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 2025  luglio 06 Domenica calendario

«Chiesa? No, grazie». Ma in ferie la riscoprono fra eremi e santuari

«Il mondo dell’ospitalità religiosa, con le sue 2.940 strutture ricettive per oltre centonovantamila posti letto in tutta Italia, è diventato una nuova frontiera della missione. E il bello è che non siamo noi a dover cercare i “lontani”, ma sono loro a cercare noi. Sono loro – sempre più spesso, negli ultimi 10-15 anni, persone e famiglie che non hanno familiarità con la Chiesa, che sono estranee alla vita ecclesiale se non addirittura diffidenti o ostili – a bussare alla nostra porta. Questo dà loro l’occasione per fare un’esperienza di Chiesa accogliente. E dà a noi la responsabilità di essere volto di quella Chiesa». Parola di Fabio Rocchi, presidente dell’Associazione “Ospitalità religiosa italiana”, che con il suo portale – e in collaborazione con l’Ufficio nazionale Cei per la Pastorale del tempo libero, turismo e sport – si propone di assistere e promuovere le case le case di ospitalità religiose e non profit, favorendo l’incontro fra gestori e pubblico.
L’associazione offre – in modo diretto e gratuito sul sito ospitalitareligiosa. it – un servizio di consultazione e contatto tra utenti e strutture. Parliamo di realtà molto diverse tra loro: si va dalle classiche case per ferie alle foresterie di conventi e monasteri, dagli eremi ai santuari, dalle case di parrocchie e istituti religiosi alle case scout, dagli studentati agli ostelli, dalle case alpine alle residenze al mare, dai veri e propri alberghi ai bed & breakfast fino ai semplici terreni per tende. Diverse le strutture, diversi i servizi che offrono – si veda in questa pagina il servizio dedicato al “Rapporto 2025 sull’ospitalità religiosa in Italia”. E differenti le motivazioni di chi ci va: turismo, studio, lavoro. E il desiderio di esperienze umane e spirituali significative – come rende possibile la condivisione di spazi e tempi di vita e preghiera con comunità religiose, o il farvi tappa in esperienze di pellegrinaggio.
Che cosa unifica questo mondo? «Lo stile familiare, la qualità dell’accoglienza, l’attenzione alla persona e alla relazione – fa sintesi Rocchi –. Ogni struttura esprime il carisma, il volto, lo stile di una congregazione o di un istituto religioso, piuttosto che di un’associazione o di una parrocchia. Chi è impegnato in quest’ambito non “nasce” operatore alberghiero. Come si legge nella “Carta dei valori” della nostra associazione, l’accoglienza data in queste strutture non è un “prodotto” ma un “gesto” che richiama il carisma del servire. Alla radice sta un “fare casa con Dio” che permette di ospitare la bellezza, l’incontro, l’armonia e la serenità ma anche il silenzio, la preghiera, l’abbandono, per poter curare le fatiche e le ferite della vita».
È un mondo dinamico, quello dell’ospitalità religiosa. Chiamato a offrire risposte nuove a domande nuove. Ma nella fedeltà al carisma che sta alla sorgente dell’esperienza. «Il mutamento più significativo? In passato – risponde Rocchi – gli utenti erano quasi sempre persone, famiglie e gruppi già profondamente inseriti nella vita ecclesiale. Negli ultimi 10-15 anni invece è cresciuta sempre più la presenza di utenti lontani da un’esperienza ordinaria di Chiesa. Se non diffidenti o ostili. La prima volta bussano alla tua porta per la bellezza del luogo. O magari perché costi un po’ meno. Poi imparano a conoscerti. E ad apprezzare la qualità dell’accoglienza. Così: prima ti cercano per quello che dai. Poi tornano per quello che sei. Accade non solo a chi si muove per turismo, ma anche per studio o per lavoro. Tutto questo richiede a chi presta servizio – dai dipendenti ai molti volontari – una capacità di ascolto, comprensione, dialogo, una capacità di testimoniare un carisma nel rispetto di un’utenza sempre più “laica” e “plurale”. È una nuova frontiera della missione: che non esci a cercare, ma bussa alla tua stessa porta». Non è facile tenere in vita queste strutture: lo confermano i dati del Rapporto 2025. Con un calo di posti letto del 4% rispetto al 2024 e addirittura del 25% rispetto al 2019. Far quadrare i conti è sempre difficile. «E chi non ce la fa chiude, o affitta la struttura a società che ci fanno un albergo o ne ricavano una Rsa per anziani. Per chi era più in difficoltà, la pandemia è stata il colpo di grazia», riprende il presidente. Chi resiste, intanto, apre vie nuove e feconde. «Come l’approccio offline. Fra tante realtà che offrono il wi-fi agli ospiti – sottolinea Rocchi – noi abbiamo un 30% di strutture che sono offline, in genere per scelta, per poter offrire agli ospiti un’occasione per “staccare la spina”. Un ambito nuovo è quello del wedding: strutture che dalla chiesa al ristorante con cucina o catering, dall’area verde per invitati adulti e bambini fino alla possibilità di pernottare, offrono quel che serve per organizzare un matrimonio indimenticabile». Altri ambiti qualificanti? Il progetto “Ospitalità Misericordiosa”. E le “vacanze etiche”: «Abbiamo più di cento strutture i cui introiti, al netto delle spese, vanno a sostenere iniziative di solidarietà in Italia e nel mondo: con progetti resi noti all’ospite, perché possa condividere consapevolmente questa destinazione».
Il Giubileo 2025, intanto, chiama in causa anche l’ambito dell’ospitalità religiosa. «Che offre risposte, in particolare, a chi viene da terre lontane – dall’America Latina all’Africa all’Estremo Oriente –, ha mezzi minori e non può permettersi gli hotel di Roma. Per queste persone, il pellegrinaggio nell’Urbe spesso è il “viaggio della vita”. Le strutture religiose aiutano a renderlo possibile».