il Fatto Quotidiano, 5 luglio 2025
Rai fuorilegge: 9 milioni di multa solo per il 2025
Se entro venerdì 8 agosto il Parlamento non approverà la riforma della tv pubblica chiesta dall’Europa, l’Italia rischierà una sanzione da oltre 7 milioni di euro, più 8.505 euro al giorno finché una nuova legge non sarà approvata. Se, per esempio, la riforma che recepisce i criteri dell’European Media Freedom Act (Emfa) resterà al palo fino a Natale, una procedura d’infrazione ci costerà all’incirca 8 milioni e 200 mila euro. Tutti a carico dello Stato, quindi delle tasche dei contribuenti, che forse vorrebbero vedere i loro soldi spesi meglio invece di pagare le multe europee dovute all’inerzia del Parlamento. “Vorrà dire che, oltre al canone, gli italiani dovranno pagare anche la Melon-tax, una tassa aggiuntiva sulla tv per colpa dell’inerzia del governo nel procedere a una riforma della Rai”, osserva Stefano Graziano, capogruppo del Pd in Vigilanza.
Attenzione, però: la procedura d’infrazione, visti anche i precedenti (sull’Italia ne gravano altri 64) ha i suoi tempi, lunghi ma non lunghissimi. Se la riforma non verrà fatta entro il termine previsto, prima partirà una lettera dalla Commissione Ue dove si notifica il mancato rispetto della normativa comunitaria. L’Italia avrà a quel punto due mesi di tempo per replicare, poi Bruxelles fisserà un nuovo termine, da lì a breve, perché si adegui e metta finalmente in campo la legge che serve. Se l’Italia non rispetterà neppure la nuova scadenza, la palla passerà alla Corte di Giustizia europea. Che valuta l’apertura di una procedura d’infrazione e, in caso positivo, infligge una sanzione pecuniaria.
Il calcolo della penale segue quello delle normali procedure d’infrazione. “Le sanzioni applicabili consistono di una penalità giornaliera e di una somma forfettaria calcolate dalla Commissione Ue sulla base di tre criteri: gravità dell’infrazione, la sua durata, necessità di garantire l’efficacia dissuasiva onde evitare recidive”, si legge nel regolamento Ue. L’importo della mora giornaliera si calcola moltiplicando un importo fisso (2.683 euro al giorno) per un coefficiente di gravità, unito al Pil del Paese e al numero di seggi al Parlamento Ue. Secondo questi calcoli, la penalità di mora giornaliera minima per l’Italia è 8.505,11 euro. Per la parte forfettaria, invece, si moltiplica un fisso (pari a 895 euro) per un coefficiente di gravità, moltiplicato per altri due parametri tra cui la durata dell’infrazione. Il conto è presto fatto: la somma forfettaria minima che l’Italia rischia di pagare è di 7.038.000 euro.
Ed è un rischio assai concreto perché al momento, sembra impossibile, anche volendo, stare nei tempi. In VIII Commissione a Palazzo Madama ci sono 14 proposte di riforma di tutti i partiti e anche più di una per partito (vedi il Pd). Un paio di settimane fa si è tenuta una breve discussione generale, in un’aula semideserta, mentre martedì scorso sono iniziate le audizioni con i sindacati dei giornalisti, lavoratori e dirigenti della tv pubblica. La presidente della Vigilanza, Barbara Floridia (M5S), ha sollecitato la formazione di un comitato ristretto per permettere ai partiti di confrontarsi in maniera più serrata, e in contemporanea alcuni esponenti della minoranza si sono detti disponibili a elaborare un testo comune delle opposizioni. Sul fronte della maggioranza, invece, la sensazione è che il centrodestra non abbia alcuna voglia di accelerare, mettendo in conto le sanzioni europee.
Tra l’altro l’attuale vertice di centrodestra ha appena annunciato tagli alla tv pubblica per 26 milioni chiesti dal governo, con molti programmi cancellati o ridotti: quindi da una parte si taglia e dall’altra ci si può permettere il lusso di fare melina rischiando di sprecare soldi per pagare le sanzioni.
L’iter, infatti procede al passo della lumaca e nelle prossime settimane, col Parlamento ingolfato da leggi in scadenza prima della pausa estiva, non andrà meglio. “Se ci fosse la volontà politica una riforma si fa in pochi mesi, magari anche prima di Natale, ma non mi pare che sia questa l’intenzione della maggioranza, più impegnata a occupare la Rai che a riformare la governance”, osserva Dario Carotenuto dei 5 Stelle. Nel centrodestra, però, non c’è grande preoccupazione e si getta acqua sul fuoco. “Dall’8 agosto non accadrà nulla, una procedura d’infrazione è un processo lungo che richiede mesi o addirittura anni, ci sono altri Paesi europei che non si pongono affatto la questione. Mentre noi, che dobbiamo correggere i danni fatti dal Pd con la riforma Renzi, riusciremo a fare una legge magari entro la fine dell’anno, ben prima che scatti la procedura d’infrazione”, afferma Maurizio Gasparri (Fi), già autore della nota legge sulla tv del 2005.
I principi fondamentali dell’Emfa riguardano l’indipendenza della tv pubblica, la cui governance non può essere legata al governo e al potere esecutivo (ora amministratore delegato e presidente Rai sono indicati dal Mef); la tutela del lavoro giornalistico con i cronisti messi al riparo da possibili controlli e spionaggio (ma da noi intanto è scoppiato il caso Paragon); norme sulla trasparenza della proprietà e sulle risorse economiche da destinare alla tv.
L’Italia del resto, è già abbondantemente in ritardo. L’Emfa è stato approvato nel marzo 2024 e l’8 novembre è entrato in vigore l’articolo 3 secondo cui “gli Stati membri devono rispettare il diritto dei destinatari dei servizi di media di avere accesso a una pluralità di contenuti mediatici editorialmente indipendenti (…) a beneficio di un dibattito libero e democratico”.
L’8 febbraio 2025 si è attivato l’articolo 4 che recita: “Gli Stati membri non interferiscono con le politiche e le decisioni dei fornitori di media, né tanto meno tentano di influenzarle”. E poi ancora: “Qualsiasi conflitto d’interessi, effettivo o potenziale, che possa influenzare la fornitura di notizie e contenuti deve essere comunicato”. Successivamente sono entrati in vigore gli articoli dal 7 al 13 che istituiscono un “comitato europeo per i servizi di media” con funzioni di supporto alla commissione Ue per le regole sui media. Istituirlo, però, è compito di Bruxelles e non di Roma. L’8 maggio scorso, infine, sono entrati in vigore gli articoli dal 14 al 17 che stabiliscono nel dettaglio i rapporti tra il suddetto comitato con gli Stati. L’8 agosto si attua tutta la parte restante e quindi l’intero provvedimento nel suo complesso. E poi l’Italia sarà a rischio sanzioni.