lastampa.it, 2 luglio 2025
Le pagine Facebook per far rivivere chi non c’è più con l’AI
Il gruppo Facebook “Io negli anni 70 c’ero”, proprio come quello “Io negli anni 80 c’ero” e i suoi simili conta decine di migliaia di iscritti e una massiccia produzione giornaliera di post più o meno nostalgici. Abbastanza “boomer”, ma assolutamente innocuo. Da qualche tempo però fotografie e ricordi dei bei tempi andati hanno lasciato spazio a richieste dolci, ma dolorose. «Buonasera a tutti non so se qualcuno può aiutarmi, vorrei vedere questa foto animata se possibile. Qui ero con la mia mamma in montagna anno 1975, la mia mamma non c’è più da tre mesi e vorrei tanto abbracciarla ancora, mi manca tanto. Grazie a chi mi aiuterà». Nel giro di poco altri iscritti al gruppo trasformano la bellissima fotografia di una bimba che allunga della paglia a un cerbiatto in un paio di mini video. Nel primo, le due si girano e salutano. Nel secondo, si abbracciano. Qualsiasi fotografia può essere animata con l’intelligenza artificiale, basta una veloce ricerca online per trovare applicazioni, con una demo gratuita e poi a pagamento, che promettono di riportare in vita chi non c’è più.
Tra i più conosciuti c’è My Heritage, società israeliana specializzata in servizi su analisi del Dna e albero genealogico nel 2022 ha aggiunto una nuova opzione, la Deep Nostalgia. «Oltre 117 milioni di animazioni, in continuo aumento», recita la réclame. Un altro servizio online è Nostalgia Profonda AI, con un’infilata di servizi gratuiti che stanno tra il colorare le foto e generare un abbraccio, più un abbonamento annuale. «Nostalgia» suona molto meglio di «lutto».
Ancora nulla se paragonato con quanto accade negli Stati Uniti e in Cina, dove proliferano i cosiddetti grief bot, i robot del dolore. Sono programmi basati sull’intelligenza artificiale che imparano a imitare gli esseri umani, costruendo una sorta di avatar di chi non c’è più raccogliendo e lavorando fotografie, registrazioni e filmati. Il colosso cinese dell’intelligenza artificiale SenseTime già nel 2023 mandò in scena per un discorso motivazionale ai dipendenti l’avatar di Tang Xiao’ou, il fondatore della società morto l’anno prima. L’anno dopo il cantante taiwanese Bao Xiaobo ha resuscitato digitalmente la figlia di 22 anni, morta due anni prima. L’azienda coreana Deepbrain AI, che produce assistenti virtuali e conduttori sintetici per telegiornali, con Re;memory permette alle persone di dialogare anche in video con chi non c’è più. Per lasciare il proprio “avatar digitale” agli eredi bisogna registrare un lungo e dettagliato colloquio per poi poterlo incontrare di nuovo via schermo, comodamente seduto in poltrona. “Resuscitare” i morti è diventata ormai un’applicazione popolare e soprattutto uno degli elementi della “corsa all’oro” dell’intelligenza artificiale.
Ricercatori ed esperti ne parlano come di un «campo minato dal punto di vista etico». Sono servizi a pagamento, che però potrebbero creare una dipendenza emotiva, digitalizzando e quindi “cristallizzando” il lutto. Se posso creare un chat fantasma che risponde ai messaggi al posto di chi non c’è più, sarà poi così semplice smettere di pagare l’abbonamento e farne a meno?