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 2025  luglio 12 Sabato calendario

Azzardo online, è liberi tutti Se non ci sono più “protezioni”

Oggi un bar, un albergo o un altro locale pubblico che mettano a disposizione un flipper o un biliardino, devono possedere l’autorizzazione amministrativa, altrimenti saranno multati. Ma se, tra un cappuccino e un aperitivo, gli avventori di quello stesso pubblico esercizio si collegheranno ai casinò online dai dispositivi installati dal gestore, da oggi, a seguito della sentenza n. 104 della Corte costituzionale, nulla quaestio.
Per comprendere il contesto in cui ci troviamo, è utile e rivelatore un passaggio dell’intervento della difesa delle parti private nel corso dell’udienza pubblica del 7 maggio: «Figuriamoci se un privato cittadino se ne va in un hotel… di sera c’è una bella partita sulla quale vuole scommettere, a quel punto non lo può fare. Perché il portiere di notte lo raggiunge e gli comunica, qui non si può fare». Si tratta di un ragionamento in linea con il clima attuale, che sta smantellando la policy di contrasto alle patologie da gioco avviata dal 2012 e progressivamente costruita con osservatorio specializzato, fondi per le terapie, regolamenti comunali e leggi regionali.
E non tarderanno certo a farsi sentire, gli effetti sociali e sanitari (per tacere di quelli sull’ordine pubblico) del “liberi tutti” all’azzardo online (un “mercato” da 92 miliardi, con un aumento del 153 per cento rispetto al 2019, alla vigilia della pandemia). Dopo questa sentenza, non potrà essere imposto un distanziamento delle porte d’accesso al gioco d’azzardo dai luoghi detti “sensibili” (scuole, oratori, palestre giovanili, centri di cura, edifici di culto, ecc.). Inoltre, nulla vieterà di interferire con la vita quotidiana delle persone in cura dalla dipendenza da gioco d’azzardo, e cadranno anche quelle pur limitate barriere poste a protezione di quanti rischiano di essere contagiati. Al contrario del “fumo passivo”, l’“azzardo passivo” potrà continuare a danneggiare i familiari (ma la letteratura scientifica internazionale documenta che la condizione di un giocatore patologico si traduce nella sofferenza di almeno sei persone della sua famiglia).
Si potrebbe tuttavia obiettare che la Corte ha annullato il divieto introdotto nel 2012 in quanto sproporzionato alla luce del principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost., poiché, da un lato, si riferirebbe a una gamma troppo estesa di comportamenti (caratterizzati da un diverso grado di offensività degli interessi protetti e da rilevanti differenze di disvalore) e, dall’altro, avrebbe un’efficacia modesta rispetto alle finalità, poiché buona parte dell’offerta di gioco online rimarrebbe comunque fuori dal divieto, mentre la libertà d’impresa sarebbe immediatamente compressa.
È difficile non concludere nel senso di una certa frettolosità della Corte (tanto più alla luce della propria giurisprudenza), anche in considerazione della circostanza che la norma dichiarata illegittima esprimeva un principio ben più ampio, volto a proteggere dai rischi di un gioco che, ancorché legale, non può mai essere definito sicuro. In primo luogo, la sentenza 104 rinuncia a verificare se la sentenza di accoglimento “secco” per mancanza di proporzionalità della fattispecie sanzionatoria conduca o meno a un insostenibile vuoto di tutela in un settore nel quale (è la stessa Corte a ribadirlo) il legislatore persegue la «finalità legittima e meritevole di limitare le occasioni di gioco in funzione di prevenzione della ludopatia e, più in generale, di tutela della salute».
In secondo luogo, la sentenza rinuncia a un altro test, pure già utilizzato (sentenze 212/2019 185/2021) sulle sanzioni amministrative fisse, verificando se anche le infrazioni meno gravi tra quelle comprese nel perimetro applicativo della previsione sanzionatoria siano connotate da un disvalore tale da non rendere manifestamente sproporzionata la sanzione stessa. In terzo luogo, la decisione in oggetto rinuncia a prendere in esame l’interpretazione suggerita dal Tribunale di Viterbo, nel senso di evitare il vuoto sanzionatorio traendo dal sistema legislativo del gioco una misura costituzionalmente adeguata alla tutela del bene giuridico. Sono dunque molte le perplessità che desta la scelta di un accoglimento secco della questione senza prendere in seria considerazione le numerose alternative offertele dalla larghezza di strumenti di cui la Corte dispone.
Più in generale, la sentenza capovolge il rapporto tra libertà d’impresa e tutela della salute: invece di muovere dal presupposto, rafforzato dalla revisione costituzionale del 2022, che la libertà d’impresa non può svolgersi in contrasto con la salute (art. 41, comma 2, Cost.), preferisce considerare che alla tutela della salute si oppone, quale “interesse contrapposto”, la libertà d’impresa, trascurando che la tutela della salute costituisce, ai sensi dell’art. 32 Cost., sia un fondamentale diritto dell’individuo, sia un altrettanto fondamentale interesse della collettività, e che la prevenzione delle dipendenze è proprio uno dei settori dove questo nesso tra diritto individuale e interesse collettivo trova concretezza.
Infine, le valutazioni della Corte circa l’efficacia della misura di tutela del diritto alla salute restano, in assenza di un’adeguata istruttoria in punto di fatto (della quale non v’è traccia nella decisione), del tutto immotivate, tanto più in presenza di numerosi rapporti ufficiali volti a sottolineare i danni del gioco d’azzardo patologico e della sua altrettanto patologica diffusione.
La chiusa della decisione («Spetta al legislatore l’adozione di ulteriori e idonee misure di contrasto alla ludopatia»), a non volerla considerare un’ovvietà, rimanda alla responsabilità della politica. Se Governo e Parlamento non decideranno di intervenire immediatamente con un provvedimento urgente, si verificherà un evidente vuoto di tutela e la spirale dell’azzardo passerà dalla veloce crescita esponenziale alla spinta ipersonica, coinvolgendo ogni piega del tessuto sociale. Ma è davvero questo che si vuole?