Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2025  luglio 09 Mercoledì calendario

«L’infedeltà in tv? È solo una scusa per parlare di amore e sentimenti. Oggi le donne si sono emancipate e tradiscono come gli uomini»

«Temptation Island». Il format è semplice e diabolico: il programma separa sette coppie di fidanzati e li mette in una confortevole gabbia (un resort) con un gruppo di single per vedere se il loro amore è a prova di falò. Le tentazioni vanno di pari passo con gli ascolti, che sono una garanzia: la prima puntata è stata vista da 3 milioni e mezzo di spettatori con il 27,8% (miglior esordio in share di sempre), a dimostrazione che i reality possono funzionare a patto di saperli fare.
Raffaella Mennoia è il discreto e defilato braccio destro di Maria De Filippi. È una delle artefici dei successi delle sue trasmissioni, a diverso titolo nel tempo dietro a Uomini e donne, Amici e C’è posta per te. Di Temptation Island (in onda ogni giovedì su Canale 5 in prima serata) è curatrice.
Detto in modo brutale: è istigazione alle corna?
«Ma no! Temptation in realtà è un programma sull’amore, è un programma sulla verità, che poi spesso sono due aspetti che coincidono. Poi, ovvio, magari chi guarda il programma si aspetta di vedere se c’è un tradimento, ma non è un programma sul tradimento, piuttosto nell’attesa del tradimento. Vive in quel limbo e racconta veramente il punto debole di tutti noi: l’amore».
Detto in termini televisivi: il vostro intento qual è?
«Quello di verificare la solidità di una coppia, chi partecipa lo fa con questo proposito: vuole mettere in luce i problemi e le dinamiche all’interno della propria relazione».
Come spiega il segreto di un successo così continuo?
«Credo che sia un programma che il pubblico segue perché si immedesima in quello che succede. In Temptation Island non sono solo le coppie a mettersi alla prova, ma in realtà anche chi guarda il programma da casa: tutti si interrogano su come si comporterebbero in determinate situazioni. Il segreto è che non guardi solamente loro, guardi anche alla tua, di coppia».
Come fa a distinguere chi vuole partecipare spinto da «buone intenzioni» rispetto a chi magari lo fa per esibizionismo, per diventare famoso, per avere un po’ di più di 15 minuti di celebrità?
«I casting partono già da fine febbraio, abbiamo più di tre mesi per capire chi fa il furbo. Ora ho 30 anni di esperienza alle spalle e certe cose le capisci al primo colpo d’occhio. Ti accorgi facilmente di chi viene per motivi diversi da quelli che sono nella natura del programma. Non mi è mai successo in una narrazione di pensare: “Ma questo è fake”».
Non c’è niente di romanzato?
«Niente, tutto vero e autentico. Le coppie devono passare quattro provini, incrociamo i racconti, parliamo con loro separatamente, abbiamo bisogno di prove, di foto, di messaggi».
È un format internazionale, ma nella declinazione italiana – a differenza di altri Paesi – tagliate le situazioni più esplicite. Perché questa precisa scelta autoriale?
«Il tradimento in fondo è una fragilità emozionale, non è necessario mettere per forza in scena la rottura di un legame. Non puntiamo alla ricerca di una spettacolarizzazione voyeuristica, ci sono delle situazioni che non mostriamo, chi vuole capire capisce: non c’è bisogno di calcare la mano, di indugiare su determinati gesti, non serve il dettaglio».
In 13 edizioni quante coppie sono scoppiate?
«Solitamente facciamo partecipare sei o sette coppie, due o tre facilmente saltano».
Una bella media. Cede più lei o lui?
«Nel corso degli anni la situazione è davvero cambiata. Prima era spesso una questione maschile, oggi anche il tradimento femminile è cresciuto».
In attesa della parità salariale, è un passo avanti... Invece i tentatori da quali motivazioni sono spinti a partecipare?
