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 2025  luglio 03 Giovedì calendario

Intervista a Fiorella

Ha capito che voleva stare dall’altro lato, quello dietro alla consolle. Così ha mollato l’università e il lavoro part-time. Per fare la dj, Fiorella ha lasciato anche la sua città, Napoli, e si è trasferita a Londra. Una decisione che l’ha portata a suonare prima nei piccoli club londinesi e poi, via via, in festival e locali iconici come il Pacha di Ibiza. Oggi, a 31 anni, viaggia tra Europa, Asia e America Latina. Grazie al suo stile camaleontico ha conquistato il mondo dei club, condividendo anche il palco con big della scena elettronica come Diplo, Marco Carola, Luciano, Henrik Schwarz e Damian Lazarus. Sabato, per la prima volta, si esibirà al Kappa FuturFestival, al Parco Dora di Torin, dove da venerdì a domenica 135 dj si alterneranno su sei palchi.
Come ha cominciato a suonare nei club?
«Sono sempre stata una clubber appassionata fin da quando ho compiuto diciotto anni. Ho sempre amato i festival e la musica elettronica. Così ho fatto un corso in un’accademia di dj e producer di Napoli».
La sua famiglia l’ha appoggiata?
«Sono rimasti perplessi quando ho deciso di lasciare tutto e andare all’estero, ma mi hanno lasciata libera di percorrere la mia strada. Mia madre, come tutte le mamme, all’inizio si preoccupava un po’ perché lavoravo di notte».
Due tracce che l’hanno folgorata?
«Blackwater di Octave One e Ann Saunderson, che ho ascoltato al mio primo party a Ibiza. E il mashup di Ricardo Villalobos tra un pezzo percussivo e La canzone della terra di Lucio Battisti».
In 48 ore passa anche da una parte all’altra del mondo.
«Giro da Londra a Dubai, fino a Bali. Questo week end farò Roma, poi Torino, e infine Montpellier».
Il pubblico è diverso?
«Sì, non dipende dal Paese, ma dal contesto. Capire chi ho davanti è la parte divertente».
La vita da dj è impegnativa...
«Molto più di quanto la gente creda. Si pensa che ci sia solo il momento della performance, che è quello che si vede sui social, ma dietro c’è una lunga preparazione: studio, prove, viaggi».
I suoi mentori?
«Ho avuto la fortuna di suonare con Marco Carola e Damian Lazarus. Sono la mia ispirazione da sempre».
Le piacerebbe andare oltre la house?
«Non voglio stare rinchiusa in un solo genere. Mi piace prendere elementi diversi e legarli insieme, mischiare le percussioni dell’afro house a suoni minimal».
Fa anche la producer?
«Adoro sperimentare, cambiare. Ogni volta che entro in studio parto con un’idea, poi magari sento un suono che cattura la mia attenzione e vado in una direzione diversa. A volte il risultato non è quello che avevo in mente, ma ciò che conta è che mi emozioni».
Dove trova l’ispirazione?
«Spesso dalle colonne sonore dei film. Mi aiutano a creare le giuste atmosfere».
I social hanno cambiato i club?
«Decisamente. Diventare virali su TikTok aiuta molto».
Lei li usa tanto?
«Mi piacciono, ma si rischia di diventarne dipendenti. Ogni tanto ho bisogno di staccare e per qualche giorno non apro più nulla».
Alla radio oggi passano Anyma, non solo Dua Lipa.
«L’elettronica è mainstream, i locali di Ibiza fanno numeri da concerti pop. Però manca un po’ di cultura su questo genere. Non è un unico calderone, ci sono tante sfumature».
Ha mai ricevuto insulti sessisti mentre suonava?
«Sul palco mai, ma sui social sì, purtroppo. E facile nascondersi dietro a una tastiera. Una volta uno, dopo aver visto un mio video, mi ha addirittura scritto che fingevo di suonare».
Le donne dj aumentano, ma sono meno dei colleghi.
«Ancora per poco. C’è tutta una nuova ondata di ragazze e presto saremo la maggioranza».
Ci sono dei posti in cui vorrebbe suonare?
«Mi manca il Berghain a Berlino, è un luogo iconico».
Ha un rito scaramantico prima di u n set?
«Più un rituale. Devo fare le cose in un certo modo, altrimenti è segno di mala suerte».
Con chi vorrebbe esibirsi?
«Mi piacerebbe fare un back to back con un’altra artista. Potrebbe essere un’idea per il prossimo Kappa».