il Fatto Quotidiano, 10 luglio 2025
Giustizia e Pnrr, Nordio richiama i pensionati per evitare la bocciatura Ue
Richiamare in servizio i magistrati in pensione, far lavorare i tirocinanti anche nelle Corti d’Appello, “prestare” i giudici dei tribunali virtuosi a quelli più in difficoltà per smaltire il lavoro a distanza. Sono alcune delle strategie allo studio del governo per tentare di raggiungere un traguardo che ormai appare impossibile: abbattere del 40% la durata media dei processi civili entro il 30 giugno 2026, portandola da sette a quattro anni circa, come prevede l’impegno assunto dall’Italia con il Pnrr. In questo senso gli ultimi numeri diffusi dal ministero della Giustizia sono sconfortanti: al 31 dicembre 2024 i tempi complessivi dei giudizi erano calati solo del 20,1% rispetto al 2019, cioè la metà esatta del target, e nel corso dell’ultimo anno la riduzione è stata appena del 2,7% (in primo grado la durata è addirittura tornata a crescere). Di questo passo quindi l’impegno non sarà sicuramente rispettato, col rischio di perdere vari miliardi di finanziamenti concessi dall’Unione europea.
Da settimane il tema è al centro del tavolo permanente tra il ministero di Carlo Nordio, rappresentato dalla potente capo gabinetto Giusi Bartolozzi, e una delegazione del Consiglio superiore della magistratura, guidata dal consigliere togato Marco Bisogni (presidente della Settima Commissione competente sull’organizzazione giudiziaria). Governo e toghe hanno trovato l’intesa su una serie di interventi d’emergenza, riportati in una proposta di delibera che sarà discussa e approvata nella prossima seduta del Csm, mercoledì 16 luglio. La bozza del documento inizia con un richiamo alla politica per aver preso impegni sproporzionati con l’Europa senza fornire i mezzi per rispettarli: “Mentre si ponevano obiettivi più che ambiziosi alla magistratura circa la quantità di definizioni e la gestione degli arretrati, il numero complessivo dei magistrati è progressivamente diminuito, mentre il numero dei nuovi procedimenti aumentava in un contesto di reiterate modifiche processuali”, si legge.
Nonostante ciò, nell’ottica di “uno sforzo congiunto”, il Consiglio suggerisce una serie di “interventi urgenti e straordinari, del tutto eccezionali”, per arrivare in extremis a una “riduzione decisiva” dei tempi dei processi. Alcuni sono di tipo strutturale, come la stabilizzazione degli addetti all’Ufficio per il processo, gli “assistenti giudici” assunti con contratti a termine, o l’introduzione di norme per sfalciare il contenzioso in materia tributaria, di immigrazione e di cittadinanza. In parallelo, però, si ipotizzano misure “di natura provvisoria ed emergenziale”, tra cui spiccano l’“utilizzo di magistrati in quiescenza”, cioè pensionati, e le “applicazioni a distanza” di giudici ai tribunali più oberati: strumenti estremi, “da concentrare solo sugli uffici nei quali il raggiungimento del target risulta critico”, si legge.
Sotto il primo aspetto, riassume la bozza, “dal 2020 a oggi ci sono state 916 cessazioni, di cui circa 880 per dimissioni e collocazioni a riposo per età. Di questi, circa 550 magistrati erano stati assegnati al civile e potrebbero garantire un sostanziale apporto per lo smaltimento dell’arretrato”, suggerisce il Csm. L’applicazione da remoto, invece, potrebbe riguardare “fino a un massimo di 500” giudici, “provenienti da uffici privi di criticità”, nei quali resterebbero in servizio: per esempio, un giudice di Torino potrebbe scrivere un certo numero di sentenze a distanza per il Tribunale di Foggia, nei processi che non richiedono discussione orale, dietro maggiorazione dello stipendio. Una sorta di “giustizia a cottimo” che fa già storcere il naso ad alcuni settori della magistratura. Tra le soluzioni provvisorie c’è anche quella di far svolgere ai neo-magistrati una parte del tirocinio nelle Corti d’Appello – particolarmente in difficoltà rispetto ai target – mentre di norma si effettua esclusivamente negli uffici di primo grado. Non solo: il governo potrebbe essere costretto a chiedere aiuto ai giudici dell’Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione, attaccato duramente da Nordio per il suo parere critico sul dl Sicurezza. Il Csm infatti ipotizza di applicare i suoi componenti (una quarantina di magistrati) alle Sezioni civili della suprema Corte, per rosicchiare un po’ di tempo anche nell’ultimo grado di giudizio.