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 2025  luglio 05 Sabato calendario

Intervista a Vittoria Ceretti

Vittoria Ceretti nel sequel di uno spot del 2013 diventato leggenda. Emozionata?
«Allora era ovunque: in tv, sulle riviste. Io avevo 15 anni, vivevo in Italia e lo vedevo sempre. Era iconico, come lo era Bianca Balti. Ora Capri e Dolce&Gabbana: è stata un’esperienza magica».
Com’è andata la scena passionale con Theo James?
«È bravissimo e super-professionale. Pensavo sarebbe stato complicato, invece mi ha messa subito a mio agio».
La vedremo attrice?
«Non credo. Ma dietro la macchina da presa è un piano B che mi intriga».
Naomi insegna: si può essere top model per sempre.
«Sì, penso che lo sarò anch’io, per sempre. Non con i ritmi di ora, certo».
Ha trovato l’equilibrio?
«Ci provo. All’inizio è stato difficile. A 14 anni ero una ragazzina, a 18 sembravo già “vecchia” per certi brand. Ho capito però che conta lavorare con persone di fiducia».
Mai saltato una fashion week, è vero?
«Ho letto un post che diceva così. Mai saltato una stagione! La passerella continua a divertirmi come la prima volta. Prima sentivo il bisogno di fare tutto. Ora scelgo anche un brand piccolo, se mi parla dentro. E poi lascio spazio alla mia vita privata».
Chi è la Vittoria di oggi?
«Più consapevole, matura. Ma in fondo la stessa. Quella di Gardone Val Trompia va molto d’accordo con quella di oggi».
Come si resta sé stessi in questo mondo?
«Torno sempre alla natura. Mi tiene centrata. Cerco il verde, mi fa bene».
Così ha comprato un casale in Franciacorta?
«Era un sogno. Lo abbiamo trovato io e la mia famiglia: era un rudere, oggi è casa. Avevo 19 anni quando l’ho preso, e ne sono fiera. Lì produco olio: solo 20 bottiglie l’anno, per ora».
Si dice che arriveranno galline e capre.
«Anche api. È una casa che cresce piano piano. La natura è diventata un bisogno».
Un’esigenza condivisa?
«Tante mie colleghe stanno tornando alla natura o alle radici. Io in Franciacorta respiro, stacco e mi annoio. È importante annoiarsi ogni tanto, fa bene all’anima».
I rapporti fra modelle?
«Bellissimi. Mi sento un po’ la mamma delle più giovani, anche se hanno solo due anni meno di me. Ci aiutiamo, consigliamo, supportiamo».
E la rivalità Anni ’90?
«Mi fa sorridere. All’epoca era un’altra storia, più dura. Ora ognuna ha il suo momento, le cose cambiano in continuazione. È inutile vivere in competizione».
Il rapporto con i social?
«Mostrarsi troppo può essere rischioso, sono un’arma a doppio taglio. Io cerco di proteggermi, di proteggere il mio cuore, i miei affetti che sono la famiglia e gli amici. Mantenere uno spazio mio».
Come vede la scelta di Bianca Balti di raccontarsi sui Ig nella sua malattia?
«È stata fortissima, grande. Ma ogni storia è diversa. Non esiste un modo giusto».
È sempre più difficile però, difendere la privacy
«Basta mostrare un angolo di casa e ti chiedono una stanza. Non basta mai. Vedo gente arrabbiarsi se non ottiene quello che vuole vedere».
Stabilire limiti?
«Sarebbero il rispetto per gli altri. Però sarebbe una soluzione a un problema piccolissimo in confronto a quelli veri di tanti diritti calpestati, ovunque nel mondo. Più giusto battersi per questi ultimi».
Invece con la sua bellezza che rapporto ha?
«Crescendo non è sempre stato semplice. Non ho mai avuto paura dell’imperfezione, ma lavorando in un’industria piena di donne bellissime mi capitava di guardare con un po’ di invidia: “Che belle gambe, vorrei avere una schiena dritta invece della mia scoliosi…”. Però oggi non temo più l’imperfezione, anzi, la vedo come una forza».
Ceretti «imperfetta», non si può sentire…
«Quando sorrido, il mento va giù, ho la schiena curva, il sedere non come lo vorrei, un occhio più chiuso, le sopracciglia asimmetriche… Ognuno ha i suoi difetti. Quante volte un’amica dice “Ho i fianchi larghi” e tu pensi “Ma cosa dici? Non è vero!”. È normale vedere le proprie imperfezioni».
E lavora sul suo corpo?
«Ora più di prima. A 18 anni andava tutto da solo. Adesso inizio ad averne cura. Fa parte dell’amarsi».
Ha visto The Substance?
«Mi ha toccata. Parla della paura di perdere la bellezza. Ma mia madre mi ha insegnato che invecchiare è naturale. Mi ha trasmesso questa consapevolezza. Devo arrivarci però: spero di accettarla».
Fa terapia?
«No. Cerco di capire e capirmi da sola».
E l’invidia?
«È una parola che odio. Mi rattrista, soprattutto tra donne. Dovremmo sostenerci sempre. L’invidia corrode».
Il suo primo ricordo legato alla moda?
«Tanti ma il primissimo è l’ascensore di Dolce&Gabbana al Metropol (che dal back stage porta alla passerella ndr) e poi l’appartamento a Parigi con 7 modelle e un bagno. Ma non era il mio sogno».
E cosa voleva fare?
«La psicologa o la veterinaria o la dentista»!
Vizi?
«Fumo una o due sigarette a settimana. E nel weekend bevo un bicchiere di vino».
E oggi divide la vita tra Los Angeles e la Franciacorta?
«Los Angeles è il quotidiano, la Franciacorta la pausa. Non potrei rinunciare a nessuna delle due».
Tacchi o sneakers?
«A 27 anni ho iniziato a mettere più spesso i tacchi».
Vacanze?
«Italia di sicuro. Poi magari Wyoming. Ma non chiedetemi con chi…». Lo immaginiamo, ma non facciamo nomi. È stata la promessa e la rispettiamo.