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 2025  luglio 09 Mercoledì calendario

Per l’ex sindaco di Brindisi “pena a rate: 600 euro al mese. Finirà di pagare a 102 anni”

Ci sono le accuse di corruzione, i tempi biblici per arrivare a una decisione, la richiesta di uno sconto del 90% di quanto dovuto e un potere politico che ancora si riverbera. È una storia molto italiana quella di Giovanni Antonino, sindaco di Brindisi dal 1997 al 2003, quando venne travolto da un’inchiesta per tangenti. Era “padrone della vita politica e amministrativa”, dissero i giudici chiamati a pronunciarsi sulle mazzette ritenute il carburante di spezzoni della vita cittadina. Patteggiò 3 anni e sei mesi di carcere, finì coinvolto anche in altre indagini uscendone con un’altra pena concordata a 2 mesi e una prescrizione legata alla vicenda del rigassificatore British Gas.
Ma a distanza di 22 anni resta un conto da saldare. Nel 2011, la Corte dei Conti lo ha condannato a pagare 2,1 milioni di euro al Comune per danni patrimoniali, di immagine e di disservizio: 1,7 milioni per le tangenti incassate – un “tesoretto” mai scovato dalla procura – e il resto pari all’indennità che aveva percepito in qualità di sindaco. Solo in parte, negli scorsi anni, è stato coperto dalla vendita all’asta di alcuni immobili di sua proprietà. E con oneri accessori e spese, alla fine, deve ancora oltre 2,3 milioni euro a Comune e Agenzia delle Entrate. O forse è più corretto dire doveva, perché il credito resterà in buona parte virtuale: la cifra non è nelle disponibilità di Antonino, che per questo ha chiesto e ottenuto di comporre la “crisi da sovraindebitamento” facendo ricorso alla “ristrutturazione dei debiti del consumatore”.
L’ex sindaco – eletto con il centrodestra, poi autore di un ribaltone e confermato con il 72,4% dei voti – ora ha 67 anni e potrà pagare “solo” 252 mila euro, ma in 420 rate da 600 euro, ha stabilito il giudice del Tribunale di Brindisi, Antonio Ivan Natali. Finirà di saldare poco più del 10% di quanto realmente è stato condannato a pagare quando avrà 102 anni, a 57 anni dall’inizio della sua prima disavventura giudiziaria. Il tribunale ha dato il via libera avendo rilevato la “congruità” e la “coerenza” del piano “con le aspettative di vita del proponente” e con le “condizioni reddituali e patrimoniali”. Ed è andata bene, visto che la sua prima proposta prevedeva di versare appena 74.400 euro in rate da 310 euro.
Ma il giudice ha invitato Antonino a riformulare la proposta e ha poi dato il via libera ai 252 mila euro. Nonostante la Procura regionale della Corte dei Conti, chiamata in causa dal Comune di Brindisi che si era costituito in giudizio, avesse manifestato dubbi sulla procedura per ragioni di “meritevolezza” poiché il debito era scaturito da “illeciti penali ed erariali” figli di una “condotta palesemente dolosa”. Non solo: secondo la stessa Corte, molti anni fa, in previsione di una possibile condanna erariale, l’ex sindaco avrebbe anche tenuto una “condotta fraudolenta” riguardo le “risorse immobiliari”, donando alla moglie quelle di cui aveva il “possesso pro-quota”. Il giudice però non è stato dello stesso avviso e ha bollinato il piano ritenendo i 250 mila euro la massima cifra realisticamente incassabile.
La sentenza di omologa, come anticipato dal Quotidiano di Puglia, è stata appellata dall’Agenzia delle Entrate, mentre non l’ha ancora fatto il Comune di Brindisi guidato dal sindaco di centrodestra Giuseppe Marchionna, sostenuto anche dal Partito Repubblicano Italiano, che esprime due consiglieri. Il più votato e presidente dell’assise comunale è Gabriele Antonino, figlio dell’ex sindaco. “La vicenda ha una delicatezza politica – ammette il primo cittadino al Fatto – Ma posso assicurare di aver scoperto della sentenza (depositata il 28 maggio, ndr) solo oggi. Approfondiremo, poi decideremo se ricorrere”. I termini però sarebbero già scaduti. Restano le considerazioni che proprio il Comune ha esposto di fronte alla proposta da 74 mila euro fatta da Antonino: “L’accoglimento – scrivevano i legali – sancirebbe un indulto civile dei debiti erariali. Tale indulto verrebbe posto a carico della comunità, senza che si possa rinvenire una copertura costituzionale di tale scelta”.