ilfattoquotidiano.it, 11 luglio 2025
“Ho scritto ‘L’estate sta finendo’ a 20 anni, ero vergine, malinconico a avevo paura di tutto. Il sogno della mia vita? Non fare un ca**o”: parla Johnson Righeira
“L’estate sta finendo e un anno se ne va, sto diventando grande lo sai che non mi va”. È l’incipit di uno dei tormentoni estivi di grande successo della storia della musica italiana, “L’estate sta finendo” dei Righeira. Uscito nel 1985 ha conquistato subito la vetta della classifica e ha anche vinto l’edizione di quell’anno del “Festivalbar“. Sono passati 40 anni, ma la canzone è rimasta nella memoria collettiva. Per festeggiare la ricorrenza Johnson Righeira ha pubblicato “Chi troppo lavora (non fa l’amore)”. Scritto e prodotto insieme ad Albi e Carota de Lo Stato Sociale, Edo Castroni e lo stesso Righeira. Abbiamo incontrato l’artista.
La premessa è che il titolo non ha nulla a che vedere con l’evergreen di Adriano Celentano: “Chi non lavora non fa l’amore”: “Il titolo è semplicemente un gioco di parole. In realtà la canzone è ispirata al più grande sogno della mia vita, quella di non fare un cazzo, e quindi è un po’ la canzone che celebra quello che ritengo essere fosse il raggiungimento, cioè la realizzazione di questo sogno. Sono riuscito, in fondo, a non lavorare per tutta la vita o meglio, a fare un lavoro che per me non è un lavoro… Per cui è come non lavorare. Il brano di Celentano è figlio del suo tempo, era un periodo di lotte operai e di scioperi. Il mio è un invito a lavorare meno, ma lavorare tutti, guadagnare il giusto e avere più tempo, più tempo libero per fare tante cose e anche soprattutto l’amore”.
Il segreto del successo di “L’estate sta finendo” dopo 40 anni?
Se sapessi il segreto per fare delle canzoni che hanno un così un successo sia quando escono, ma un successo che si prolunga addirittura per più di quarant ‘anni successivi. Se io sapessi come si fa, non dico che ne farei una all ‘anno, ma ne farei una ogni due o tre anni. Il segreto non c’è, non lo so, almeno io non lo so qual è.
Ricordi quando è nata questa canzone?
È una canzone scritta da me, poi è stata ampliata. Io ho scritto tutta la parte in cui si parla dell”estate sta finendo, l’anno se ne va’. Il vero ritornello in questa canzone sono le strofe. Io mi ricordo quando la scrissi, mi ispiravo molto agli Anni 60, con il giro armonico di quegli anni.
Com’eri in quegli anni?
Non avevo ancora vent ‘anni, non avevo mai fatto l’amore per stare nel tema con il pezzo attuale ed ero molto malinconico. Posso sembrare un cialtrone, ma sono anche molto malinconico e questa canzone esprime proprio quella mia parte, quella mia anima. Avevo vent’anni, avevo paura di crescere, paura delle responsabilità, poi andavo ancora a scuola perché ero ripetente. E quindi la fine dell’estate, era un po’ la fine del periodo di libertà era l’inizio di un nuovo anno, un nuovo anno scolastico… Pur non avendo mai avuto una storia d’amore, mi immaginavo una che finiva male. Diciamo che sono partito col piede sbagliato, infatti sono single…
C’è una frase della canzone che ti ricorda un momento preciso?
“È tempo che i gabbiani arrivino in città”. Mi ricordo proprio il giorno che ho preso il tram da casa mia per andare in centro a Torino. Sono passato sul ponte della Dora Riparia, che è un torrente che attraversa un affluente del Po e attraversa la città. All’epoca i gabbiani non invadevano le città, come succede oggi a Roma. Sui fiumi volano tutto l’anno. Quell’immagine mi ha ispirato quel verso.
Perché sembra esserci la crisi dei tormentoni quest’anno?
È il motivo per chi sono tornato in pista, perché ho detto qua, ragazzi (ride; ndr). Questi fanno i tormentoni con gli algoritmi. Così mi sono detto ‘facciamo una canzone, uniamo le forze’, per questo ho unito i giovani Albi e Carota de Lo Stato Sociale ed Edo Castroni. Torniamo a fare i tormentoni come dio comanda, sempre se magari ci trasmettono anche le radio… Ma è un pezzo che piace e piacerà alla gente.
Il problema è che escono “canzoni estive” tutto l’anno, come ha detto Linus?
Diciamo che sì, c’è una certa artificialità, si fanno canzoni anche con meno attenzione…La soglia di attenzione è diminuita con la velocità con si affronta la quotidianità, con i telefonini, i social. Dopo un minuto la gente non c’è già più. Una volta uno si comprava il disco e se lo ascoltava dieci volte di fila e lo rimetteva più volte appena finiva. Bisogna tornare a un uso della musica più spontaneo. Bisogna esprimere delle cose con le canzoni, anche le canzoni pop… Le canzoni ‘leggere’ esprimono comunque dei sentimenti.