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 2025  luglio 11 Venerdì calendario

I tecno-ottimisti parlano della Ai

La tecno-ansia che ha animato gli ultimi due Ok Boomer! (soprattutto per colpa mia…) questa settimana deve fare i conti con la sua valorosa opposizione. Qui sotto troverete un drappello di non ansiosi, tecno-ottimisti, che bilanciano decisamente il dibattito, fino a qui preoccupato e parzialmente catastrofista. Prima di dare la parola a loro, una domanda che rivolgo a tutti, in specie ai probiviri del Post: come la chiamiamo, AI secondo la consecutio americana (Artificial Intelligence) o IA, Intelligenza Artificiale, come dovremmo noi di lingua neolatina? Faccio presente che già ai tempi dell’insorgenza dell’AIDS l’Italia si distinse dai cugini francesi e spagnoli adottando, unico paese neolatino, l’acronimo anglosassone. Ma in italiano dovrebbe dirsi: Sindrome di Immuno Deficienza Acquisita. SIDA, come dicono i francesi e i popoli di lingua ispanica. Propendo dunque per IA, intelligenza artificiale. In attesa di indicazioni autorevoli.
“Mi trovo in disaccordo con la tua penultima newsletter e soprattutto con le risposte della community. Ammetto di essere un po’ di parte, perché sono uno studente di dottorato di ricerca in Informatica e mi occupo di questioni legate all’Intelligenza Artificiale. Mi sembra ci sia molta confusione tra due aspetti che vedo separati: la raccolta dei cosiddetti ‘big data’ e la profilazione degli utenti da parte delle big tech, da un lato; e l’utilizzo di strumenti di intelligenza artificiale dall’altro. La profilazione degli utenti avveniva anche in epoca pre-AI, attraverso la nostra semplice navigazione su internet, in particolare sui social network. Recentemente ho assistito a una talk che intersecava filosofia e informatica, concludendo che sia impossibile, nel mondo moderno, proteggersi dalla profilazione delle big tech per due motivi: la quantità di dati che lasciamo come briciole di pane online e la quantità di dati che persone ‘simili’ a noi lasciano online, fornendo così molte informazioni anche su di noi. Ammetto che questo tipo di discorso possa fare paura, ma mi sembra che siamo in un campo in cui non abbiamo potere d’azione: possiamo solo esserne consapevoli e cercare di comportarci di conseguenza, per esempio cercando, con la forza dell’intelletto, di evitare di farci manipolare da questi sistemi”.
“Per quanto riguarda l’AI, sono un grande fan: la sto usando sempre di più e mi rendo conto di quanto aiuti il mio lavoro, permettendomi anche di lavorare meno e concentrarmi su ciò che mi piace e considero di maggior valore. Certo, penso sia necessario un utilizzo consapevole e limitato ad alcuni task. Io, per esempio, la uso per aiutarmi nella scrittura di codice, per l’editing di testi scritti (da me) e per lo scambio di idee. Non la utilizzo per ottenere informazioni né per farmi riassumere materiale che devo leggere, perché voglio essere sicuro di cogliere tutte le informazioni realmente importanti. È uscito un articolo scientifico di un gruppo del MIT in cui viene dimostrato che l’utilizzo di ChatGPT riduce l’attività cerebrale. All’inizio mi sono preoccupato, ma riflettendoci meglio mi è venuto in mente questo paragone: oggi, con la diffusione di stili di vita sempre più sedentari, si è sviluppata un’attenzione alla salute del corpo attraverso l’attività fisica. Mi sono immaginato un mondo futuro in cui l’AI possa sostituirci in alcune attività, e noi umani manteniamo la nostra mente attiva allenandola, proprio come oggi facciamo con il corpo. In alto i cuori”.