«Non mi piace chiamarli tentatori perché gli dà una connotazione negativa. Non cerchiamo gente che non vede l’ora di saltare addosso a un fidanzato o una fidanzata. In realtà il tentatore è un single o una single che non ha nulla da perdere, che è lì anche per capire se si creano delle dinamiche con la persona che ascoltano. È successo che si siano accese delle intese che si sono concretizzate, anche al di fuori del programma, a dimostrazione che quello che succede è reale, non determinato dalla durata del reality».
C’è chi pensa che mettere in piazza i sentimenti non sia elegante.
«Non mettiamo in scena il cattivo gusto, ma proviamo a raccontare quello che succede realmente nelle coppie. Chiamare trash quello che mette a disagio è una scorciatoia, perché la verità non è mai trash. Se poi qualcuno si sente superiore il problema non può essere più del programma, ma dello specchio in cui ci si riflette».
Filippo Bisciglia è un conduttore solo per voi, «Temptation» è il suo unico programma. Perché lo avete scelto fin da subito?
«Serve una persona che ascolti e raccolga le emozioni delle coppie. Non ci deve essere, guai fosse, un giudizio o la difesa delle parti di qualcuno».
Meglio le persone comuni delle celebrità? Tra l’altro costano pure meno...
Sorride. «Ne sono convinta: le persone comuni sono più spontanee. Il vip invece guarda sempre dov’è la telecamera».
Lei si fece notare nel 1996, quando «Amici» era ancora un talk.
«Avevo accompagnato un’amica e feci un intervento che colpì uno degli autori, così tornai anche nelle puntate successive. Poi con una certa faccia tosta chiesi di poter lavorare con loro: mi sono appassionata ed eccoci qua 30 anni dopo».
Ha fatto anche la postina a «C’è posta per te».
«Giuro che è capitato per caso. Una ragazza, dalla sera alla mattina, ci disse che non avrebbe più potuto lavorare per noi. E così da un giorno all’altro mi hanno messo la sua divisa. Il lavoro che io preferisco fare è il casting, una volta consegnata la lettera – non proprio un compito insormontabile – avevo la possibilità di entrare in casa delle persone di C’è posta per te e poter fare quello che più mi piace: parlare con loro, ascoltare i loro racconti».
Ha definito Maria De Filippi «il filo conduttore» della sua vita.
«Maria è il filo conduttore di parecchie vite, di gente che magari oggi se lo è dimenticato. Io no di certo».
Qual è la prima qualità che la colpisce?
«L’onestà. È una persona onesta, Maria, anche fuori dalle telecamere. E poi è metodica, costante, intransigente, severa, ma con la giusta misura».
C’è qualcosa su cui vi scontrate?
«Lavorare con lei è molto faticoso: lavoriamo tantissime ore, per questo ogni tanto qualcuno decide di smettere. Ma siamo tutti convinti che questa sia la via più giusta per fare programmi che funzionano».
Come si concilia questo stacanovismo con la vita privata?
«Fai una gran fatica, questa è la verità. Poi mi sono pure complicata la vita da sola con un compagno (Alessio Sakara, un campione di arti marziali, ndr) che da tre anni vive in America, viaggio avanti e indietro in continuazione».
A «Temptation Island» con lui ci andrebbe?
«Certo, ho parecchie cosette che vorrei capire, ma non so se lui ci verrebbe».
Bisogna essere cinici per fare televisione?
«No, bisogna essere realisti. E bisogna stare attenti a quello che viene detto. Io ascolto molto, me lo hanno insegnato fin da piccola e me lo sono ritrovato come un vantaggio anche nella vita. A casa mia prima dovevi ascoltare, dopodiché potevi parlare, una sana abitudine che si pratica sempre meno nella società di oggi. Con Maria ci siamo trovate subito in sintonia perché in questo anche lei è così: è una persona che sa ascoltare. Il problema, non solo ovviamente dei programmi televisivi, è l’ascolto: nessuno ascolta più, non c’è più empatia».
Ha definito «Temptation Island» un programma sull’amore, ma lei quanto è romantica?
«Zero».