ilfattoquotidiano.it, 9 luglio 2025
Ocse: “Dal 2021 in Italia salari reali giù del 7,5%”. Nessuno così male tra i Paesi sviluppati
L’Italia resta fanalino di coda tra le economie Ocse in termini di andamento dei salari reali. Secondo il rapporto Employment Outlook 2025 pubblicato oggi, nonostante un lieve recupero nell’ultimo anno i salari reali a inizio 2025 restavano inferiori del 7,5% rispetto al primo trimestre 2021. Nessun altro tra i grandi Paesi dell’area ha fatto peggio. A incidere è stata l’inflazione, che ha eroso il potere d’acquisto ben oltre quanto compensato dagli aumenti salariali ottenuti con il rinnovo di alcuni contratti collettivi. “In Italia il problema è piuttosto annoso”, ha ricordato Stéphane Carcillo, capo della divisione per il Lavoro dell’Ocse, “è legato a tassi molto lenti di crescita della produttività da almeno gli anni Novanta.
“Il rinnovo dei principali contratti collettivi ha portato ad aumenti salariali negoziati superiori alla norma”, osserva l’Ocse. Tuttavia, questi aumenti “non sono riusciti a compensare pienamente la perdita di potere d’acquisto”. A inizio 2025, circa un lavoratore su tre del settore privato risultava ancora coperto da un contratto collettivo scaduto, evidenzia inoltre l’organizzazione, segnalando peraltro un nuovo rallentamento nei rinnovi che si riflette anche sulle dinamiche salariali.
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Per quanto riguarda la produttività il problema è che le piccole e medie imprese che costituiscono gran parte del tessuto produttivo “hanno tendenza ad investire scarsamente nelle nuove tecnologie, per esempio. Questi aspetti della produttività devono davvero venire inclusi in ogni forma di riflessione” ed è “molto importante investire nell’apprendimento lungo il corso della vita e nei programmi educativi, perché la questione delle competenze dei lavoratori è fondamentale”.
Le stime per i prossimi anni non sono incoraggianti: l’Ocse prevede per l’Italia un aumento dei salari nominali del 2,6% nel 2025 e del 2,2% nel 2026, valori ben al di sotto della media Ocse. Tuttavia, grazie al rallentamento dell’inflazione (prevista al 2,2% nel 2025 e 1,8% nel 2026), i lavoratori italiani dovrebbero registrare modesti guadagni reali.
Il mercato del lavoro italiano, grande vanto del governo Meloni, intanto ha raggiunto livelli record di occupazione e minimi storici di disoccupazione e inattività, ma “il tasso di occupazione in Italia rimane significativamente inferiore alla media Ocse (62,9% rispetto al 70,4% nel primo trimestre del 2025)” e anche l’inattività è a livelli storicamente bassi ma elevati rispetto ad altri paesi. Ora poi “vi sono segni di rallentamento, con una decelerazione della crescita dell’occupazione e un ritorno delle difficoltà a trovare personale ai livelli pre-COVID-19 in molti Paesi”.
Duro l’affondo delle opposizioni, che accusano il governo Meloni di immobilismo e ideologismo. Secondo la capogruppo al Senato del Movimento 5 Stelle e vicepresidente di Palazzo Madama, Mariolina Castellone, “il rapporto smonta le bufale del Governo Meloni sui salari”. Castellone accusa l’esecutivo di non aver fatto nulla per contrastare la perdita di potere d’acquisto, “malgrado qualche aumento arrivato solo grazie al rinnovo dei contratti da parte di sindacati e imprese”. “La premier e i suoi continuano a dire che va tutto bene, che il salario minimo non serve ed è ‘roba da Paesi non democratici’. Una vera follia”, ha aggiunto, ricordando che in Senato è ferma da mesi una proposta di legge del M5S per introdurre un salario minimo legale.
Anche il Partito Democratico punta il dito contro Palazzo Chigi. “L’Ocse certifica che i salari reali non crescono in Italia e siamo fanalino di coda rispetto al resto dell’Europa”, dichiara Arturo Scotto, capogruppo Pd in Commissione Lavoro alla Camera. “Giorgia Meloni non può prendersela con chi c’era prima. Sono ormai tre anni che governa e non ha mosso un dito per rinnovare i contratti”. Scotto denuncia anche la gestione dei contratti del pubblico impiego, accusando il Governo di aver “spaccato il sindacato” e riconosciuto solo “un terzo dell’inflazione perduta”. La destra, conclude, “sta nei fatti programmando l’impoverimento di chi lavora e paga le tasse”.