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 2025  luglio 11 Venerdì calendario

Intervista a Giacomo Giorgio

A 11 anni aveva già visto Papillon di Franklin J. Schaffner. A 15, Il conformista di Bertolucci lo ossessionò per giorni («mi scosse molto»). E poi c’era quell’urgenza che non lo abbandonava mai: il desiderio, martellante, di sfuggire al «mondo di serate vuote» che attirava i suoi coetanei e che lui, invece, guardava con terrore. Fin da piccolo Giacomo Giorgio ha sempre cercato altro: qualcosa che desse sostanza ai propri giorni, che facesse la differenza. «A 15 anni giurai a me stesso che una volta arrivato a quell’età dove fai i bilanci, mi sarei girato indietro e avrei visto qualcosa di bello», conferma l’attore. Quel momento non è ancora arrivato – ha 28 anni – ma le condizioni per mantenere la promessa ci sono tutte: dopo aver sfondato come Ciro in Mare fuori, Giorgio ha approfittato della notorietà per spaziare tra i generi e privilegiare storie che avessero qualcosa da dire. Ha messo il camice in Doc, si è battuto per la causa di Elisa Claps in Per Elisa, ha celebrato la lirica in Belcanto, ha indagato nella serie tv Sara e stasera è in scena a Verona con l’Otello: una pièce attualissima che racconta l’amore omicida del personaggio shakespeariano per Desdemona.
Sui femminicidi si moltiplicano talk, campagne, libri, eppure non cambia nulla. Il suo Otello rischia di essere l’ennesimo grido inascoltato?
«Ormai si parla di certi temi un po’ per moda, senza crederci chissà quanto. Manca l’empatia – in chi parla e in chi ascolta – che è invece il cuore di qualsiasi spettacolo: ecco perché le storie riescono a fermarci, a inchiodarci al problema. Non basta informare, bisogna anche fare cultura. Per questo servirebbe introdurre l’educazione teatrale a scuola».
In autunno parlerà di fascismo nella serie Morbo k: quanto la preoccupano i venti dei nuovi estremismi?
«Ormai non credo sia più il tempo degli estremismi, bensì della stupidità. Viviamo in un’epoca stupida, dove gli uomini sono dei polli nelle gabbie e i politici si accalcano attorno a una comune mangiatoia, muovendosi più per convenienza che non per reale credo politico».
Ha ancora senso votare?
«Mi infastidisce l’idea che salga al governo qualcuno che non ho scelto. Anche se non credo nella mangiatoia, confido nel meno peggio. Se esistesse un partito chiamato Il male minore, prenderebbe i miei voti».
È cresciuto in una famiglia modesta: sua nonna le dava metà pensione per sostenere i provini. Almeno all’inizio hai subito il fascino dei soldi?
«Quando è esploso il successo di Mare fuori, il primo anno è stato molto complesso perché dal punto di vista economico buttavo i soldi fuori dalla finestra, in più c’era il discorso fama: può diventare una brutta droga se non ti correggi subito. Per fortuna sono riuscito a riprendere le redini della mia vita perché ho capito che non esiste il discorso di essere arrivati: il successo, pur enorme, di Mare fuori va di volta in volta riconfermato».
È vero che non ha mai giocato alla Playstation?
«Mai avuta. Da grande, a un certo punto, ho comprato la Switch perché ero stato da un amico e avevo provato Mario Kart. È durata una settimana: mi sono subito stufato. Preferisco studiare la fisica applicata alla filosofia».
Non proprio un hobby comune...
«Dire che mi sento una mosca bianca è poco. Mi sento costantemente inadatto e fuori luogo quando ho a che fare con quei miei coetanei che stanno su TikTok e vivono in un mondo di serate vuoto. Probabilmente quando a una certa età si guarderanno indietro, non sarà un bel vedere. Però non mi piace quando gli adulti generalizzano. Anche nel mio ambiente, c’è sempre un volpone che denigra “i giovani che non capiscono nulla”, o fa distinguo tra cinema e tv: ai miei occhi non sono più dei maestri ma solo degli egocentrici rancorosi».
Sul set le truccatrici provano spesso a coprirle le borse sotto agli occhi: anche gli uomini combattono contro un modello di bellezza?
«Più che di estetica, è un discorso di battaglia per la verità: fare l’attore non è fare il modello ma riproporre nel modo migliore possibile un altro essere umano. Questo vuol dire che non puoi avere sempre i vestiti “fittati” o lo sguardo riposato. La vita è un’altra cosa e io combatto contro la cancellazione della verità. Purtroppo sta prendendo piede la tendenza di rendere tutto sempre glamour, il che non ha senso».
La rivederemo in Mare fuori?
«No. Accettai di recitare nei flashback perché mi sembrava un bel modo di salutare i fan, ma direi che ci siamo ormai abbondantemente salutati. L’arco di Ciro si è esaurito, è giusto fermarsi. Sarò però per sempre grato alla serie a cui auguro tanta fortuna».
Mare fuori è stato anche un musical e a breve diventerà un film: un po’ troppo?
«Come in tutte le cose, less is more...»