Avvenire, 8 luglio 2025
La scalata «fantasma»: l’alpinista cinese che ha battuto la montagna e i divieti
Per un anno ha mantenuto il segreto temendo ritorsioni da parte delle autorità cinesi. Ora ha affidato il racconto della prima ascensione della parete ovest del Seerdengpu (5.592 metri), una muraglia di 850 metri nel parco nazionale di Siguniang, in Cina, al sito del Club alpino americano che ha così dato la notizia al mondo. Per tutelarsi ulteriormente, l’alpinista cinese ha scritto usando lo pseudonimo Ma Fang, che in italiano significa “Filatura del lino”. Tutte queste precauzioni si sono rese necessarie perché l’alpinista in questione non era in possesso dei permessi per scalare la montagna, che in precedenza era stata salita soltanto una volta, nel 2010, ma dal versante nord-est dagli americani Dylan Johnson e Chad Kellogg. Prima di loro, come riferisce il portale del Club alpino italiano Lo Scarpone, che ha rilanciato la notizia proveniente da oltreoceano, altre quattro cordate avevano tentato la parete nord. Quella del misterioso alpinista cinese è, dunque, la seconda salita assoluta della montagna, la prima dalla temuta parete ovest, che, in passato, ha respinto i tentativi di altre spedizioni.
Dovendo lavorare da solo, perché i portatori si rifiutavano di collaborare per paura di incorrere in sanzioni o peggio, Ma Fang si è finto turista, portando poco alla volta il materiale alla base della parete.
«Alla fine, ho trasportato un totale di 75 chili di equipaggiamento dalla strada nella valle di Shuangqiao al mio campo base a 4.500 metri», scrive Ma Fang sul portale dell’American alpine club.
Lo scalatore solitario comincia così la sua lotta con la montagna, che lo terrà impegnato per ben 27 giorni di permanenza ininterrotta in parete. Una volta raggiunta la cima, l’alpinista cinese ha anche dovuto fare i conti con la sfortuna. Pochi metri sotto la vetta, un grosso masso gli è caduto addosso fratturandogli un piede e costringendolo a una lunga e penosa discesa fino al campo base. Da dove, sempre di nascosto dalle autorità locali, si è recato in ospedale a Pechino. Ma Fang, che aveva già tentato di salire la parete ovest del Seerdengpu altre tre volte nel 2021, 2022 e 2023, ha chiamato la via “Wild child” (Ragazzo selvaggio). Un nome che assomiglia molto a un ultimo scherzetto alle inflessibili autorità cinesi. Che, anche per quanto riguarda l’alpinismo non scherzano affatto. L’esempio più eclatante è l’ambitissima parete nord dell’Everest, la più alta montagna della Terra (8.848 metri), che si trova in Tibet, regione annessa dalla Cina nel 1950. I permessi di salita sono concessi con il contagocce, tanto che nel 2019 furono appena 300, ufficialmente per meglio garantire la sicurezza degli alpinisti e tutelare il delicato ecosistema della montagna. Con la pandemia da Covid l’Everest dal versante cinese è rimasto chiuso per quattro anni, fino alla riapertura nella primavera del 2024. Ma con ulteriori misure restrittive a fronte di un vertiginoso aumento del costo dei permessi per la scalata. Che si aggira intorno ai 15.800 dollari a persona (escluse le guide sherpa), rispetto agli 11mila dollari del versante sud (nepalese). Per una spedizione completa si arriva a pagare anche 100mila dollari. Un vero e proprio business per le autorità locali.