loro uomini dalle profondità dell’Oceano. Ma le streghe restano sempre le streghe e l’attrattiva del mistero e dell’ignoto non ha pari.
Arriviamo da Plymouth, la città dello sbarco dei padri pellegrini, con tanto di replica della nave Mayflower e scoglio con iscrizione che attesta che i fondatori dell’America misero proprio il piede lì toccando per la prima volta il nuovo mondo. Qui c’è la riproduzione dal vivo della prima colonia di questi immigrati: una palizzata la protegge con torrette di guardia e all’interno vi sono le case abitate da figuranti che indossano abiti dell’epoca, tessono, cucinano, confezionano abiti, ceramiche, attrezzi agricoli sotto l’occhio affascinato dei visitatori. Anche se piove e la giornata è uggiosa questi eroici interpreti del passato non si rintanano al coperto, camminano nel fango con le loro scarpe con la fibbia e le enormi brache a sbuffo perché l’illusione sia perfetta. Deve essere per questo che in America tutto funziona alla perfezione: quando uno si è impegnato a fare una cosa la fa, punto e basta.
A un certo punto del nostro breve viaggio verso Nord prendiamo una stradina sulla destra e ci troviamo immersi in uno strano paesaggio: una specie di acquitrino salmastro separato dal mare da dune sabbiose coperte di canneti. Un pontile serpeggiante appoggiato su pali conficcati sul fondo consente di fare una lunga passeggiata: ogni listello è stato pagato con l’offerta di un contribuente e ne porta inciso il nome: molti sono italiani. Piove ed è tutto grigio; tira un vento gelido che increspa la superficie dell’acqua e piega le canne. Siamo completamente soli in quella desolazione; pochi gabbiani si librano nell’aria sfidando le raffiche sempre più rabbiose. Verso la metà del pomeriggio decidiamo di raggiungere la nostra meta e rimontiamo in macchina.
Giungiamo sulla piazza di Salem appena in tempo per visitare il museo delle streghe e devo dire che la statua del fondatore della città, vista da dietro con quell’alto cappello settecentesco a tronco di cono e a falda larga (proprio quello che portano le streghe nell’iconogra fia tradizionale), con il largo mantello svolazzante fa un certa impressione sullo sfondo di un cielo sempre più tetro. Mi fa venire in mente di una volta che arrivai a Stonehenge nel colmo di una tempesta con tuoni e folgori e di quell’altra volta che a Teotihuacan in Messico salii di notte sulla piramide della Luna con la luna piena: verrebbe da ringraziare il Padreterno per aver provveduto anche il tempo e l’atmosfera giusti.
Dunque entriamo passando attraverso la biglietteria e ci sediamo assieme ad un gruppetto di turisti americani dall’aria inquieta: magari loro ci credono davvero? Il Museo di fatto è un diorama in cui si illuminano uno dopo l’altro dei quadri composti di manichini in costumi dell’epoca che rappresentano le varie fasi del processo e dell’esecuzione delle povere streghe. Un voce fuori campo sostenuta da effetti sonori racconta la storia di queste nonne vittime dell’ignoranza e del pregiudizio ma conclude alla fine dicendo che in Europa le cose andavano ben peggio e che centinaia di migliaia di donne innocenti erano state mandate al rogo. Vero, verissimo. Finora non abbiamo visto nulla che fosse particolarmente emozionante e le scenografie ingenuamente demoniache del museo lasciano più perplessi che emozionati ma è evidente che si tratta di una cosa per famiglie dove anche i bambini devono poter assistere allo spettacolo senza riportare traumi. Una cosa curiosa è che fra i giudici che mandarono a morte le streghe nel 1692 c’era anche un antenato dello scrittore Nathaniel Hawthorne il quale, vergognandosi di discendere da un simile oscurantista, si era cambiato il cognome aggiungendo una «w» tra la «a» e la «t». La sua casa, la mitica «casa dai sette abbaini» è oggi un museo e si può visitare. Dallo studio di Hawthorne si vede la baia da cui salpavano le navi per tutte le destinazioni oltre oceano e sul tavolo di lavoro c’è ancora l’Eneide aperta dove lui la lasciò, al libro VI: la storia di Didone.
Raggiungiamo il nostro albergo, il Salem Inn, una vecchia casa di mattoni austera ed elegante costruita nel 1834 dal capitano Nathaniel West. Questo era un porto baleniero e tutte le case più belle venivano costruite dai marinai che facevano fortuna con la caccia o con i commerci. Le camere sono belle e confortevoli, arredate con gusto. Il tempo di cambiarci e scendiamo por uscire a cena. Alla nostra destra, vengono delle voci dalla sala del caminetto: c’è un gruppetto di signore e signorine che festeggiano, non si capisce bene che cosa, ma sono convenute qui dagli angoli più remoti dell’America. È evidente che gli uomini non c’entrano e togliamo il disturbo: ce ne andiamo via in cerca di un ristorante. Ceniamo tardi perché la città è bellissima con le sue architetture settecentesche e ottocentesche affacciate lungo la baia. Quando rientriamo, a piedi, la tentazione è troppo forte di andare alla ricerca di qualche atmosfera di stregoneria. Non c’è che l’imbarazzo della scelta. La pioggia, che era cessata per un paio d’ore ricomincia a cadere: una pioggerellina fine ma insistente che lucida le strade semideserte e i mattoni delle facciate. La luna galoppa dietro i nuvoli fra i rami ancora spogli dogli alberi. Ed ecco la prima casa stregata: è una discoteca. Dipinta di nero con fasci di fusti di granoturco, zucche intagliale in stile Halloween e altri analoghi arredi.
Ci infiliamo giù per un’altra strada ammirando le belle architetture coloniali poi, mano a mano che ci allontaniamo dal centro, ecco ancora altri locali con armamentario stregonesco: mostri con ali di pipistrello che vigilano una porta chiusa su cui campeggiano simboli cabalistici. Un’altra discoteca, si direbbe. Spingiamo la porta per entrare ma è tutto chiuso: non c’è anima viva. Eccone ancora un’ altra, tutta dipinta di nero con figure di diavoli e di streghe: da una parte c’è una scritta tracciata con lo spray: I believe it’s true. (Credo che sia vero: ma che cosa?). Altri locali ancora chiusi e deserti: rade automobili che passano: forse il business della stregoneria rende meno di quello che si pensi anche se in certi punti della città vecchia sembrerebbe davvero di poter vedere sbucare il capitano Achab ad ogni angolo. Crediamo di aver capito perché tanta gente viene da queste parti: Salem incuriosisce per questa vecchia storia di fatture e di malefici ma poi, una volta che si è qui ti affascina con la sua bellezza, con la magia di queste vecchie case vittoriane tenute con cura meticolosa.
Rientriamo infreddoliti verso la mezzanotte e le nostre sette signore (o signorine?) sono ancora lì nel loro salotto, confabulano fra di loro sottovoce bevendo vino. E se fossero streghe? Già, perché no? In fondo questa è Salem e questa è la Salem Inn.