La Stampa, 2 luglio 2025
Il condizionale resterà ancora d’obbligo per un po’, ma le manovre per risolvere il puzzle delle Regionali d’autunno sono già in corso
Il condizionale resterà ancora d’obbligo per un po’, ma le manovre per risolvere il puzzle delle Regionali d’autunno sono già in corso. Tra tutti, ora, Matteo Salvini pare muoversi con più solerzia degli altri. I piani sono due: in primis riportare a casa il Veneto per evitare la deflagrazione del Carroccio e del centrodestra attorno ad una lista civica intestata a Luca Zaia; in secondo luogo, in caso di insuccesso, capitalizzare il passaggio di consegne tenendosi non solo (in prospettiva) Lombardia e Friuli Venezia Giulia, ma anche un’ulteriore moneta di scambio, magari meno a lungo termine.
La strategia è ambiziosa e non detto andrà in porto. Se Giorgia Meloni non dovesse davvero cedere al pressing di Zaia e restituire ad un nome indicato dall’attuale governatore la guida veneta, il rischio che la situazione sfugga di mano nella coalizione è molto alto. Salvini, quindi, studia come non restare stritolato: il Capitano non vuole solo esprimere il candidato sindaco di Venezia (per cui Zaia è considerato in corsa), ma quello di Milano nel 2027.
Una richiesta che però rischia altresì di spaccare il centrodestra. Antonio Tajani e Maurizio Lupi sarebbero furiosi. Quest’ultimo, infatti, avrebbe messo gli occhi su Palazzo Marino con il placet di Ignazio La Russa. Per evitare veti, allora Salvini prepara il colpo a effetto: mettere sul tavolo il nome insindacabile di Giancarlo Giorgetti.
Certo, il ministro è del varesotto e già in passato ha espresso qualche perplessità ma il suo rappresenta un profilo difficile da ostacolare, tanto più per Meloni, che lo ha vincolato al ministero dell’Economia in fase di formazione del governo. In casa Lega – almeno tra i salviniani – la mossa è considerata non solo strategica ma addirittura «irrinunciabile» per la premier, perché la aiuterebbe a togliere spazio a Daniela Santanché. Una volta fuori dal governo (nel 2027, appunto) la ministra del Turismo punterebbe infatti dritta su Milano. Offrire la candidatura di Giorgetti, sarebbe utile anche a disinnescarla.
Nell’eterna carambola leghista, resta però sospeso il fronte interno. Tutt’altro che secondario. E non solo perché Zaia e i suoi difficilmente rinunceranno in silenzio. Ma pure perché la falange lombarda guidata Massimiliano Romeo non è detto accetti la linea imposta da Salvini.
Per di più se questa dovesse mettere a rischio il prossimo giro al Pirellone, per cui, la candidatura “naturale”, sarebbe proprio il capogruppo al Senato. «Ma a Milano si vota prima della Lombardia» è la replica dei fedelissimi del Capitano, consapevoli di star giocando d’azzardo.
Il dossier è così ingarbugliato che ha già fatto slittare più volte l’incontro informale previsto tra gli emissari dei partiti: Donzelli e Lollobrigida per FdI, Gasparri e Battistoni per FI, Locatelli e Calderoli per la Lega. E, stando agli ultimi sviluppi che potrebbero essere soggetti ad accelerazioni dell’ultimo minuto, rischiano di allungarsi i tempi anche del confronto tra Meloni, Salvini, Tajani e Lupi.
Le voci incontrollate di un faccia a faccia sono circolate anche ieri, ma tutti hanno negato. Fosse solo perché la premier pare intenzionata a sciogliere il nodo Veneto prima di affrontare qualsiasi altro discorso. Per farlo ragiona su un patto d’acciaio con Zaia, a rischio che Salvini possa sentirsi escluso. L’intesa – in qualsiasi forma, con Zaia “vincitore” in Veneto o accontentato in altro modo – avrebbe dei sottintesi che farebbero pensare a un cambio della guardia dietro l’angolo. Così come pare esserlo proprio il faccia a faccia con il veneto che Meloni potrebbe tenere già nei prossimi giorni.
Al netto delle strategie, insomma, l’unica certezza per ora pare essere il calendario. L’election day autunnale è saltato. Le Marche voteranno a fine settembre, Toscana e Puglia probabilmente a metà ottobre, il resto – Veneto compreso – entro i primi venti giorni di novembre.
Allungando lo sguardo, il referendum sulle carriere dei magistrati si dovrebbe invece tenere nell’ottobre 2026, e nei piani del centrodestra dovrebbe trainare le Politiche della primavera 2027. Nella tornata dell’autunno successivo, si proverà invece ad accorpare il referendum sul premierato alle Comunali, per amplificare l’effetto. Si voterà in città chiave: Milano, appunto, ma anche Roma, Bologna, Torino, Napoli. Una battaglia vera. Ammesso che questa maggioranza esista ancora.