Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2025  luglio 08 Martedì calendario

La carica dei 1.300 per riprendersi il vitalizio

Ha candidato Giorgia Meloni al Nobel. Ma Italo Bocchino, centravanti di sfondamento dei meloniani d’Italia, ha l’occasione di andare definitivamente all’incasso. Sì, c’è pure lui nell’elenco dei 1311 ex di lusso che nel 2018 hanno fatto causa alla Camera per blindare il loro vitalizio. Nel suo caso la vicenda è assai complessa. Riguarda il ricalcolo imposto dalle nuove regole, per lui ulteriormente penalizzanti dopo l’altra onta: gli era stato negato di cominciare a prendere l’assegno nel 2013 ad appena 46 anni per le quattro legislature alle spalle, ossia 17 anni di mandato e un’anzianità contributiva complessiva di 20 anni, 2 mesi e 14 giorni, dei quali 3 anni e 4 mesi derivanti da riscatto.
Ma nell’esercito di ex deputati che attendono con ansia la maxi sentenza prevista in questa settimana dal collegio di appello di Montecitorio, presieduto da Ylenja Lucaselli di Fratelli d’Italia, c’è più di una conoscenza del partito di via della Scrofa oggi al governo della Nazione. Ecco l’ex ministro Mario Landolfi, condannato in via definitiva nel 2019 a due anni per corruzione (ma con la soddisfazione che era caduta l’aggravante mafiosa). Ma non è questo il punto: pure lui ha rivendicato il vitalizio facendo ricorso contro la Camera, dove ha trascorso un bel pezzo della sua vita politica durante il quale è stato ministro delle Comunicazioni con Berlusconi e pure presidente della Commissione di Vigilanza: ecco, proprio in questo ruolo incappò nel bigliettino fatale, la segnalazione di una “persona da piazzare” consegnata però nelle mani sbagliate. A scorrere l’elenco dei vitaliziati in attesa di “giustizia“anche Massimo Abbatangelo, deputato del Movimento Sociale Italiano dal 1979 e ricandidato al 1994 nonostante fosse stato da subito coinvolto nelle indagini sull’attentato del 23 dicembre 1984 al treno Rapido 904: finì assolto dall’accusa di strage (che provocò sedici morti e 267 feriti) ma venne condannato come fornitore dell’esplosivo: di qui la nomea del missino con la passione del tritolo, anche se a sentir lui “squadrista sì, ma terrorista mai”.
E poi ecco tra i ricorrenti anche Carmelo Briguglio, già deputato di Alleanza Nazionale che accompagnò insieme ad altri sodali (come Bocchino e Roberto Menia) Gianfranco Fini in quel disastro politico di Futuro e Libertà: ora è tornato a casa e fa il braccio destro di Nello Musumeci al ministero della Protezione civile. E ancora Gianni Alemanno, ora recluso a Rebibbia per aver violato i domiciliari. Ma tra i ricorrenti ci son pure l’ex direttore del Secolo, Gennaro Malgeri e l’erede del ministro dell’Armonia Pinuccio Tatarella, ossia l’uomo della destra al governo a cui Meloni&C. tutto devono: anche Angela Filipponio, vedova Tatarella, attende la sentenza sui vitalizi per quanto in regime di reversibilità.
Ma a pregare e a sperare nella sentenza di Montecitorio c’è tutto l’arco costituzionale e oltre: c’è l’ex sessantottino Mario Capanna e l’ex pornostar Cicciolina, al secolo Ilona Staller, portata in Parlamento da Pannella nella pattuglia radicale in cui anche altri hanno fatto ricorso per l’assegno: dal compianto Roberto Cicciomessere, apostolo dell’obiezione di coscienza contro la leva obbligatoria (si fece tre mesi in un carcere militare nel 1972) a Sergio D’Elia ex terrorista convertito sulla strada della nonviolenza. Eppoi antiche glorie del craxismo, come Fabrizio Cicchitto, Margherita Boniver e Claudio Martelli. E ancora l’ex magistrata Tiziana Maiolo e il giornalista Paolo Guzzanti convertiti sulla via di Arcore, come pure l’ex olimpionica Manuela Di Centa, portata in Parlamento da Berlusconi. Che alla fine aveva dato ospitalità pure a Francantonio Genovese del Pd, condannato in via definitiva a 6 anni e 8 mesi per associazione a delinquere, tentata estorsione, truffa aggravata e reati fiscali.
Nella battaglia per i vitalizi insomma c’è di tutto e di più, madamina, il catalogo è questo: dall’ex della Dc Giampiero Catone (che rimediò una condanna in primo grado a otto anni per associazione a delinquere finalizzata alla truffa aggravata, falso, false comunicazioni sociali e bancarotta fraudolenta pluriaggravata) a Michele Vietti, ora alla guida della finanziaria della Regione Piemonte e prima vicepresidente del Csm. A proposito di Csm, attende anche Isabella Bertolini, che dopo il Senato ora ha guadagnato una poltrona a Palazzo dei Marescialli. Idem Aldo Brancher, ex Fininvest passato a Forza Italia, che un bel giorno aveva rimediato una condanna a 2 anni per ricettazione e appropriazione indebita nel caso Antonveneta: gli era andata meglio nel 1993 quando da assistente di Fedele Confalonieri era stato arrestato dal pool di Milano con l’accusa di avere dato, in cambio di spot sulle reti Fininvest per la campagna ministeriale anti-Aids, 300 milioni di lire al Psi e 300 a Giovanni Marone, segretario dell’ex ministro della Sanità Francesco De Lorenzo: Brancher fu soprannominato “il compagno G” del gruppo Berlusconi, perché rimase tre mesi a San Vittore senza aprire bocca. Fu condannato in appello per falso in bilancio e finanziamento illecito, ma quella volta la Cassazione dichiarò la prescrizione per i soldi ai partiti mentre il falso in bilancio era stato depenalizzato dal governo Berlusconi. Ma ha fatto ricorso per il vitalizio anche un’altra vecchia conoscenza di Berlusconi, l’eterno aspirante suo delfino (senza quid) Angelino Alfano, anche se lasciata la politica non è che se la passi male: è finito a presiedere aziende che fatturano miliardi, come il Gruppo San Donato e il suo 730 ringrazia. E che dire di Giovanna Melandri? Deputata per anni e ministra con D’Alema, Amato e Prodi fino alla poltrona al Maxxi, lasciato solo nel 2022: nel 2025 l’abbiamo ritrovata candidata per un posto nella governance di Casagit (la mutua dei giornalisti), ma a sua insaputa, ha detto. A proposito. Nell’elenco dei vitaliziati in attesa di giudizio c’è pure Claudio Scajola, quello della casa vista Colosseo acquistata per 600 mila euro, quando poi il prezzo era stato un altro: il resto, all’insaputa dell’ex ministro, ce lo aveva messo il costruttore Anemone, coinvolto nelle inchieste sui lavori per il G8 della Maddalena. E non manca neppure un’altra celebrità come il Dc-FI Alfredo Vito passato alla storia come mister 100 mila preferenze, prima di conoscere la polvere delle inchieste napoletane. A proposito: tra i ricorrenti c’è pure l’ex ministra dell’Interno nonché sindaca di Napoli Rosa Russo Iervolino, e poteva mancare Antonio Bassolino? Giammai, e sì che oltre all’assegno della Camera percepisce pure il vitalizio della Regione di cui è stato governatore: solo questo gli ha fruttato nel 2024 la bellezza di oltre 97 mila euro. Ma tant’è.