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 2025  luglio 10 Giovedì calendario

Dal Carso ai social: guerra legale dei Cadorna. Condannato il leader d’Indipendenza veneta

Nella testa di bambino resiste questa canzoncina arrivata fino agli anni’70 dalle trincee della Grande Guerra. “Il general Cadorna ha scritto alla regina: se vuoi veder Trieste compra una cartolina...Bom, bom, bom al rombo dei cannon”.
Cadorna, in principio, era questo, una specie di filastrocca, rimasta in giro non si sa come. Poi il generalissimo ti è toccato studiarlo, dalle elementari all’università, con la sua strategia sull’Isonzo e sul Carso, con le “spallate” e il fuoco di fila delle mitragliatrici austriache, con le decimazioni del novembre 1916 e poi Caporetto. Tutto questo fino al Piave perché a quel punto Cadorna salta e arriva Diaz. Il resto è la vittoria mutilata. Se però Cadorna è ancora una stazione della metropolitana di Milano chi siamo noi per giudicarlo? Noi sia mai: ai prossimi posteri la sentenza. Nessuno tocchi Cadorna. Tutto questo per sfuggire a qualsiasi ipotesi di decimazione giudiziaria. Il rischio infatti esiste. È successo all’ambientalista e pacifista Michele Boato (assolto). È andata un po’ peggio a Marco Mondini, professore associato di storia contemporanea all’Università di Padova, per un commento salace su Facebook, dove si ricordava una certa Virginia, “amante tardiva e tardona”. La battuta è costata 3.500 euro di risarcimento. È ancora in ballo la sorte di Anna Laura Remigi, sindaco di Specchia, responsabile di aver cancellato Cadorna, con una parata di insulti, per inventarsi una via Gino Strada. Al centro di queste e altre battaglie c’è il colonnello Carlo Cadorna, nipotissimo del Maresciallo d’Italia. L’erede è un professionista dell’onore insidiato. La sua strategia è ferrea, spallata dopo spallata, mitraglia contro mitraglia, con una certezza indelebile: il nonno non si tocca. “Ogni viltà convien che qui sia morta”.

La vittoria più roboante e fragorosa è, addirittura, quella contro un leader di partito. Michele Favero, segretario di Indipendenza Veneta, in effetti sta passando i guai, economici. I conti con la giustizia gli stanno facendo perdere la casa. Tutto comincia quattro anni fa, quando Favero scrive una manciata di post, si va dal porco al macellaio, contro il generalissimo. Il nipote querela. Il tribunale di Padova condanna Favero a un risarcimento di 10mila euro e a rimuovere tutte gli insulti e viene stabilita una sanzione di 50 euro al giorno se i post non verranno rimossi. Favero, che comunque è ancora un po’ incacchiato per il prozio Felice mandato al macello sull’Isonzo, va a rimozione lenta e accumula multe su multe. Per il giudici i giudizi, violenti, di Favero sono una “gratuita manifestazione di sentimenti ostili che prescinde dalla verità dei fatti storici”. Qui si apre un dibattito sui morti più o meno famosi. Si possono insultare? Si può dare del “maiale” a Mussolini, Franco, Mao, Stalin, Hitler, Tito? Dipende dai nipoti.
Cadorna, sicuramente, non è un dittatore e Michele Favero è un segretario di un partito troppo piccolo per fare rumore. Forse in questo tempo confuso ci si perde nelle parole sbagliate. Una volta non era cosi. “Dallo Stelvio al mare ognuno ha compreso che il nemico non deve passare”. Firmato Armando Diaz.