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 2025  luglio 08 Martedì calendario

Pakistan, è libero dopo 23 anni cristiano accusato di blasfemia

Ci sono voluti 23 anni, trascorsi nel braccio della morte, perché al cattolico Anwar Kenneth fosse riconosciuta l’infermità mentale e fosse liberato. La sentenza della Corte suprema pachistana, il primo luglio, ha valutato come definitiva la perizia affidata a un collegio di esperti il 25 giugno e ha ordinato la liberazione. Oggi 72enne, Anwar Keneth era stato arrestato nel 2001 perché accusato di avere scritto e inviato messaggi ritenuti offensivi nei confronti del profeta Maometto e del Corano. Denunciato senza prove concrete e nonostante fosse chiara la condizione psichica, venne condannato a luglio 2002 da un tribunale della provincia del Punjab in base all’articolo 295-C del Codice penale pachistano che prevede l’impiccagione per chi «oltraggi il sacro nome» di Maometto. Inoltre gli venne imposta una pena pecuniaria di cinque milioni di rupie equivalenti allora a 18mila dollari Usa.
L’impegno di gruppi per la difesa dei diritti umani e delle minoranze hanno portato a due successivi appelli. Il primo nel 2014 all’Alta corte del Punjab a Lahore che, nonostante risultasse chiara l’infermità del condannato, ha confermato la condanna di prima istanza, il secondo quello accolto dalla Corte suprema che ha sottolineato come, secondo le leggi del Paese, nessuno possa essere ritenuto colpevole di crimini compiuti in condizioni di alterazione mentale La sentenza finale è stata preceduta di poco da un nuovo rapporto di Human Rights Watch che evidenza il brusco rialzo dei casi di blasfemia in Pakistan da 11 nel 2022 a almeno 475 nel 2024, in molti casi dovuti a accuse infondate diffuse sui social media.
Gli accusati con difficoltà possono difendersi per il rischio di ritorsioni violente quando rilasciati e anche chi ne prende apertamente le difese corre gravi rischi. Lo stesso avvocato difensore di Kenneth, un musulmano, ha ricevuto minacce. E ha chiarito come alla liberazione (attesa entro pochi giorni) la famiglia dell’ex detenuto «dovrà organizzare la sua protezione» per evitare la vendetta di estremisti che ritengono l’uccisione dei presunti blasfemi un dovere religioso.