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 2025  luglio 09 Mercoledì calendario

Il Viminale: stop risarcimenti ai parenti dei boss di mafia

Controlli a tappeto sui parenti dei mafiosi. Fino al quinto grado di parentela. Se necessario, attraverso verifiche incrociate dell’Inps sui conti correnti per assicurare che qualsiasi legame con i famigliari appartenenti ai clan sia stato reciso. In una circolare del Viminale inviata alle prefetture a fine giugno il governo introduce una stretta sui benefici alle vittime della mafia. Cioè i fondi elargiti dallo Stato ai famigliari di chi ha perso la vita per mano di un’associazione mafiosa. Ogni anno l’erario eroga decine di milioni di euro. Un’operazione che però presenta alcuni rischi non trascurabili. Fra questi, l’invio di denaro a parenti della vittima che hanno a loro volta, in famiglia, legami con esponenti dei clan. Contatti sporadici, o perfino vere e proprie affiliazioni tenute nascoste. Un decreto del governo Berlusconi nel 2008 aveva optato per il pugno duro: chiunque abbia un parente mafioso fino al quarto grado – un cugino, un lontano zio – non ha diritto a ricevere i fondi di solidarietà dello Stato. Una norma negli anni avversata da tante associazioni anti-mafia – in cima alla lista c’è Libera – convinte che rischi di arrecare un torto ingiusto a persone innocenti che hanno perso un parente stretto per mano della mafia e hanno deciso di recidere ogni legame con i famigliari affiliati e tuttavia negli anni si sono viste negare dallo Stato il sostegno finanziario per la loro perdita. Della questione si era occupata la Corte Costituzionale nel 2024. Di fatto dichiarando illegittimo, perché non proporzionale, il divieto di elargire fondi a chi abbia parenti fino al quarto grado appartenenti a un contesto mafioso. Nel decreto sicurezza appena approvato, però, il governo Meloni ha aggirato l’ostacolo di fatto riproponendo quel divieto. E ora la circolare del ministero di Matteo Piantedosi letta dal Messaggero stringe ancora di più le maglie. Scrive il Viminale ai prefetti: «La condizione di totale estraneità rispetto a rapporti ed ambienti delinquenziali necessita di una prova specifica, che non può ridursi a quella della incensuratezza risultante dal certificato del Casellario giudiziale e da quello dei Carichi pendenti». E questo perché serve «la certezza dell’assenza di frequentazioni di ambienti criminali ovvero di rapporti con ambiti delinquenziali». Ed ecco le nuove indicazioni alle prefetture e a tutte le Forze dell’Ordine. Ovvero provare, prima di dare il via libera ai fondi di risarcimento per le vittime della mafia, «sia la totale estraneità ad ambienti delinquenziali» sia «la definitiva interruzione di tutte le relazioni familiari e affettive e dei rapporti di interesse e sociali con il coniuge, convivente, parente o affine entro il quarto grado gravati da misure di prevenzione o con procedimenti penali/condanne per i delitti ostativi, sia la mancanza di attuali rapporti di concreta frequentazione con i medesimi soggetti». Insomma, via ai controlli a tappeto sui famigliari delle vittime per evitare – come è successo anche nel recente passato – di sostenere con fondi pubblici parenti solo apparentemente contriti per il lutto ma in realtà pienamente affiliati – o comunque non dissociati – a un contesto mafioso. Un paradosso. Tra le novità indicate dalla circolare del Viminale ai prefetti c’è la previsione di verifiche incrociate sui conti correnti. Anche e soprattutto dalle entrate e dalle uscite dei singoli soggetti attenzionati può emergere fra le righe un’associazione mafiosa. Il distacco da quegli ambienti dovrà «essere inequivocabilmente dimostrato» scrive il ministero, «anche tramite eventuali verifiche reddituali».