il Fatto Quotidiano, 8 luglio 2025
“Non ci sono soldi”: Meloni si arrende su conti e ritardi Pnrr
Responsabilità. Niente mance e mancette, niente “bandierine”. Non c’è spazio per la pace fiscale che chiede la Lega di Matteo Salvini, né il taglio dell’Ires come invece propone il forzista Antonio Tajani. Gli spazi di manovra fiscale anche quest’anno sono strettissimi e i partiti di maggioranza non devono farsi ingolosire dalle elezioni regionali, né tantomeno dalle elezioni politiche che si avvicinano. Inoltre, i ministri, soprattutto alcuni, dovranno darsi una mossa sul rispetto degli obiettivi del Pnrr, ancora troppo indietro. Per poter arrivare nel 2026 a chiedere una proroga dei tempi.
È questo l’appello che la presidente del Consiglio Giorgia Meloni si prepara a fare da qui alle prossime settimane ai suoi ministri e vicepremier prima delle vacanze estive: la premier, secondo due fonti a conoscenza della questione, starebbe preparando una sorta di discorso da fare alla prima occasione a Salvini e Tajani, che ogni giorno continuano a litigare sui temi più identitari. Va bene lo Ius Scholae, ma quando si tratta dei conti dello Stato serve “responsabilità”, è la parola più ripetuta da Meloni.
L’occasione dovrebbe essere l’ultimo Consiglio dei ministri prima delle vacanze estive, che si terrà la prima settimana di agosto. Oppure non è escluso che i vicepremier vengano convocati nei prossimi giorni per una riunione ad hoc su questo tema, quando Salvini tornerà dal suo viaggio in Asia.
D’altronde a fine aprile il ministero dell’Economia ha già inviato una circolare a tutti i ministeri per indicare che quest’anno, per la prima volta, dovranno rispettare i parametri stringenti del nuovo patto di Stabilità e del taglio della spesa. Il principio è chiaro: per ogni uscita, dovrà essere indicata un’entrata. Avvisi che sono stati accolti con un certo malumore nei ministeri.
Un modo per preparare il terreno alla vigilia di un autunno complicato: Meloni sa che questa è la penultima legge di Bilancio del suo governo e inizia ad avere un sapore elettorale. Sia perché la sua maggioranza sarà in piena campagna per le Regionali, sia perché in autunno si inizierà a parlare delle elezioni politiche del 2027. Gli spazi di manovra, però, non ci sono e gli alleati dovranno accontentarsi delle briciole.
E quindi la premier è pronta a dire “no” alla proposta fiscale lanciata da Salvini per pagare fino a 120 rate i debiti tra il 2000 e il 2023 oltre alla flat tax da estendere a 100 mila euro; lo stesso farà con Tajani che ha già rilanciato l’estensione del taglio dell’Irpef fino al 33% per i redditi sotto i 60 mila euro annui. Due “bandierine” che costano e che il governo non può permettersi, integralmente.
L’altro capitolo spinoso è quello del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Nei giorni scorsi, prima il vicepresidente della Commissione europea Raffaele Fitto (Fratelli d’Italia) e poi lo stesso ministro degli Affari europei, Tommaso Foti, hanno chiuso la porta a una proroga oltre il termine stabilito del 31 agosto 2026. In realtà però, sembra una posizione tattica in chiave interna ed esterna: far andare spediti gli amministratori e i ministeri che sono ancora troppo indietro nella spesa e nella messa a terra dei fondi per poter chiedere una proroga. Il governo, però, mette comunque in conto che una buona parte dei fondi non spesi saranno comunque dirottati su altre forme di finanziamento non legate alla scadenza del 31 agosto prevista dal Recovery Fund, il piano ideato per uscire dalla pandemia da Covid-19.
D’altronde gli ultimi dati comunicati dal ministro degli Affari europei fanno capire che ancora molta strada deve essere fatta: solo il 48% dei progetti, cioè 135 mila, sono conclusi, un altro 25% (circa 10 mila) ce la faranno a raggiungere il traguardo nei tempi stabiliti, mentre 115 mila (circa il 40%) sono ancora in corso e non è detto che siano completati entro un anno. Anche per procedere in maniera più spedita e non dichiarare “fallito” l’obiettivo del Pnrr, Palazzo Chigi e il ministero dell’Economia nelle ultime settimane ha commissariato diversi ministeri per far sì che raggiungano gli obiettivi il prima possibile: è il caso della nuova unità di missione creata a Chigi per il Dipartimento dell’Innovazione digitale del meloniano Alessio Butti.