Avvenire, 9 luglio 2025
La Francia per esempio: bon ton tutelato (quasi) per legge
Oltralpe, in termini di buon gusto nel vestire, il mondo politico non ha dimenticato un periodo segnato da una noncuranza sconfinata talora in aperta sciatteria.
Tanto da essere denunciata in commenti ed editoriali. Correvano gli anni delle affollate conferenze stampa all’Eliseo dell’ex presidente socialista François Hollande, fra il 2012 e il 2017. Degli appuntamenti che, nel Salone delle Feste del palazzo supremo, diedero luogo a frequenti cadute di gusto di non pochi invitati, soprattutto con l’arrivo delle prime giornate calde, fra calzature simili a sandali da spiaggia, T-shirt più indicate per lo struscio del sabato sera, camicie aperte al petto ben oltre i limiti abituali della decenza nei palazzi istituzionali.
Così, anche nella scia di questi scivoloni clamorosi, la stampa transalpina, all’arrivo delle giornate calde estive, non manca più di ricordare le regole in materia, scritte o sottintese, che andrebbero rispettate, anche in ufficio e in generale nel mondo professionale. Il Codice del lavoro francese non offre molti dettagli, ma autorizza il datore di lavoro a introdurre regole scritte giustificate dalle mansioni dei dipendenti e da considerazioni più generali, come immagine aziendale, igiene, sicurezza. Nel 2003, come ha ricordato La Croix, la Corte di Cassazione avallò il licenziamento di un dipendente che si ostinava a indossare dei bermuda poco consoni con le proprie mansioni. Ma in giorni di forte calura, delle considerazioni sanitarie possono giustificare un’applicazione più elastica pure dei regolamenti scritti.