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 2025  luglio 06 Domenica calendario

Armi, dazi e pedaggi: le giravolte di Meloni

Quant’è difficile restare se stessi quando si governa. E com’è facile rimangiarsi frasi urlate, dichiarazioni asserite, certezze esibite. Prendi i pedaggi: in Parlamento si presenta l’emendamento per aumentare le tariffe, poi Giorgia Meloni si accorge che non è il caso e lascia gelato il povero Matteo Salvini. Ma la premier di giravolte è un’esperta.
Che scandalo la Web tax
Era gagliardamente all’opposizione quando intervenendo alla Camera, con lo stile da sfottò romanesco, rimproverava i deputati della sinistra colpevoli di ipotizzare una Web tax del 3%:
“La sinistra dice ‘prima gli italiani’ solo quando si tratta di far pagare le tasse. Non ci andiamo a pestare i piedi ai grandi colossi del Web: in quel caso nulla, zitti”.
Come le ha fatto notare Giuseppe Conte, allo scorso G7 è stato raggiunto un accordo per evitare che le più grandi aziende statunitensi debbano pagare più imposte societarie all’estero. “L’accordo formalizzato in sede G7 sulla global minimum tax è un compromesso onorevole”, ha dichiarato il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. Meglio del 3% tanto vituperato c’è quindi lo zero.
Quando finiva la pacchia
“Se vinciamo noi in Europa è finita la pacchia”
Basta dunque con le regole prioritarie della Ue, basta con le decisioni prese dai tecnocrati. Eppure il governo Meloni si è adeguato senza batter ciglio al nuovo Patto di Stabilità e ha avallato il piano RearmEu per maggiori spese militari da 800 miliardi. La presidente del Consiglio, però, ha precisato:
“Quando ho detto ‘la pacchia è finita’ parlavo del tema per il quale in Europa non riusciamo ad approvare il tetto al prezzo del gas. Parlavo del silenzio della sinistra italiana e del Pd”.
Sono passati tre anni, il tetto al prezzo del gas ancora non c’è. C’è ancora il price cap a cui ha contribuito il governo Draghi.
Anche le banche piangono
“Volevano che pagassimo i provvedimenti della Manovra di bilancio prendendo i soldi dalle banche, e prendiamo 3,6 miliardi di euro dalle banche”.
Lo ha detto nell’autunno del 2023 commentando la battaglia contro “gli extraprofitti” degli istituti bancari. Giusto in tempo prima della retromarcia fatta in sede di approvazione della legge: il governo consentiva alle banche di non pagare la nuova imposta se avessero rafforzato il proprio patrimonio con l’accantonamento di una somma pari a due volte e mezzo quello dell’imposta. Lo hanno fatto tutte. Ma l’anno successivo, nella legge di Bilancio 2025, invece della tassazione si consente alle banche di pagare meno imposte grazie alle detrazioni.
Blocco navale terracqueo
“Rimango ferma sulla mia posizione: blocco navale al largo della Libia, hotspot in Africa, valutazione in Africa di chi ha diritto a essere rifugiato e distribuzione in Ue solo dei rifugiati. Ci criticano dicendo che il blocco navale si fa in situazioni di guerra: purtroppo non studia nessuno, puoi tranquillamente fare un blocco navale con le autorità libiche”.
Questa è la campagna elettorale del 2022, siamo nella mitologia meloniana appena arricchita qualche anno dopo dalla caccia ai trafficanti in “tutto il globo terracqueo”. Poi, il senatore e responsabile del programma di Fratelli d’Italia, Giovanbattista Fazzolari, in un’intervista al Foglio spiegò che l’espressione “blocco navale” è in realtà una “scorciatoia semantica”, lasciando intendere che non vada dunque presa alla lettera. Invece del blocco navale, il governo Meloni costruisce un centro di detenzione in Albania con ampi dubbi di costituzionalità e ampi costi non giustificati. Poi, andando alla sostanza della gestione del problema migratorio, come tutti gli altri governi che l’hanno preceduta, pochi giorni fa ha varato un “decreto Flussi” che prevede 500 mila ingressi in tre anni. Perché al sistema produttivo italiano i migranti servono e Meloni in fondo lo sa.
Le accise degli altri
Il video è super noto: si vede Giorgia Meloni che arriva in auto al distributore di benzina:
“Mi fa 50 euro? Grazie”. Al momento di pagare: “Ecco cinquanta”. Benzinaio: Solo 15, il resto al socio…”. Meloni: E chi è?” Appare un socio fittizio con il cartello “Fisco”. Meloni: “Capito? 15 euro vanno al benzinaio e 35 al fisco, di cui le famose accise. È una vergogna, non solo chiediamo che non aumentino le accise sulla benzina, pretendiamo che le accise vengano progressivamente abolite perché è uno scandalo”.
Il 14 maggio scorso è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale un decreto del ministero dell’Ambiente con cui il governo Meloni ha aumentato il valore dell’accisa sul diesel e abbassato quella sulla benzina. Capito?
Se il 2% vi sembra poco
“Non abbiamo parlato di limiti massimi a cui può spingersi l’Italia, ma del fatto che il nostro Paese manterrà gli impegni. Al vertice dell’Aja (della Nato, ndr) di fine giugno noi arriveremo al 2 per cento. Siamo una nazione seria”, ha rassicurato la premier durante il suo viaggio a Washington dell’aprile scorso per incontrare Donald Trump.
Al vertice Nato dell’Aja, l’Italia non si è limitata ad arrivare al 2%, ma ha accettato di siglare un accordo che innalza le spese al 5% del Pil. Più serio di così.
I meglio dazi nostri
“‘Zero per zero’. Questa la formula messa sul tavolo da Giorgia Meloni per quanto concerne il dossier dazi. Tra le sfide che Roma intende esplorare c’è quella di azzerare i reciproci dazi sui prodotti industriali esistenti, evitando una sanguinosa guerra commerciale tra gli Usa e l’Unione europea”. Lo scrive il fidato Nicola Porro alla vigilia del viaggio di Meloni a Washington.
“Il governo italiano punta a un dazio generalizzato del 10% su tutto l’export, considerato il male minore”, ha spiegato la presidente del Consiglio Giorgia Meloni a margine del vertice Nato.