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 2025  luglio 04 Venerdì calendario

Per l’Airbus renziano milioni buttati: giace a prendere ruggine a Fiumicino

Le ultime notizie danno conto del mastodonte parcheggiato davanti all’ex hangar Alitalia di Fiumicino. L’enorme Airbus A340-500 acquistato dal governo Renzi nel 2015 e costato un occhio della testa è degno di un romanzo di Osvaldo Soriano: triste, solitario y final e con la ruggine a farla da padrone. E sì che a sentire Matteo doveva essere un affarone per la Repubblica ché la valorizzazione dell’export italico a lungo raggio “è una voce cruciale della nostra economia”. Epperò era successo che le polemiche per i costi da incubo dell’operazione avevano consigliato al Nostro di sfilarsi rinunciando a mettere mai piede e cedere il velivolo per i bisogni dei suoi ministri anche per le tratte brevi tipo Roma-Marsiglia prima di vedere il conto del carburante, causa quattro motori Rolls-Royce.
Forse per questo neppure dopo l’era del Giglio magico a Palazzo Chigi si era fatto grande uso del mezzo che di viaggi e inquilini ne ha visti pochi: dall’11 luglio 2016 al 24 febbraio 2018 i voli dell’Airbus erano stati in tutto 88 per scarrozzare il ministro degli Esteri, Angelino Alfano, in un paio di occasioni per un volo transoceanico anche Sergio Mattarella e decisamente più giù di grado anche il sottosegretario di allora Ivan Scalfarotto. Di certo con più frequenza l’aveva usato Paolo Gentiloni prima da ministro degli Esteri e poi da premier come quando nel 2017 aveva sdoganato il suv dei cieli voluto dal predecessore per la missione a Washington da Donald Trump. Con questo alimentando ancora di più i sospetti dei giornalisti (paganti) a bordo: stupiti per la tappezzeria un po’ così, le grandi stelle marine rosa sulle paratie interne, la moquette bordeaux assai datata. Tutto insomma (a parte la livrea tricolore esterna a impreziosire il velivolo e i piloti del 31esimo stormo dell’Aeronautica) dal sapore molto low cost a dispetto dei costi sostenuti.
L’Air Force Renzi era stato comprato per iniziali 168 milioni di euro tra contratto di leasing, addestramento piloti, manutenzione e tutto il resto appresso. Un salasso pari – si disse all’epoca – a circa 26 volte il suo valore e comunque fuori mercato se è vero che quello stesso velivolo era stato precedentemente acquistato da Etihad per 6,4 milioni di euro. E questo a tacer del fatto che all’epoca in cui venne deciso di imbarcarsi in quell’impresa il modello era già da quattro anni fuori produzione visto che i famosi quattro motori Rolls-Royce bevevano come una spugna. Fatto sta che nel momento in cui fu rescisso il contratto i costi erano stati di oltre 50 milioni.
Una mazzata per i contribuenti ma un affare almeno per Alitalia a cui lo Stato aveva corrisposto 54 milioni di cui 35 versati a Etihad con il sospetto che il costoso contratto di leasing fosse stato lo scotto da pagare per convincere gli arabi (fuggiti poi dopo appena tre anni) a farsi carico del salvataggio della compagnia di bandiera. Ora, dell’indagine avviata dalla Procura di Civitavecchia (come anche di quella della Corte dei Conti) si sono perse le tracce. Le ultime danno conto dell’informativa della Guardia di Finanza che aveva sintetizzato così la faccenda: “La partecipazione quale intermediario di Alitalia all’affare ha aumentato il costo per lo Stato”. E veniamo all’oggi, all’Airbus parcheggiato da sette anni a Fiumicino a prendere ruggine. Già, che farne? Dimenticare e ripartire: Giorgia Meloni ha bisogno di un aereo all’altezza delle sue ambizioni internazionali e dell’agenda fitta più di quella di Renzi. Tutto è perdonato, si vola!