La Stampa, 9 luglio 2025
Pamplona Far West, il rito selvaggio della corsa dei tori
Hemingway era un tipo duro. Non gli piaceva affatto stare in casa a bere il tè ogni pomeriggio. Cercava emozioni forti. Conformemente a quella sua inclinazione, viaggiò e si buttò anima e corpo in situazioni e luoghi rischiosi. Se diamo un’occhiata a quella parte della sua biografia, lo troviamo in Spagna durante la Guerra civile, in Italia in piena Seconda guerra mondiale, a partecipare a pericolosi safari in Africa e a battute di pesca d’altura a Cuba. Si mise tranquillo solo in Francia, a bere pastis in compagnia degli intellettuali più illustri. Ci fu anche una tradizione spagnola per la quale sviluppò una dipendenza: i “sanfermines” di Pamplona, dove tornò più e più volte.
Sapete perfettamente in che cosa consistono queste feste di Pamplona: iniziano con “el chupinazo”, un razzo lanciato dal municipio che dà il via a nove giorni di baldoria ininterrotta. Le persone si vestono di bianco, con un fazzoletto rosso al collo, ballano saltando per le strade e cantano (non è necessaria nessuna armonia) gridando i ritornelli che saltano loro in mente. Ah, e ovviamente, bevono a più non posso! E, quando dico bere, non mi riferisco a versare il vino in un bicchiere e a degustarlo, ma a tracannarlo a sorsate direttamente dalla bottiglia, sempre in mezzo alla strada. La strada è il vero palcoscenico dove si vive durante quei giorni, a volte senza dormire, o dormendo male per una parte della notte calda. Sopra una panchina pubblica.
Niente di quello che ho appena detto avrebbe attratto sufficientemente il grande scrittore americano tanto da adorare queste feste, nemmeno il vino, dato che non aveva bisogno di tanto armamentario per alzare il gomito a proprio gusto e piacere. No, per lui e per tutti i partecipanti, l’attrazione principale sono “los encierros”. Ogni mattina alle otto in punto i tori da combattimento, che saranno affrontati nel pomeriggio, vengono liberati nella calle Estafeta (incredibilmente stretta), guidati dai buoi, animali mansueti addestrati che conoscono il percorso e “fanno branco”. Davanti, dietro, di lato o tra gli animali corrono “los mozos”, sempre ragazzi giovani, chiaro. Grida, spintoni, cadute in gruppo o individuali, uscite dalle staccionate per evitare in sostanza le corna (impressionanti), gli impilaggi di ragazzi e... alcuni incidenti. Pochi, in realtà, sono più frequenti le contusioni delle ferite da corna.
Bisogna concentrarsi sui tori da combattimento per giudicare questa tradizione con altri occhi. Quei poveretti non si rendono conto di nulla. Guardano ingenuamente a destra e a sinistra, si stupiscono della folla, si fermano, seguono i manzi, sono sconcertati. La destinazione finale di questa corsa pazza è l’arena. Arrivano là e osservano le gradinate affollate di pubblico che urla, trottano allegramente, muggiscono. Nessuna di queste bestie sa che, in quello stesso luogo, poche ore dopo, l’aspetta una morte lenta e sicura. Non ci sarà il branco al suo fianco, sarà sola davanti a un torero che la provoca e le conficca banderillas (il primo sangue che scorre giù per il suo dorso possente), un picador a cavallo che affonderà una tremenda asta appuntita nel suo corpo, e di nuovo il gioco con il torero, un gioco in cui, qualsiasi cosa succeda, l’animale perderà. Portare un condannato innocente e ignaro a visitare il luogo del suo calvario prima che succeda e, in più, tra corse allegre e riti festanti, mi pare una crudeltà infinita.
Le tradizioni antiche che comportano la sofferenza di esseri vivi dovrebbero essere abolite. Sono anacronistiche, assurde, selvagge e non hanno nulla a che vedere con le persone teoricamente civilizzate. Negli ultimi anni, la presenza della polizia nei “sanfermines” è sconcertante. Il caso della ragazza violentata da un gruppo di giovani il 7 luglio del 2016 (La Manada) fece scattare l’allarme sugli abusi sessuali che vengono commessi ogni anno a Pamplona. Ci sono anche coma etilici, arresti per risse... È ovvio che le tradizioni non migliorano, anzi, degenerano. È indispensabile torturare e uccidere dei tori per divertimento? E se, come Hemingway, abbiamo bisogno di emozioni sempre più forti? Lui risolse con un’emozione unica e definitiva: si sparò un colpo in bocca con un fucile da caccia. Fu un’azione volontaria e privata, non ha dovuto correre insieme a individui urlanti che, in più, puzzavano di sudore.
So che, dopo la pubblicazione di queste mie righe, posso essere dichiarata una persona “non grata” nella città di Pamplona, spero solo che l’esperienza di essere trattata come indesiderabile sia, almeno, un po’ emozionante, e che non mi neghino un buon vino a pranzo