Avvenire, 9 luglio 2025
Orissa, i cristiani sono tornati in piazza: «Vogliamo fermare l’estremismo indù»
Qualcuno ha parlato di «evento storico», anche se ovviamente in proporzione ai numeri possibili per una comunità minoritaria come quella cristiana. Tuttavia la protesta dei giorni scorsi, che ha coinvolto migliaia di battezzati in manifestazioni di piazza in diverse località dello Stato orientale indiano dell’Orissa (incluso il capoluogo Bhubaneshwar), certifica con certezza la volontà di non farsi sopraffare davanti a una “offensiva” dell’estremismo indù che si avvale del supporto o del “silenzio-assenso” del governo locale guidato, come quello nazionale, dal filo-induista Bharatiya Janata Party. Atti discriminatori, e in diversi casi violenti, verificatisi nelle scorse settimane hanno riportato alla memoria i terribili giorni e le settimane del pogrom anti-cristiano, organizzato da gruppi religiosi con il supporto di politici e imprenditori interessati al controllo delle terre e delle risorse locali, che colpì il distretto di Kandhamal nell’agosto di 17 anni fa e la cui onda d’urto si diffuse in altre regioni dell’Orissa e dell’India nei mesi successivi. Il bilancio fu tragico: un centinaio i morti, un gran numero di abitazioni e chiese vennero incendiate o devastate. Oltre 50mila gli sfollati. Quest’anno, quella che per la Chiesa indiana e le varie altre denominazioni cristiane è diventata la Giornata della memoria per le vittime del Kandhamal, il 25 agosto, sarà più che in altre occasioni un momento non solo dedicato alla memoria ma anche di sollecitazione al Paese perché sviluppi pienamente gli anticorpi che la sua Costituzione, la sua tradizione religiosa e la sua storia hanno formato e per lungo tempo garantito quando gli interessi politici e economici non hanno strumentalizzato a loro favore identità e sensibilità religiosa.
Come indicato da Aravind Kachhap, attivista cristiano, per la prima volta una settimana fa «i cristiani si sono raccolti in numero tanto consistente e hanno bloccato una strada di grande comunicazione nella città-capoluogo».
«Il fluire abituale della vita locale è stato interrotto in molti centri urbani, mandando un chiaro messaggio che i cristiani non tollereranno altre aggressioni», ha confermato all’agenzia UcaNews padre Ajay Singh, attivo nei servizi sociali dell’arcidiocesi di Cuttack- Bhubaneshwar. Protagoniste sono state diverse organizzazioni che, in buona parte, sono nate dopo i fatti del 2008 come iniziative di autodifesa, davanti all’inerzia della politica e della polizia a tutelare diritti e sicurezza di una comunità, perlopiù di base etnica tribale e aborigena, che nello Stato conta meno del tre per cento della popolazione di 42 milioni ma è maggioritaria nel distretto di Kandhamal.
Iniziative di sostegno ma anche di attivismo nel rivendicare quanto la legge prevede per le minoranze religiose stanno guadagnando spazio e adesione e se – sottolinea un vescovo esponente delle Chiese della comunità cristiana di tutta l’India a cui partecipa anche la Chiesa cattolica – «prima le proteste erano locali, ora raccolgono a livello dello Stato cristiani che insieme combattono per i propri diritti».
L’adesione più massiccia, circa 5mila manifestanti, è stata quella del distretto di Malkangiri, dove il 21 giugno circa 400 individui organizzati hanno assalito la comunità cristiana di un villaggio provocando una trentina di feriti, alcuni gravi. Non un fatto isolato, se è vero che – come testimonia lo United Christian Forum che nella capitale indiana registra i casi di persecuzione anti-cristiana –, lo scorso anno in Orissa vi sono state almeno 40 aggressioni organizzate e negli ultimi sei mesi i casi documentati sono stati una sessantina.