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 2025  luglio 06 Domenica calendario

Dal Duomo al Pirellino, le follie degli acrobati illegali. Rischiare la vita per i social

La domanda di ogni ragazzo. Di ogni madre e padre. Se la fanno loro per primi. In un video del 16 maggio. Is it really worth it? Ne vale davvero la pena? La musica accompagna. Il filmato scova due sagome sul ciglio esposto d’un palazzo. Risking your life for a selfie? Rischiare la vita per un selfie? Un secondo di sospensione. E poi, Yes. E col ritmo scorre il filmato: ragazzini a passeggio sul tetto dello stadio San Siro, in bilico su una gru, le gambe che penzolano dal cornicione di grattacieli, da torri industriali, da antenne telefoniche, dall’Arco della Pace. Un’antologia di video. Sequenza serrata. Altezze sempre maggiori. Cornicioni sospesi. Senza protezioni. Il lancio notturno col paracadute, un paio di giorni fa, è l’ultima sperimentazione. L’hanno fatto dal Pirellino, ex palazzo d’uffici comunali. Sotto, il vuoto, e poi le strade e i giardini di Porta Nuova, geometrie di luce del più celebrato parco della Milano contemporanea, tra la torre Unicredit e il Bosco Verticale. Il luogo che la città ha eletto a icona. Che celebra la sua lussuosa epoca contemporanea. E loro, arrampicatori urbani, rooftopper, esploratori di «libertà illegale» (autodefinizioni), questa città se la prendono. La usano. Ne spremono il potenziale di visibilità. Come i turisti. Come gli imprenditori social che sulla neo-Milano costruiscono imperi. Gli scalatori del cemento portano in bilico la loro esistenza.
Da lassù, Milano è ammaliante. A guardare i filmati, i brividi sferzano i nervi. L’effetto cinematografico è potente. Negarlo, vuol dire girare la testa. E non è mai un bene. Il senso comune suggerisce la considerazione: prima o poi uno di questi ragazzi farà una tragica fine. Sbagliato. Perché è già successo. Andrea Barone, 15 anni, nel 2018 precipitò per 40 metri in un condotto d’aria dal tetto d’un centro commerciale a Sesto San Giovanni, appena fuori Milano. Morì. Gli amici raccontarono d’esser saliti lassù per un selfie. Lui però non era uno scalatore metropolitano. Per provare a comprendere, si può ragionare con Carlo Trionfi, psicologo e psicoterapeuta, direttore scientifico del Centro studi famiglia di Milano: «Nell’età evolutiva è tipica la sfida al limite, la rincorsa del pericolo per provare a controllarlo: i social non cambiano la radice del bisogno, si pensi alla chicken run in Gioventù bruciata. Amplificano però esponenzialmente la posta in gioco. Vent’anni fa si cercava l’applauso del gruppo, oggi si può rincorrere la viralità planetaria. L’identità adolescenziale, che si strutturava nel confronto con pochi coetanei, oggi si costruisce in vetrina, in un’arena senza filtri. I social radicalizzano il rischio: perché ogni gesto deve superare il precedente, ogni video deve colpire più di quello prima. Il pericolo diventa moneta di visibilità. Il risultato? La performance sostituisce l’esperienza. Il corpo è usato come strumento narrativo, sacrificabile se serve a raccontare qualcosa di potente. Si arriva a sfidare la morte: è un modo paradossale per mostrare di essere cresciuti in una società in cui mancano i riti di passaggio».
Milano è scenario, arena, fondale. I gruppi sono due. Pochi ragazzini per gruppo. Fanno sopralluoghi. S’allenano. Non improvvisano. «Senza una norma che contrasti questi comportamenti, le sfide saranno sempre più estreme. C’è un vuoto normativo», riflette Fabiola Minoletti, del Coordinamento comitati milanesi. «La mia città è una giungla matta», scrive Dedelate, da poco maggiorenne, pioniere delle scalate urbane. Ha corso per primo sul tetto di San Siro, del Castello Sforzesco, del teatro Ariston durante il festival di Sanremo, infine l’arrampicata alla Madonnina sul Duomo: e lì, ha esposto una maglietta con logo. Un marchio. Performance come strategia di marketing. Su Instagram ha quasi 300 mila follower. Sta facendo (anche) business. Poi ci sono ragazzini meno noti. Poche centinaia di follower. I tetti più alti ed estremi di Milano sono stati quasi tutti già scalati illegalmente. Loro vanno oltre. Il surfing attaccati ai treni del metrò in corsa. La camminata sulla gru come su una fune da circo. Il lancio col paracadute. Is it really worth it? Forse non se lo chiedono nemmeno più.