ilgiornale.it, 7 luglio 2025
L’America party di Musk ha già i primi nomi, ma rischia di restare senza soldi
Detto, fatto. Il passaggio tra il sondaggio su X e la nascita del nuovo America Party è stato repentino. Eppure lo slancio di Elon Musk potrebbe fermarsi ben presto, perdendosi nel grande dedalo della burocrazia. E paradosso dei paradossi il problema principale potrebbe essere quello dei soldi. Ma andiamo con ordine.
Brett Kappel, consigliere legale e veterano di moltissime campagne elettorali, ha spiegato a Cbs News come si apra ora una corsa a ostacoli notevole per Mr. Tesla fatta di complesse leggi statali, regole di accesso ai seggi cervellotiche e soprattutto che richiedono tempi biblici per essere rispettate, e poi cause legali e ricorsi a pioggia.
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Il dedalo della burocrazia
Per capire quanto questo sia complesso serve una premessa: gli Stati Uniti sono un Paese federale e ogni Stato gode di un’ampia autonomia in materia di regolamenti elettorali. Questo vuol dire che le leggi su come si viene eletti cambiano di volta in volta e inevitabilmente i termini da rispettare per un nuovo partito sono potenzialmente una cinquantina. “I partiti politici sono una creatura degli Stati”, ha spiegato Kappel. Nello specifico ogni Stato della federazione ha regole su come un partito può correre alle elezioni. In alcuni, ad esempio, sono necessarie grandi quantità di firme per presentare un candidato e allo stesso tempo per sopravvivere il partito ha bisogno di una percentuale di voti nei vari cicli elettorali.
È il caso ad esempio della California. L’America Party per essere presente sulle schede elettorali dovrebbe o raccogliere le firme di 75 mila cittadini registrati alle liste elettorali o in alternativa oltre un milione di firme di residenti nello Stato. Ammesso che questo ostacolo venga superato, per sopravvivere il partito dovrebbe raccogliere almeno il 2% dei voti nella corsa statale.
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Superato lo scoglio nei singoli Stati c’è quello a livello federale. Ogni partito per ricevere un riconoscimento a livello nazionale deve passare da un parere consultivo della Commissione elettorale federale (FEC). Un percorso estenuante che potrebbe anche essere complicato da azioni legali intentate da Repubblicani arrabbiati per il tradimento del miliardario.
Un problema di soldi
C’è poi un problema finanziario notevole per la nuova formazione. Nonostante Musk abbia un patrimonio di oltre 400 miliardi di dollari e soprattutto abbia speso per la campagna elettorale di Trump qualcosa come 277 milioni, difficilmente potrà usarli per il suo America Party. Le leggi che regolano i finanziamenti ai partiti sono complesse e a tratti cervellotiche.
Sempre Kappel spiega che solitamente i nuovi partiti nascono come gruppi non profit e che questo li scherma dai controlli, perché non ci sono limiti in dollari per i finanziamenti. Il quadro cambia nel momento in cui il partito ottiene il riconoscimento nazionale da parte della Commissione elettorale federale. Musk ha presentato ieri la richiesta formale alla FEC, una mossa che cambia lo scenario perché una volta che il nuovo soggetto viene riconosciuto dalla commissione i donatori, incluso Musk, sono limitati sull’entità e volume dei soldi che possono donare.
Il piano di Musk col suo America Party
Secondo la tabella presente sul sito della FEC per il biennio 2025-2026 un singolo individuo può donare al massimo 10mila dollari l’anno per il comitato di un partito a livello statale, e massimo 44.300 dollari a livello nazionale. A questi si aggiungono 132.900 dollari per spese accessorie come l’organizzazione della convention, eventuali fondi per il riconteggio di voti o cause legali.
Ma se Musk ha donato a Trump quasi 300 milioni di dollari, come ha potuto farlo senza infrangere i limiti? Perché ha usato un super Pac, cioè un Political Action Committee, ovvero un comitato di azione politica. Si tratta di organismi onnipresenti. Quello che Musk ha usato nel 2024 si chiama America Pac. In base alle leggi del FEC, un Pac può fare donazioni illimitate sia a livello statale che nazionale. Il problema è che la legge stabilisce che almeno formalmente il Pac sia indipendente dal candidato o partito che sostiene.
Chi sale a bordo del partito di Musk
La missione di Musk rimane complicatissima, proprio in virtù di un sistema, quello statunitense, che non si adatta molto alla nascita di nuovi partiti, eppure c’è già chi pensa di dare il suo sostegno e tra di loro ci sono miliardari con disponibilità economiche importanti. Subito dopo il suo annuncio, Musk ha raccolto il supporto di Marc Cuban, miliardario, star tv e presidente della squadra NBA dei Dallas Mavericks, che commentando l’annuncio di Musk su X ha scritto: “Lavoro con il Center for Competitive Democracy. Ti aiuteranno a partecipare alle elezioni. Questa è la loro missione”. Stesso slancio anche per l’investitore tech Tyler Palmer che sempre su X chiede: “Dove posso fare una donazione?”.
Pure Anthony Scaramucci, capo comunicazione della Casa Bianca per 10 giorni durante il primo mandato di Trump si è detto disponibile a parlare con Musk. Per Laura Loomer, attivista ultra MAGA vicina al presidente, a raggiungere il partito potrebbero esserci anche l’ex volto di Fox News Tucker Carlson (molto pelmico con Trump per i bombardamenti contro l’Iran) e addirittura un altro volto del mondo Maga, la deputata della Georgia Marjorie Taylor Greene.
L’America Party resta tutto da costruire, ma soprattutto la strada verso elezioni di metà mandato è molto in salita con scadenze serrate da rispettare. Per questo motivo Musk potrebbe adottare una strategia a doppio binario, far crescere la sua creatura e allo stesso tempo pompare soldi nei comitati di candidati che si sono opporsi al One Big Beautiful Bill, come il deputato del Kentucky Thomas Massie. Oppure entrare a gamba tesa nella corsa per il Senato della Nord Carolina.
Il seggio al momento è tenuto da Thom Tillis che però ha votato contro il maxi pacchetto fiscale voluto da Trump e ha annunciato di non volersi ricandidare, aprendo le porte a un’elezione combattuta. I democratici sentono di poter ribaltare il colore del seggio, mentre il Gop e soprattutto il presidente potrebbero candidare Lara Trump, nuora del tycoon e moglie del figlio Eric. Una contesa accesissima in cui potrebbe gettarsi proprio Musk.