Il Messaggero, 6 luglio 2025
Senza il cellulare a scuola migliorano voti e socialità
Nessun ingrediente segreto, come quello nella torta della nonna. Solo una scelta netta, qualche grammo di coraggio e la rinuncia a ciò che sembrava indispensabile. In Olanda, la scuola ha trovato la sua “ricetta” perfetta per riaccendere attenzione e relazioni: togliere lo smartphone dalle aule. E un anno dopo, il risultato è sorprendente: studenti più attenti, relazioni più autentiche, clima scolastico più vivo. La torta è riuscita. Non perfetta, ma qualcosa che funziona. Un esperimento che ora guarda oltre i confini, diventando modello anche per l’Italia, tra le prime a raccoglierne l’eredità.
I RISULTATI
Dal 1° gennaio 2024, per decisione del governo olandese, i cellulari sono stati banditi dalle classi. Non una raccomandazione, ma una linea guida nazionale: due scuole su tre hanno scelto di far lasciare i dispositivi a casa o negli armadietti. Una su cinque li ritira all’ingresso. Le eccezioni? Solo per le scuole speciali e per usi strettamente didattici. All’inizio non sono mancate le resistenze: genitori in allarme, studenti contrariati, insegnanti preoccupati di perdere uno strumento utile. Ma a diciotto mesi dall’introduzione del divieto, la situazione è cambiata. Secondo uno studio condotto dal Kohnstamm Instituut che ha raccolto dati da 317 dirigenti scolastici delle scuole superiori, 313 delle primarie, e organizzato in 12 focus group (gruppi di lavoro ndr.) il 75% degli istituti secondari segnala un miglioramento della concentrazione dietro i banchi scolastici. Il 59% rileva relazioni sociali più sane. Il 28% nota un aumento nel rendimento nei compiti e negli esami. Nelle scuole dove i cellulari erano diventati un’ombra costante messaggi, scroll ossessivo sui social, isolamento sociale oggi si respira un’altra atmosfera. Nei corridoi di Rotterdam, Haarlem, Utrecht, il silenzio degli schermi ha lasciato spazio al rumore delle voci. Quelle vere. «Non è possibile scattare di nascosto una foto di qualcuno in classe e poi condividerla in un gruppo WhatsApp, ora c’è un aumento della sicurezza sociale», spiega il ricercatore Alexander Krepel. «Soprattutto nelle pause tra le lezioni, gli studenti prima stavano al telefono e ora sono costretti a parlare. Forse litigano di più, ma tutti sono soddisfatti del miglioramento dell’atmosfera».
Persino nelle scuole speciali, dove i dispositivi digitali sono usati per supportare l’apprendimento, più della metà ha osservato effetti positivi. Nelle primarie, meno colpite dal fenomeno, un quarto degli istituti ha comunque giudicato utile la misura. Un dato non scontato, in un Paese dove il 96% degli adolescenti naviga online ogni giorno, soprattutto tramite smartphone. In questo contesto, la scuola è diventata l’ultimo spazio di disconnessione. Un laboratorio sociale dove si sperimenta la convivenza senza filtri TikTok, né feed di Instagram.
La ministra dell’Istruzione nei Paesi Bassi Mariëlle Paul ha sottolineato come le nuove linee guida abbiano aiutato anche gli insegnanti più giovani, spesso in difficoltà nel far rispettare regole autonome: «Se prima ogni insegnante doveva negoziare da solo il divieto, ora c’è una cornice chiara». Le perplessità iniziali si sono via via sciolte. «C’erano dubbi ovunque ammette anche Freya Sixma, portavoce del consiglio delle scuole secondarie, l’associazione delle scuole secondarie Paura che fosse impossibile da applicare. Ma oggi possiamo dirlo: funziona. E piace anche a chi era contrario». In parallelo, il governo ha raccomandato di vietare l’uso dei social media ai minori di 15 anni e di limitare il tempo davanti agli schermi. Una rivoluzione silenziosa, nata senza clamore, ma che sta producendo risultati concreti e ispirando altri Paesi.
E L’ITALIA?
Il 16 giugno scorso, il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara ha firmato una circolare che estende il divieto di utilizzo degli smartphone anche alle scuole superiori, dove finora l’uso era lasciato al buon senso o a regolamenti interni. «I cellulari deresponsabilizzano. Distraggono. È tempo di restituire alla scuola la sua sacralità», ha affermato. La misura, coerente con quanto già previsto per elementari e medie, proibisce l’uso dei dispositivi durante le lezioni, salvo eccezioni per bisogni educativi specifici o progetti didattici. «È una scelta improcrastinabile», ha spiegato Valditara, «necessaria per disintossicare i ragazzi, riportandoli al libro, alla carta, alla penna». Non si tratta di nostalgia analogica, ma di un intervento concreto a tutela dell’attenzione, della salute mentale, della dipendenza da cellulare e della qualità dell’apprendimento. Sorprende quindi il consenso: secondo una ricerca Swg commissionata dal ministero, oltre il 76% degli italiani, compresi molti giovani, è favorevole al divieto. Alcuni istituti hanno già adottato soluzioni simili a quelle olandesi custodie sigillabili, consegna obbligatoria dei dispositivi mentre altri attendono indicazioni più precise. Il segnale è chiaro: per cambiare davvero non serve una ricetta complicata. La scuola, in Olanda e ora anche in Italia, dimostra che con pochi ingredienti essenziali, scelti con cura, si può riscoprire il vero gusto dell’apprendimento.