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 2025  luglio 07 Lunedì calendario

Intervista a Donatella Rettore

Settant’anni, che effetto fa?
«Mi sembra una cifra così esagerata».
Come festeggia?
«Ogni 8 luglio di solito sto al telefono ore con il mio commercialista per la dichiarazione dei redditi. Questa volta però è cifra tonda, il commercialista lo sentirò il giorno dopo».

Donatella Rettore è un pezzo di storia della musica italiana, ha saputo mescolare immagine e contenuto, look provocatori e testi dissacranti, l’ironia sempre sullo sfondo. Salite e discese: il boom negli anni 80, il declino nei 90, la riscoperta che oggi la rende un fenomeno di culto.
Tre fratelli morti subito dopo il parto, lei fu accolta come una Madonna.
«L’unica sopravvissuta, la superstite, le aspettative su di me erano mostruose, dovevo essere il genio di casa. Io volevo fare il pompiere ma mia mamma voleva che studiassi per fare l’astronauta. Che poi con la mia testa ero già comunque tra le nuvole».
Il cobra nel destino: è il nome del complesso di ragazzini in cui entra a soli 10 anni.
«Grazie ai preti andavamo tutte le domeniche nelle parrocchie a suonare. Un’abitudine che si è persa, la Chiesa dovrebbe riorganizzarsi meglio, lo devo dire a Papa Leone, che pensi alla musica più che alla politica, perché la musica è cultura e pace».
A scuola?
«Ho fatto una maturità a dir poco splendida splendente. Sono uscita sul giornale: erano anni che nessuno si maturava a Treviso con 60 su 60».
Nel 1976 il singolo «Lailolà» fu snobbato in Italia, ma ebbe un grande successo in Germania.
«Sembravo pure una tedesca, lì andavo forte. Ero sovrappeso perché mi sfondavo di marron glacé e supplì, soffrivo di disturbi alimentari. Poi con il successo ho cominciato a volermi bene e ad avere fiducia in me stessa».

Nel 1980 arriva «Kobra».
«Franco Marino, un nostro amico cantautore, faceva sempre lo scemo, diceva: noi del sud siamo superdotati, il cobra di qua, il cobra di là. Mi ha dato lo spunto».

Si aspettava che sarebbe stato un successo così clamoroso?
«Chi l’avrebbe mai detto? Fu un pandemonio, anche a causa di una professoressa di lettere che scrisse che la mia canzone toglieva la purezza e l’ingenuità ai bambini. Il pezzo fu bloccato, prima messo sotto sequestro e poi autorizzato. Devo ringraziare quella professoressa, in realtà mi ha fatto un grandissimo favore».
Il testo di «Benvenuto» aveva allusioni sessuali esplicite, «benvenuto in gola e nel palato». Un’altra censura.
«Il video era stupendo, una bella ragazza dentro una vasca di polistirolo, quasi senza trucco, con tutti i capelli tirati indietro: sembravo la Deneuve. Sono impazziti tutti. Volevano prenderlo come sigla di Domenica In. Anche Baudo era tutto contento. Poi però ha chiesto di leggere il testo e mi ha bocciato: guardi, se metto questa canzone io perdo il posto. Così ha scelto i Matia Bazar».
«Dammi una lametta che mi taglio le vene» ironizzava su un certo melodramma che aleggia intorno alle storie d’amore. Lei però è legata a Claudio Rego dal 1977. Dunque non sembra che abbia sofferto così tanto per amore.
«No, ho sofferto anch’io, però prima di incontrare Claudio. Quando avevo 14 anni ero innamorata di questo ragazzo che aveva 15 anni più di me».
Oggi l’avrebbero arrestato...
«Suonava la chitarra e mi tradì con una mia amica molto più grande di me. Mi scrisse una canzone: La mia cerva bianca».

La cerva: le corna erano le sue.
«Sono tornata a casa, disperata, piangendo. Volevo farmi male, ho trovato una bottiglietta di grappa e sono andata in coma etilico».
Ha vissuto un decennio di successo luccicante, eppure...
«Sono sempre stata contestata, altro che lusingata o coccolata».
Uno sfizio materiale che si è tolta?
«Niente di che, io volevo comprarmi un gommone ma Claudio non me l’ha mai fatto prendere. Non me ne fregava niente della barca, io volevo il canotto a motore».


Con Claudio Rego fu amore a prima «svista».
«Al nostro primo incontro fu davvero maleducato. Disse: solo per il fatto di avere delle belle gambe pensi di saper cantare? I cori li facciamo noi che tu non sei capace. L’ho odiato subito, ho pensato: un gran cafone».

Lei faceva innamorare tutti.
«Sì, ho avuto tanti spasimanti, un tempo gli uomini erano meno spaventati di adesso. Erano comunque educati, ti facevano la corte, erano galanti, poi certo ogni tanto qualche sberlone partiva se mettevano le mani addosso».

Dopo gli anni d’oro ha vissuto un periodo di appannamento.
«Gli anni 90 sono stati duri, ho sofferto. Quando va male ti senti l’ultimo della classe».
Chi l’ha pugnalata alle spalle?
«Un mio produttore che mi ha fatto fare una scelta sbagliata per il suo tornaconto personale. Ho passato lunghi periodi di depressione e di attacchi di panico. Il mal di vivere è una brutta cosa, ma in tanti mi hanno aiutato: non è vero che il mondo dello spettacolo è cattivo».
L’età che passa?
«Più dell’età che passa mi fa girare le scatole la talassemia di cui soffro fin dalla nascita. Questa salute così precaria non mi ha mai aiutato, però ho sempre cercato di fregarmene».
Chi è la cantante più sopravvalutata?
«Giorgia. È sicuramente molto dotata, però di nuovo non ha portato niente. Lei è l’imitazione di Whitney Houston, nasce da lì. Bravissima, ma non originale».
E la più sottovalutata?
Ride: «Io».