ilgiornale.it, 3 luglio 2025
"Pronti a tutto". Perché i cugini di Saman restano in carcere
Sarebbero “pronti a tutto”, individui che non avrebbero “nulla da perdere”. Così il tribunale del Riesame dipinge i cugini di Saman Abbas che sono stati condannati all’ergastolo in secondo grado, motivando così la decisione della custodia cautelare nell’attesa della fine dell’iter giudiziario.
Ikram Ijaz e Noman Hulaq restano quindi in carcere perché, credono i giudici, soggetti a pericolo di fuga. “La condanna all’ergastolo ha cambiato la prospettiva degli imputati, diminuendo notevolmente le aspettative di un esito favorevole del processo. Noman Ul Haq e Ikram Ijaz hanno già dimostrato di possedere la spregiudicatezza e la concreta capacità di darsi alla fuga. Dunque è altamente probabile che, se rimessi in libertà, anche con obblighi, si rendano irreperibili”, scrive, come riporta Il Resto del Carlino, il Riesame, che ha respinto il ricorso dei due uomini – che comunque potranno ricorrere in Cassazione – e accolto invece la richiesta della procura generale di Bologna.
Saman Abbas era scomparsa la notte successiva al 30 aprile 2021 da Novellara. Il 7 maggio successivo i due cugini si erano allontanati anche loro dal centro emiliano, dapprima cercando ospitalità da parenti a Milano, invano, poi incontrando Danish Hasnain, zio di Saman che già si era spostato subito dopo la scomparsa della giovane. Ikram Ijaz era stato fermato in Francia a fine maggio, Danish era stato catturato a Parigi a ottobre 2021, mentre Noman Hulaq era stato individuato e tradotto in Italia a febbraio 2022 in Spagna: per loro erano stati spiccati ordini d’arresto europeo dato che le indagini avevano rivelato subito che si trovassero in area Schengen.
Omicidio Saman Abbas: ergastolo confermato per la madre, il padre e i cugini. Allo zio 22 anni
A novembre 2022 Danish avrebbe inoltre condotto la polizia penitenziaria nel luogo dell’occultamento del corpo della nipote, a poche centinaia di metri dalla casa di Novellara in cui gli Abbas vivevano e lavoravano. Lo zio ha ricevuto una condanna a 14 anni in primo grado, poi innalzata a 22 anni in appello. I cugini erano stati assolti in corte d’assise e condannati all’ergastolo in appello. La pena dell’ergastolo era stata comminata in entrambi i gradi di giudizio anche al padre di Saman Shabbar Abbas e alla madre Nazia Shaheen.
Per Ikram Ijaz e Noman Hulaq, le difese – rispettivamente i legali Mariagrazia Petrelli e Luigi Scarcella – avevano sostenuto che non sussistesse il pericolo di fuga. Stando alla loro tesi, gli imputati avrebbero avuto paura di essere interrogati sulla morte di Saman, e di non essere in grado di rispondere anche a causa della loro scarsa conoscenza della lingua italiana. Ma per il Riesame, “sono entrati nel novero di quei soggetti che ‘non hanno nulla da perdere’ e che dunque sono pronti a tutto pur di sottrarsi al carcere a vita”. Non solo: i giudici pensano ci possa essere un ulteriore pericolo di recidiva.
“Si sono posti a disposizione dei congiunti per vendicare il disonore arrecato alla famiglia di Saman, colpevole di essersi allontanata dai dettami religiosi musulmani e dalla tradizione pakistana. Tale situazione potrebbe ripresentarsi ed è probabile che entrambi risponderebbero positivamente a una richiesta di ausilio nella realizzazione di altri gravi delitti, spinti dalle medesime logiche”, scrivono.