Corriere della Sera, 6 luglio 2025
«Le grandi star? Vengono perché si sentono a casa»
Le memorie di Pascal. Fondatore e il direttore artistico di tre festival, Capri, Hollywood e Ischia, al via oggi. Pascal Vicedomini, nato a Nocera Inferiore 63 anni fa, è un entusiasta a metà strada fra il manager e il giornalista.
Com’è entrato il cinema nella sua vita?
«Mia madre e mio nonno, professori di Lettere, mi portavano a vedere spettacoli al San Carlo di Napoli e a Pompei. Poi è subentrato lo sport col tennis, diventai maestro, conobbi Panatta e Bertolucci, mi dissero che avevo talento nelle pubbliche relazioni. Al cinema andavo da solo, i film della mia vita sono Incompreso, La Lista di Schindler e Forrest Gump. Ma prima ci fu la tv: Minà, Minoli. Luca di Montezemolo a 26 anni mi fece gestire Casa Italia alle Olimpiadi di Seoul e mi disse: tu devi fare il manager».
Ma come avvicinò questi personaggi?
«Da Minà in poi, è stata una catena di Sant’Antonio».
Giornalismo e promozione non sono incompatibili?
«Io non faccio giornalismo d’inchiesta, il mio è giornalismo champagne. Ho un approccio positivo e sono pratico. La mia vocazione è di occuparmi di cose brillanti».
Parla bene di tutti?
«Sono uno showman. Da giovane mi infilavo dietro le quinte a rubare i segreti di conduttore a Pippo Baudo».
Lei è Tiziana Rocca al maschile? Anche Tiziana ha tre festival…
«È brava e ha spiccato il volo. Sono stato un apripista, un innovativo, ora i festival estivi proliferano ovunque. Ischia ne ha tratto giovamento».
Il suo cruccio?
«La mancanza di profondità nelle interviste. Ma, ripeto, anche se sono giornalista professionista dal 1995, non faccio inchieste. Dietro la mia apparente felicità e i miei sorrisi c’è sudore, fatica e una lunga gavetta nelle piccole tv private. Nessuno mi ha regalato nulla. Sorrido».
Riesce a ospitare alle sue rassegne artisti intellettuali. Come fa?
«Li conquisto sul campo. Francesco De Gregori, che ho fatto debuttare a Los Angeles, è il mio primo fan, dice che sono un impresario d’altri tempi. Marco Bellocchio mi guarda divertito di sottecchi, e poi Toni Servillo, Matteo Garrone e Mario Martone che per me è un fratello. Non sono tipi facili. Sono io che mi adatto a loro».
Nanni Moretti?
«L’ho intervistato. È ovvio che col mio carattere esuberante posso piacere o meno. Cerco di non avvicinarmi a chi non piaccio. Quando 33 anni fa creai Capri-Hollywood, tanti erano sicuri che mi sarei ribaltato. Figuriamoci, dicevano, una rassegna a Capri d’inverno. Montezemolo mi incoraggiò, disse che avevo l’oro nero in mano. Le star americane vennero una dopo l’altra. E sono più accessibili e semplici di quanto si creda».
Per esempio?
«A Los Angeles organizzai la campagna per Virzì che con Il capitale umano fu scelto dall’Italia per gli Oscar, lui restò sorpreso per come mi salutarono con affetto Kevin Costner e Jessica Chastain. Proposi Bertolucci per la Walk of Fame a Hollywood. Mi disse: vediamo, lavoraci. E ci riuscii. Lo stesso avvenne per l’Oscar alla carriera nel 2019 a Lina Wertmuller. Chiesi tre lettere di “raccomandazione” per lei a Sophia Loren, Helen Mirren e Vanessa Redgrave. E mentre il cinema italiano guardava a Lina come una signora da dimenticare, Hollywood rispose in maniera entusiasta».
Sting è di casa alle sue rassegne.
«La prima volta lo vidi da Gore Vidal a Ravello. Organizzai un After Party dopo un suo concerto a Roma, entrai nelle simpatie di sua moglie, Trudie Styler, che ora è presidente del festival di Ischia».
I capricci delle star?
«Faye Dunaway a una cena tirò fuori il bilancino per pesare l’insalata. Ma non lo chiamerei capriccio».
Insomma, lei, come Mr Wolf, risolve problemi.
«Cerco di mettere gli artisti a proprio agio».