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 2025  luglio 06 Domenica calendario

Noemi: “Sono me stessa non giudicate le donne solo per il loro corpo”

Sta girando l’Italia con il Nostalgia summer tour
ed è una festa: «La cosa più bella è cantare con il pubblico», dice Noemi, «ritrovare le persone, abbracciarle. C’è uno scambio continuo, la ragione per cui fai questo mestiere».
Raggiante, Veronica Scopelliti, 43 anni, in questo viaggio (continuerà a novembre nei teatri per culminare, il 20 dicembre, al Palazzo dello sport a Roma), propone anche l’ultimo singolo, Non sono io, scritto da Riccardo Zanotti dei Pinguini Tattici Nucleari, Zef e Alessandro La Cava, uscito dopo l’album Nostalgia. Poi c’è Oh ma, in cui duetta con Rocco Hunt.
Prima le cose serie: la foto con la blusa trasparente è diventata virale. Svolta sexy?
(Ride) «È solo la prova di quando ti senti “confident”, all’insegna della libertà. Mi piace tantissimo Jane Birkin, era una donna libera e sempre elegante».
Dopo la famosa dieta, è cambiata la percezione di sé?
«Oggi mi diverto di più. Penso di essere stata maschilista nei miei confronti, credevo che essere troppo in forma distogliesse dalla mia voce, pensi che stupida che ero. Non avevo feeling con la moda, ora lavoro con persone che la vivono in modo artistico. A 16 anni andavo con mia sorella nei negozi, lei sapeva sempre quello che voleva. Io mi dicevo: adesso cosa compro?».
Con le sue colleghe venite vivisezionate: troppo nuda, troppo magra, troppo così o cosà. Perché il corpo è tanto centrale?
«Ce ne stanno di cantanti strambi, ma un uomo con i tacchi è figo, una donna è una prostituta. Il corpo delle donne è importante perché dà la vita, ed è la prima cosa per cui siamo giudicate. Purtroppo, penso alle nostre battaglie – faccio parte di Una nessuna centomila – viene messo in discussione. Sta cosa mi fa incazzare. Ha ragione Vasco, verrebbe voglia di rispondere: ma fatti i cazzi tuoi».
Lei si sente a suo agio?
«Ho vissuto il rapporto con il corpo in modo alterno, ci sono stati momenti in cui mi piaceva meno, a 14 anni facevo il bagno con la maglietta».
È vero che da ragazzina si comprò la crema che prometteva di far crescere le tette?
«Oddio sì, una crema al luppolo. Me la sono messa tutte le sere per due mesi. Come si vede, non è successo niente».

Vasco Rossi le scrisse una canzone meravigliosa, “Vuoto a perdere”. Ci si riconosce ancora?
«Ogni giorno di più. Testo di Vasco, musica di Curreri. Geniali. La consapevolezza di diventare grande senza accorgermene la sento con profondità. È la canzone della mia vita, l’unica che mi fermo a raccontare».
Chiese a Vasco di scrivere per lei, un sogno che si è avverato, non capita a tutti.
«Ero un puntino tra milioni di persone, andavo ai concerti di Vasco. Ho espresso un desiderio e la canzone è arrivata. Quando la canto dal vivo godo, il regalo più bello è cantarla tutti insieme. Sono privilegiata, la musica mi ha scelto, avevo bisogno di farmi capire dagli altri».
Quando lo ha compreso?
«Da piccolissima, quando si sono fermati ad ascoltarmi in un ristorante. Ho provato la sensazione di esistere, ho capito che grazie alla musica avevo trovato il mio posto».
Il legame col pubblico?
«Sento l’affetto. Le persone mi fermano e mi piace parlare, chiacchiero con tutti. Sono loro che decidono se puoi continuare a vivere il tuo sogno».
Otto Festival di Sanremo alle spalle, scrive i testi, duetta con Rocco Hunt e Carl Brave. Bilancio?
«Ho fatto un grande lavoro. Ho affondato le mani nelle mie contraddizioni e nelle paure, avevo una corazza musicale che pensavo mi difendesse. Quando me la sono tolta ho alleggerito la voce, sono uscita da certi cliché. Penso, per esempio, a Glicine, canzone scritta da Alessandro Mahmood, o alle collaborazioni con Carl e Rocco, la parte più allegra. E poi è bello cantare Vasco, Dalla, pezzi divertenti come Attenti al lupo».
Il 20 dicembre sarà al Palazzo dello sport, a Roma, la sua città. La emoziona l’idea?
«È un grande traguardo, poi io sono dell’Eur, è una festa. In quel Palazzo dello sport ci ho visto Whitney Houston nel 2009. Duetterò con molti amici. Roma ci plasma nel carattere, abbiamo un sorriso beffardo».
Un verso di “Non sono io” recita: “Chiamami se stai affondando”. Lei chi chiamerebbe?
«Mio marito e papà, la famiglia. E il mio manager».
Il cardinale Ravasi citò in un tweet la sua canzone: “La borsa di una donna pesa come se ci fosse la sua vita dentro”. La sua di borsa si è alleggerita?
«Per tanto tempo dici: “Devo essere così”, hai paura a toglierti la maschera. Aver messo le mani dentro la borsa e, come diciamo a Roma, aver “smucinato” tra le cose che mi impedivano di reinventarmi è stato utile. Sono un po’ pesantina, ho le mie dinamiche, mio marito lo sa. È bello alleggerirsi».
Ripensa mai al festival del 2010 quando l’orchestra appallottolò gli spartiti perché “Per tutta la vita” non era sul podio?
«Certo. Un bellissimo ricordo, ringrazio ancora Antonella Clerici e i professori, la stima dei musicisti conta tanto. Ero quarta, quella scena è nelle teche Rai».
Ha recitato in “Adorazione” di Stefano Mordini. Farebbe ancora l’attrice?
«Sono fan del regista, aveva diretto La scuola cattolica mettendo le mani nel torbido, senza banalità e senza salire in cattedra. Mi sono preparata al ruolo con Barbara Chiesa, il personaggio della madre era bello. Scopre la relazione della figlia e non la colpevolizza ma va da lui, che è adulto, e lo ribalta. Vorrei recitare, magari diretta ancora da Stefano: è sensibile».