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 2025  luglio 02 Mercoledì calendario

Becciu denuncia Chaouqui “Incastrato dalle sue false prove”

Un piano «illecito», «organizzato sul territorio italiano e condotto da una persona del tutto estranea al processo vaticano». Che aveva un solo fine: fare condannare il cardinale in modo da distruggerlo. Il “caso Becciu” arriva alla sua seconda puntata. Il prelato, condannato in primo grado dal tribunale vaticano per peculato, e in attesa dell’appello (e di una riabilitazione da Papa Leone XIV) ha presentato un esposto alla procura di Roma per segnalare una serie di azioni commesse da Francesca Immacolata Chaouqui, una delle sue principali accusatrici, per fabbricare prove e orientare il processo Vaticano. L’ipotesi è quella di truffa ed estorsione. In particolare, si legge nel documento, sarebbe stato «manipolato» il principale teste dell’accusa, monsignor Alberto Perlasca. A firmare la denuncia, non a caso, sono alcuni degli altri condannati in primo grado: Enrico Crasso, l’uomo che per 27 anni ha gestito le finanze della Segreteria di stato vaticana, il funzionario della Santa Sede Fabrizio Tirabassi e (in un esposto gemello parallelo) il finanziere Raffaele Mincione.
L’esposto – a seguito di un lungo lavoro degli avvocati Fabio Viglione, Maria Concetta Marzo, Giandomenico Caiazza e Cataldo Intrieri, parallelo alla difesa nel processo vaticano del cardinale e degli altri imputati – ricostruisce la storia sulla base di 325 pagine di messaggi – depositate dalla difesa di Mincione davanti aun processo alle Nazioni Unite. Sono whatsapp che si sono scambiate la stessa Chaouqui e Genoveffa Ciferri, cittadina italiana legata a Perlasca, un passato nei Servizi, nei quali, secondo la difesa, c’è la prova di «istruzioni, pressioni e suggerimenti» che avrebbero indotto il monsignore a cambiare versione. Secondo la denuncia, Chaouqui avrebbe agito «fingendosi un anziano magistrato collaboratore del promotore di giustizia vaticano», sfruttando l’intermediazione di Ciferri.
Nel documento si fa anche riferimento a una dazione in denaro. Il 26novembre 2022, Ciferri scrive in un messaggio indirizzato al promotore di giustizia, Alessandro Diddi: «Per ricompensarla dell’operato che vantava a favore di Perlasca… gli feci recapitare per mano di un sindaco di un paese limitrofo al mio 15 mila euro in una busta. Ne aveva chiesti 30 ma non potei». Sempre nelle chat, si fa riferimento alla consegna di gioielli antichi il 30 novembre 2020 tramite un “architetto”.
Ma il passaggio più delicato riguarda il contenuto di un messaggio audio che, secondo i denuncianti, sarebbe stato inviato alla Chaouqui dal commissario della Gendarmeria vaticana, Stefano De Santis. La trascrizione è riportata nella denuncia: «Lui (Perlasca, ndr )è in possesso del verbale dell’interrogatorio… sottolineasse tutti i punti in cui, alla luce degli ultimi eventi… ha in essere di chiarire… come il sistema di Crasso e Tirabassi».
Secondo l’esposto, sembrerebbe quindi «che anche il principale inquirente dell’indagine ha dato specifiche indicazioni alla signora Chaouqui affinché le facesse pervenire a monsignor Perlasca».
Allegate agli atti ci sono poi unaserie di chat più recenti, quelle cioè che vanno tra l’aprile e il giugno del 2024. Qui Chaouqui appare preoccupata dall’eventualità che le conversazioni vengano rese pubbliche. Scrive a Ciferri: «Dobbiamo capire cosa devi dire… Per evitare che le chat siano considerate attendibili. Perché in questo caso avrebbe ragione Becciu. Va disinnescata la bomba. Se viene fuori che eravamo tutti d’accordo è la fine». Poi aggiunge: «Qua lo scopo non è proteggere me, ma evitare che Becciu sia assolto in appello».