Avvenire, 3 luglio 2025
Il Padre Nostro in rune tra le foreste canadesi
Nascosta tra le fitte foreste dell’Ontario settentrionale, nei pressi della cittadina di Wawa, è emersa una scoperta archeologica che ha stupito il mondo accademico e acceso l’immaginazione di storici, linguisti e appassionati di archeologia: una gigantesca iscrizione runica incisa su una lastra di roccia, contenente l’intero testo del Padre Nostro, con ogni probabilità la più lunga iscrizione runica conosciuta del Nord America e l’unica al mondo a riportare per intero la celebre preghiera cristiana in forma runica. Per chi non conoscesse il termine “runico”, va detto che è un vocabolo che può riferirsi a vari aspetti legati all’uso delle “rune”, ovvero i caratteri di uno o più alfabeti antichi germanici. A seconda del contesto, “runico” può riguardare la scrittura, la lingua o le popolazioni che usarono questi simboli (dai goti ai vichinghi, dai frisoni alle popolazioni germaniche), anche se il significato più comune di “runico” è relativo agli alfabeti runici, usati principalmente dai popoli germanici tra il II e il XIII secolo.
Tornando alla scoperta, tutto ebbe inizio circa sette anni fa, quando un albero caduto durante una tempesta rivelò una porzione di roccia incisa con simboli misteriosi, a circa 10 chilometri da Wawa. L’iscrizione, lunga 255 caratteri runici, era accompagnata da una raffigurazione di una nave nordica con 16 figure umane a bordo e 14 misteriosi simboli a forma di “X”. La composizione occupava una superficie rettangolare di 1,2 x 1,5 metri, segno evidente di un’opera laboriosa e meditata. Le prime fotografie vennero inoltrate a Ryan Primrose e David Gadzala, rispettivamente Presidente e Vicepresidente dell’Ontario Centre for Archaeological Research and Education (Ocare). Iniziò così un’indagine durata anni, nel più assoluto riserbo, ed ora ecco i risultati.
Nel 2018, il team di Ocare decise di consultare un’autorità internazionale in materia di epigrafia nordica: il professor Henrik Williams, uno dei massimi runologi al mondo, docente emerito presso l’Università di Uppsala, in Svezia. Williams si recò in Canada per visionare il sito personalmente. Nonostante il clima rigido e la pioggia incessante, trascorse ore sotto un telone, illuminando pazientemente le incisioni con una torcia. Il responso fu sbalorditivo: non si trattava di un falso né di un’opera vichinga, ma di una iscrizione autentica risalente con ogni probabilità alla prima metà del XIX secolo. Le rune appartengono alla variante alfabetica runica di Johannes Bureus, un erudito svedese vissuto tra il XVI e il XVII secolo, noto per aver tentato di cristianizzare e riformare l’antico alfabeto Fuþark. Va detto infatti, che gli alfabeti runici furono più di uno che l’ultimo nato nel XVI secolo. L’iscrizione si è rivelata essere una versione in svedese antico del “Padre Nostro”, con una struttura linguistica e sintattica coerente con i testi religiosi diffusi in Svezia dopo la Riforma Luterana. L’idea che un’iscrizione runica del XIX secolo possa trovarsi nel cuore dell’Ontario ha sorpreso molti. Tuttavia, gli archivi storici offrono un possibile collegamento: la Compagnia della Baia di Hudson, attiva nel commercio di pellicce dal XVII secolo, impiegava lavoratori provenienti da varie regioni del Nord Europa, inclusa la Svezia. In particolare, il forte di Michipicoten, situato vicino al luogo della scoperta, è documentato come punto di scambio e insediamento temporaneo di lavoratori scandinavi.
Secondo Primrose, l’incisione potrebbe essere il frutto del fervore religioso di un singolo individuo – forse un esploratore o un missionario svedese – oppure un luogo di culto nascosto per piccoli gruppi di lavoratori scandinavi. Il fatto che l’iscrizione fosse intenzionalmente sepolta sotto diversi centimetri di terra suggerisce un gesto deliberato di protezione o di occultamento.
Le iscrizioni runiche nel continente americano sono rare e spesso oggetto di controversia. Oltre alla pietra di Wawa, altre presunte iscrizioni includono: la pietra di Kensington (Minnesota, Usa), forse la più famosa, datata 1362, ma considerata un falso da molti studiosi; la pietra di Spirit Pond (Maine), con scritte runiche, la cui autenticità è contestata; la pietra di L’Anse aux Meadows (Terranova, Canada), un’iscrizione moderna creata per commemorare l’insediamento vichingo certificato sul sito; la pietra di Mahone Bay (Nuova Scozia), contenente una breve sequenza runica, ma parziale e senza chiara attribuzione, ed infine la pietra di Vanier Park (British Columbia), probabilmente una copia moderna di antiche rune.
Nessuna di queste iscrizioni, però, evidenzia la stessa lunghezza, profondità linguistica e contesto spirituale della pietra di Wawa. E soprattutto, nessuna riporta per intero il testo del Padre Nostro. Nonostante la datazione “recente” – tra il 1800 e il 1850 – il valore storico dell’opera è immenso. Come ha affermato Williams: «Anche se non è medievale, il mistero non svanisce. Perché proprio qui? Perché questa preghiera?». La totale assenza di altri reperti nella zona complica ulteriormente la comprensione del contesto. Potrebbe trattarsi dell’opera solitaria di un pioniere in cerca di consolazione spirituale in una terra lontana? Oppure l’eco di una tradizione devozionale svedese portata nel Nuovo Mondo da una comunità dimenticata? Primrose ha avviato le pratiche per acquisire un affitto formale sul terreno dove giace la pietra, con l’obiettivo di proteggere e rendere accessibile il sito al pubblico. Il progetto prevede la costruzione di una struttura coperta di protezione, percorsi interpretativi e pannelli informativi sulla storia delle rune, delle esplorazioni nordiche e del contesto canadese del XIX secolo. La speranza è di inaugurare l’area entro la fine dell’estate 2025, trasfor-mandola in un punto di riferimento per turisti, studiosi e curiosi. La pietra runica di Wawa non è soltanto un reperto archeologico. È una finestra aperta su un passato dimenticato, un simbolo di come la spiritualità e la cultura viaggiassero insieme ai popoli migranti. In un’epoca in cui la Storia tende a essere lineare ed eurocentrica, un’iscrizione sepolta nella foresta canadese ci ricorda che la fede, la lingua e la memoria possono sopravvivere nei luoghi più impensabili. Forse non sono stati i Vichinghi a lasciare questa traccia, ma la sua eco è altrettanto potente. Incisa nella pietra, nascosta nel tempo, ora finalmente riemersa.