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 2025  luglio 11 Venerdì calendario

Scontro Francia-Germania sul caccia SCAF: perché il progetto è a rischio

L’odissea dello SCAF, il programma per un caccia di sesta generazione di Francia, Germania e Spagna, vede aggiungersi un ulteriore capitolo, rendendo il “ritorno a Itaca” (in questo caso la costruzione dei primi esemplari) sempre più lontano.
Lo SCAF, acronimo di Système de Combat Aérien du Futur, è uno dei due progetti europei per un velivolo di nuova generazione che seguirà l’architettura “sistema di sistemi”, ovvero dovrà essere capace di gestire e anche operare diversi sistemi presenti sul campo di battaglia, compreso un nuovo drone da combattimento da affiancare al caccia vero e proprio. Concorrente del GCAP (Global Combat Air Programme) nato da un’iniziativa italo-anglo-nipponica, rispetto a quest’ultimo gode di cattiva salute: la francese Dassault Aviation e la tedesca Airbus, non riescono a raggiungere l’accordo sulla spartizione del lavoro, coi francesi che avanzano richieste sempre più pressanti per ottenere la maggior parte del carico di lavoro.
Secondo quanto riportato da Defense News, queste sempre più marcate richieste di Dassault stanno creando nuovi dissidi nel programma franco-tedesco-spagnolo. La prospettiva di aumentare la responsabilità di Dassault per alcune parti del programma all’80% rispetto ad Airbus rischia di aprire nuove ferite in un programma sostenuto principalmente dalla volontà politica di Sébastien Lecornu e Boris Pistorius, rispettivamente ministri della Difesa francese e tedesco. Le notizie su una formale ridistribuzione della partecipazione per quanto riguarda la costruzione del caccia vero e proprio sono emerse per la prima volta domenica scorsa sulla rivista tedesca Hartpunkt, seguite da un articolo di Reuters lunedì.

Il programma, come accennato, ha diversi progetti, e la Francia aveva ritagliato per sé una responsabilità generale al 50%, ma ora l’Amministratore Delegato di Dassault, Eric Trappier, ha chiarito esplicitamente di non essere disposto a cedere alcuna autorità ad Airbus, affermando che l’esperienza francese nel settore degli aerei da caccia non debba essere messa in discussione per questioni legate alla sicurezza nazionale. Dall’altro lato, la tedesca Airbus è desiderosa di ampliare le sue capacità sui velivoli da caccia, e in Germania c’è chi pensa sia inammissibile cedere ai diktat francesi per quanto riguarda la spartizione del lavoro, arrivando a proporre l’abbandono del progetto per procedere autonomamente, o più realisticamente, entrare nel programma GCAP.
Lunedì, un portavoce del Ministero della Difesa tedesco ha fatto riferimento a un accordo governativo esistente che aveva raggiunto un equilibrio tra le quote di Airbus e Dassault, suggerendo che non vi fosse stato alcun intervento ufficiale da parte di Parigi per smuovere la situazione. Nella giornata di ieri, però, la Direzione Generale degli Armamenti francese (Dga) ha proposto ai partner tedeschi e spagnoli di “ripensare” la ripartizione dei lavori al fine di rispettare un programma che prevede l’entrata in servizio del caccia a partire dal 2040. “La Francia, in qualità di nazione guida del programma, propone al suo governo e ai partner industriali di trarre insegnamento dai primi anni di cooperazione per continuare a garantire il rispetto del programma e il successo del progetto”, ha affermato la Dga, aggiungendo che “il principio e i dettagli di questa nuova cooperazione sono attualmente in fase di discussione con i partner”. Tuttavia, i colloqui in corso “porteranno a una rielaborazione della divisione del lavoro tra ciascun attore industriale”, ha proseguito l’agenzia francese, precisando che “la quota di lavoro di ciascun attore non è scontata, ma sarà il risultato delle discussioni tra i partner”. In altre parole: addio equa ripartizione del lavoro, almeno per quanto riguarda la costruzione della cellula dell’aereo.

Sebbene il velivolo debba essere pronto entro il 2040, Dassault ha ripetutamente affermato che i ritardi subiti rendono più probabile il 2045 per l’ingresso in servizio del caccia, e la Dga ha precedentemente affermato di prevedere che la fase 2 del programma comincerà all’inizio del 2026. Questo significa che, quando saranno pronti i primi esemplari di preserie, lo SCAF corre il serio rischio di essere un aereo già obsolescente considerata la rapidità dei progressi nel settore aerospaziale.
La Francia ha anche fretta di trovare un sostituto di nuova generazione per la missione nucleare del Rafale, sebbene proprio Dassault stia mettendo in cantiere la versione F5, che dovrebbe mantenere attiva la linea caccia dell’Armée de l’Air e de l’Espace per i prossimi decenni, ovvero dal 2030 in avanti. Parigi ha anche bisogno di un nuovo caccia imbarcato – per la sua nuova portaerei – e infatti prevede di avere una variante dello SCAF adatta all’utilizzo su portaerei (che la Germania non ha).
Berlino sarà davvero disposta a condividere la spesa per uno strumento che non potrà utilizzare? Questa vicenda, oltre a confermare la poca flessibilità della Francia in campo aeronautico, dimostra anche come la mancanza di un velivolo di quinta generazione nelle proprie aeronautiche ponga certi Paesi in seria difficoltà per lo sviluppo della generazione successiva: saltando una generazione, i tempi per avere in servizio quella successiva non possono allungarsi troppo.