Marco
“Vorrei dire a quanti propongono come salvifico – per tenere fuori dai piedi l’Intelligenza Artificiale – il passaggio ai programmi del mondo del ‘software libero’ di non farsi troppe illusioni, è solo questione di tempo. Non sono un giovane nerd, sono un anziano fisico classe 1954 che ha vissuto l’avvento delle calcolatrici elettroniche (ho avuto la mia al primo anno di università, nel 1973), dei microprocessori, dei personal computer, della posta elettronica, della navigazione su internet, dei telefoni cellulari, degli smartphone, dell’IA. Utilizzo Linux e programmi ‘liberi’ di produttività individuale fin dall’inizio del 2014, quindi so di cosa parlo. Ve lo immaginereste un costruttore di piastre di cottura che, volendo essere ‘artigianale’ e non conformarsi alle scelte della grande industria, proponesse di accendere la fiamma strofinando vicino al fornello due pietre focaie? O un costruttore di automobili che prevedesse sui suoi modelli una messa in moto solo a manovella? La tecnologia prima o poi si impone sempre, se fornisce soluzioni che ci rendono la vita più comoda e sicura e/o ci fanno risparmiare tempo”.
“Ecco, è proprio su questo concetto del tempo risparmiato che vorrei portare il discorso. Da sempre le innovazioni 1) ci fanno risparmiare tempo, permettendoci di averne di più a disposizione per ciò che ci piace fare, quello cioè che SCEGLIAMO di fare per nostro diletto e appagamento; oppure 2) ci rendono la vita più sicura, rendendo più rapidi ed efficaci le soluzioni e gli interventi in caso di problemi, per esempio in caso di incidenti, emergenze mediche ecc. Quante vite avranno salvato i telefonini consentendo di chiamare rapidissimamente i soccorsi? Lo stesso avverrà con l’IA, se solo ci mettiamo nella disposizione di utilizzarla con correttezza ma anche curiosità, invece che rifiutarla in blocco borbottando ‘dove andremo a finire’. Prestiamo attenzione a chi cediamo i nostri dati, esercitiamo il pensiero critico nei confronti dei prodotti dell’IA, sosteniamo i politici che propongono leggi e regolamenti pensati non per stroncarne lo sviluppo e la diffusione, ma per creare i giusti paletti per un uso responsabile nell’interesse generale”.
Daniele Andreuccetti
“Sono uno sviluppatore di algoritmi AI da una decina di anni, quando prima si chiamava machine learning, poi deep learning, ora AI generativa o semplicemente AI. Ho fatto ricerca in varie università, ho lavorato per le big tech negli Stati Uniti e ora lavoro per un’azienda italiana leader nel suo settore, che usa l’intelligenza artificiale per migliorare i propri prodotti. Come dite sempre al Post, finiamo sempre per prestare più attenzione e interesse alle notizie negative che a quelle positive, è un nostro bias. Ecco, nel condividere le tante preoccupazioni dei tuoi lettori, vorrei spezzare una lancia a favore dell’AI e dei progressi che ci ha permesso di fare in tanti campi in modo rapidissimo, dalla diagnosi di malattie alla identificazione di nuove terapie, dal ridurre drasticamente le file agli aeroporti in attesa del controllo passaporti all’identificazione di minacce nelle nostre città. L’AI è presente nelle nostre vite da ben prima che WhatsApp aggiungesse un tasto per renderla più evidente e ci permettesse di interagirci più direttamente. E mentre da un lato ci diciamo che la ripudiamo, dall’altro magari facciamo la fila per comprare l’ultimo iPhone che fa le foto belle, senza sapere che è l’AI ad applicare algoritmi di fotoritocco per renderle tali. O attiviamo il cruise control nelle nostre traversate autostradali, contenti che l’auto mantenga la distanza di sicurezza per noi. Da lettore e assiduo ascoltatore di podcast, consiglio vivamente l’ascolto di Geniale per capire i contro ma anche un po’ di pro della AI e del perché avere tanti dati a disposizione può fare anche del bene. A mio avviso, l’AI dovrebbe essere un servizio pubblico, come l’acqua (vi ricordate il referendum del 2011?), e i governi dovrebbero stanziare finanziamenti per permetterci di sviluppare modelli generativi aperti e staccati dalle logiche del profitto a tutti i costi”.
Davide V
“Ho letto la newsletter ‘Con calma e per favore’ e i commenti, e devo dire che dissento totalmente. Sono un ex del settore (IBM e Microsoft) e ho trovato illuminante il commento di Walter Quattrociocchi.
Quando sento che anche il Papa discetta di AI vengo colto dallo sgomento”.
Teodoro Marinucci